Sono vari i temi che ci suggeriscono le letture di questa domenica: la debolezza e il peccato della persona, il perdono di Dio, l’impegno di cambiare.
Così come la Parola di Dio presenta questi temi, tutto sembra “facile e comprensibile”. Tuttavia, nella nostra società di oggi (e forse é sempre stato così) si mescolano tante realtà che sfumano un poco la chiarezza delle situazioni. Non sempre ci rendiamo conto del peccato e della nostra debolezza.
Da una parte, infatti, chi ha potere (soldi, mezzi di comunicazione, cariche pubbliche importanti, civili o ecclesiastiche, capacità o formazione intellettuale superiore agli altri), sente di essere superiore a tutto; puó fare e disporre come vuole dei beni e delle persone. La loro coscienza non li rimprovera di niente. La coscienza non rimproverava Davide, così come non si sentiva in colpa il ricco di fronte a Lázzaro o Zaccheo per i suoi abusi di potere. Succede ancora oggi nelle relazioni profondamente ingiuste ed inique che si perpetrano nella società. Continuiamo a parlare dei Paesi del terzo mondo, degli emarginati, degli esclusi, dei senza tetto, senza terra, di quelli che un termine forte vengono definiti i morti di fame. Chi si sente colpevole di tutto questo? Benedetto XVI ha ripetuto: "desidero lanciare un’ulteriore invito ai “grandi” che si incontrano a Heiligendamm (per il G-8) perché non ritirino le promesse di aumentare sostanzialmente gli aiuti allo sviluppo, in favore dei popoli piú bisognosi, soprattutto del continente africano". (Ma questa non é la prima volta che i grandi fanno promesse, puntualmente non mantenute. Si sentono forse colpevoli?).
D’altra parte però c’é anche chi, non avendo potere, ha una formazione etica-morale-civile molto limitata o parziale secondo il luogo e la realtá che gli é toccata in sorte, e anche a loro la coscienza non rinprovera niente. La parola peccato puó non significare niente. Ciascuno attua e si lascia guidare da quello che vede, quello che gli hanno insegnato, come fanno tutti.
“Succede infatti molte volte che il nostro criterio, o un’altra persona o il tentatore, ci mostrino come buono (bene) quello che per Dio non lo é. Ci sono alcune cose che appaiono falsamente come virtú o come vizio e ci ingannano. É come una menzogna che offusca l’acutezza della nostra mente fino al punto di farci vedere il male come bene e viceversa; ció fa parte della nostra lamentevole e terribile miseria o ignoranza”. (Breviario,sabato IX settimana).
Chi ci puó dire allora con chiarezza cosa fare e come dobbiamo agire? Le letture di oggi ci parlano di “intermediari”: il profeta Natan per Davide, lo stesso Gesú per la donna peccatrice (sia che si tratti della Maddalena che non fu lapidata o di altra persona che ha udito e visto come Gesú agiva con i “peccatori e ultimi”) o la fede e la grazia secondo quanto ci dice Paolo.
Gesú aveva detto: se qualcuno pecca, riprendilo; se non ti fa caso chiama un testimone; se no dillo alla comunitá, se no, sia come un pagano… Dio ci va formando, attraverso i suoi intermediari, una coscienza piú sensibile e attenta al bene e al male. Per renderci conto del peccato e cambiare, dobbiamo ascoltare la voce di Dio che ci mette di fronte alle nostre responsabilitá: perché hai disprezzato la Parola di Dio facendo ció che é male ai suoi occhi? Forse é questo uno dei peccati piú gravi di oggi: il disprezzo per la Parola di Dio perché non attualizzata, non di moda, superata e fuori del contesto moderno…
É quindi importante cercare di capire come si manifesta oggi la voce di Dio. Quali canali utilizza? La voce ufficiale della chiesa: Papa, vescovi, sacerdoti? La voce dei conservatori di destra o dei progressisti di sinistra? La “voce della natura” (riscaldamento globale, clima…)? Quella dei confronti sociali, dei summit dei grandi, o dei no-global..?
Forse il Signore utilizza tutti questi intermediari e altri ancora. Ma quello che ci risulta difficile è ascoltarlo e soprattutto accettare quello che ci dice.
Di fronte a questo, mi pare che il Vangelo ci dia una pista: “a due debitori fu perdonato il debito. Chi piú doveva, é piú riconoscente..” Chi più ha peccato, chi più ha vissuto l’esperienza del perdono e accettazione, più si sente portato ad agire allo stesso modo e perdonare-amare.
Ma per arrivare a questo, bisogna prima riconoscere lo sbaglio. Senza questa base non serve né il perdono né l’invito a cambiare.
Ho peccato contro il Signore, dice Davide. La peccatrice non dice niente, ma fa gesti di pentimento ed é disposta ad accettare: i tuoi peccati ti sono perdonati. La tua fede ti ha salvato, va in pace.
Invece, il fariseo che aveva invitato Gesú e i suoi compagni non solo non cambiarono, ma si domandavano: Chi é costui che perdona perfino i peccati? Una domanda non per capire Gesú ma per giudicarlo come usurpatore del potere di Dio. Lui non aveva eseguito le regole dell’ospitalità, eppure si sentiva a posto.
Quanto spesso ci sentiamo a posto nonostante sappiamo bene che non siamo stati fedeli ai nostri impegni con Dio e con gli altri. La nostra conversione allora da dove comincia? Ci sentiamo in colpa qualche volta? Siamo convinti che abbiamo bisogno di correggere qualche nostro atteggiamento o qualche nostra decisione? O ci sentiamo la coscienza a posto? Crediamo che sono sempre gli altri a doverci chiedere scusa, o lo facciamo qualche volta anche noi?
Queste sono alcune delle molte domande che potremmo farci per esaminare la nostra vita, confrontandola con la Parola della liturgia di oggi.
2 Sam 12,7-10.13;
Sal 31;
Gal 2,16.19-21;
Lc 7,36-8,3