Ricordati di ringraziare sempre chi e per che cosa
2 Re 5,14-17. Il generale Naaman vedendosi guarito ritorna da Eliseo e dice il testo che diede gloria a Dio. Era stato Eliseo a dirgli cosa fare e il generale capisce che è stato Dio a salvarlo.
2 Tm 2,8-13. San Paolo invita a riconoscere Gesù come causa di tutta la salvezza. La salvezza è l’effetto la causa è Gesù.
Lc 17,11-19. Basta la guarigione oppure bisogna anche sentire gratitudine per chi ti ha salvato, che è stato solamente Gesù?
La parola ringraziamento, se guardiamo bene, non la troviamo: C’è scritto che Naaman diede gloria a Dio. Anche Gesù fa notare che uno è tornato indietro per dar gloria a Dio. Allora la parola ringraziamento, come la capiamo, deve tradursi in “dar Gloria a Dio”. Ringrazio dando gloria a Dio e Dio risponde dandomi la capacità di essere, io oserei dire, eucaristico, che vuol dire dar grazia a Dio riconoscendo la sua gloria che è Gesù morto e risorto per la salvezza nostra. Io dico che un ringraziamento così è eucaristico. Perché diamo alla morte e risurrezione di Gesù il segno per diventare realtà visibile che si può dare e ricevere. Gesù dice: la tua fede ti ha salvato. Fa ricordare quando Gesù disse a Zaccheo: oggi in questa casa è entrata la salvezza. E Zaccheo cominciò a salvare quelli che aveva ingannato e promise di aiutare i poveri. Perciò non solo riconobbe esigenze di gratitudine ma scoprì l’impegno di diventare strumento di salvezza. In questo modo la sua fede si trasforma: diventa salvezza da ricevere e passare agli altri. Perché la volontà di Dio è che nessuno si perda, ma si salvi. Il fatto eucaristico è proprio dar grazie a Dio glorificando la sua missione che si realizza, che fa opere grandi, che rende le persone magnifiche e speciali, perché non c’è solo guarigione, ma salvezza, non solo ammirazione di quello che fa Dio, ma credere che la sua gloria mi glorifica perché mi salva e mi rende capace di salvare in catena moltiplicatrice. E’ la visione di un Cristo che ci ha amati da sempre, e che ci amerà fino alla fine, e il suo amore continuo è la nostra salvezza, che però ci impegna in una permanente diaconia di salvezza. Oggi San Paolo vuole registrare nella nostra memoria una consegna: ricordati di Gesù. Capiamo che vuol dire saper riconoscere la sua presenza, la sua vicinanza, il suo volto. Solo così sapremo fare gratitudine, cioè azione di grazia e ripeto la parola giusta: “eucaristia”. Riconoscere vuol dire accorgersi di qualcosa, farci caso. Riconoscenza viene proprio dal verbo riconoscere. Dobbiamo riconoscere che l’avvenimento più grande dopo la morte e la risurrezione è l’eucaristia. Sappiamo dire: principio e culmine. Si parte e si arriva.
L’eucaristia vuol dire azione di grazia. I cristiani celebravano l’eucaristia per riconoscere che il Signore davvero è morto ed è risorto e noi ne siamo, non solo testimoni, ma responsabili comunitariamente quando mangiamo dal pane e beviamo dal calice assieme. Se riconosciamo che è un pane condiviso perché spezzato e un vino ricevuto perché versato, ci affermiamo eucaristici e obbediamo alla responsabilità di portare questa azione di grazia nella vita, nelle case e nella società. Se facciamo discriminazioni, ci avverte San Paolo, rendiamo invalida la Eucaristia.