V Domenica di Quaresima - A

Published in Domenica Missionaria
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"Io sono la risurrezione e la vita"
 
 

Ez 37, 12-14
 
Rm 8, 8-11
 
Gv 11, 1-45
 
 
 

Le tre letture (Ez 37, 12-14, Rm 8, 8-11 e Gv 11, 1-45) sono attraversate da un tema unificante: la risurrezione e la vita, dove Dio  è presentato come la causa e la fonte. Però, è il vangelo della risurrezione di Lazzaro che stabilisce concetto unitario della Messa della quinta domenica di Quaresima. Ci soffermeremo sullla prima lettura e sull vangelo:

 
 
 

Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi risuscito dalle vostre tombe”, cosi dice il Signore nella pericope scelta per la prima lettura di questa domenica (Ez 37,12-14). Il brano liturgico (vv 12-14) fa parte integrante della grande visione delle ossa  aride che ebbe Ezechiele (Ez 37, 1-14). In esso, Ezechiele fu trasportato dallo spirito e “sotto i suoi occhi entrano in azione due realtà in forte contrasto fra di loro: da una parte, troviamo le ossa inaridite e calcificate (simbolo della morte)  e e dall'altra  ruah – vento-spirito, soffio animatore, simbolo della vita. Cosi abbiamo ossa e spirito, morte e vita che è il perno centrale della visione delle ossa aride”. Il profeta Ezechiele, scrivendo dall’esilio di Babilonia vuole ridestare il popolo alla fiducia (vv.12 “vi risuscito dalle vostre tombe”) ” e far riemergere l’orizzonte della liberazione, della fine della deportazione dove gli israeliti  uscirebbero dal loro sepolcro babilonese, dal paese della morte, per stabilirsi nel paese della vita (vv 14 “Prima “farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete”; e poi “vi farò riposare nel vostro paese”). Il popolo d'Israele tornerebbero a esistere come esseri vivi, tornerebbero a essere persone libere, in libere relazioni fra loro e con Dio. Per ed attraverso il profeta, dobbiamo riconoscere  che Dio vivificante, colui che ha salvato un Israel storicamente morto, è il Signore della vita ed è colui che ha stabilito la vittoria della vita sulla morte (viene cosi anticipato il messaggio pasquale).

 

La narrazione giovannea della risurrezione di Lazzaro è un brano evangelico “molto lungo, da gustare e meditare anzitutto attraverso una lettura integrale e lenta”. Comincia con un’ introduzione (vv. 1-16), seguono due scene: la prima narra il dialogo di Gesù con Marta e Maria (vv. 28-37), sorelle di Lazzaro; la seconda (vv. 38-44) ci rappresenta Gesù dinanzi alla tomba sigillata di Lazzaro, che comanda: “Lazzaro, vieni fuori!”. Infine, la "conclusione" del racconto (vv. 45-54). Il Centro del racconto è l'auto-affermazione di Gesù: “risurrezione e vita”  del v 27.

 
Lazzaro infermo e poi morto:
 

Il racconto inizia con una bellissima descrizione identificatrice e personificante: “C'era un infermo, Lazzaro, di Betania...”. Siamo davanti una novità in Giovanni dove un infermo possiede  un nome proprio “Lazzaro” (veda i testi precedenti dove gli infermi non sono nominati con il loro nomi proprio però  uno è il figlio del funzionario (4, 46b), l'altro è l'invalido (5,3) e l'ultimo è il cieco (9,1). Lazzaro è un nome promettente: Il suo significato è "Dio aiuta".  Lazzaro era di Betania   Lazzaro è amico di Gesù ossia “colui cui vuoi bene(“Signore, guarda che il tuo amico è infermo” , “il nostro amico”e “vedete come li ama”). Lazzaro era  del villaggio di Maria e di Marta sua sorella. Cosi, Giovanni caratterizzava e contestualizzava un gruppo di Gesù che era una comunità di fratelli e amici in cui vigono relazioni di affetto. Era lì dove se trovava Lazzaro.  Lazzaro è un infermo, poi un morto, che riassume in sé tutte l'infermità e la morte presente nella condizione umana; le sue sorelle descrivono la reazione (dolore, paura, speranza, fiducia, smarrimento). Gesù davanti all'infermità e la morte di Lazzaro  presenta un comportamento paradossale e sconcertante: in un primo momento dice che “l'infermità di Lazzaro non è per la morte, ma per la gloria di Dio” cioè questa infermità, trattandosi di uno che ha dato la sua adesione a Gesù, che vive nella comunità di Gesù, non ha come termine la morte perché l'incontro con Gesù cambia la situazione e il futuro dell'uomo (BARRETO) e in un secondo momento dice che “Lazzaro è morto, e mi rallegro per voi di non essere stato li..”. Cosi, Gesù mostra che la morte non è definitiva, come aveva mostrato con la metafora del sonno “Lazzaro si è addormentato, ma vado a destarlo”(v.11); il paradosso morte-gioia annuncia la vittoria della vita; davanti a tale evidenza, i discepoli giungeranno a credere. Infine Gesù decide di andare “su, andiamo da lui”(v.15). Gesù parla di Lazzaro come se fosse vivo (su, andiamo da lui). Non si propone di andare a consolare le sorelle, ma di andare a incontrarsi con Lazzaro stesso (BARRETO).

 

Gesù a Betania:  Per rendere ancora più evidente e clamoroso il miracolo, Gesù attende di proposito che l’amico Lazzaro muoia, che passino quattro giorni dalla morte, prima di incamminarsi verso Betania. “Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto” cosi comincia un dialogo stupendo con Marta dove  Gesù cercherà di suscitare in lei quella fede nel mistero della sua identità divina, necessaria per ottenere il miracolo della risurrezione del fratello. Infatti, si è notato nel decorso del dialogo, un succedersi di atti di fede (“So bene che risusciterà”) fino alla confessione suprema “si, Signore, io credo fermamente che tu sei il Messia”. Marta ha cominciato a rimproverare a Gesù su la sua assenza, la sua limitata potenza ed efficacia, perché non sapeva ancora quale energia provenga da Gesù e alla fine lei ha fatto un atto di fede parallela a quella di Pietro (Cfr Mt 16,16).

 
La risurrezione di Lazzaro
 

Io sono la risurrezione e la vita”: non c'è dubbio che il punto più svettante del dialogo tra Gesù e Marta e sopratutto di questa pericope sia la testimonianza che Gesù rende a se stesso  “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno”. Davanti a Marta Gesù si rivela e si presenta come il segno della speranza e il dominatore del futuro, come il solo capace di garantire la vita e l'eternità. Però, Marta immaginava una risurrezione lontana: “So bene che risusciterà nella risurrezione dell'ultimo giorno”. Era cosi credevano i farisei. Gesù invece la ridona speranza,  indicandole che egli è la causa della risurrezione “Io sono la risurrezione e la vita”. Gesù non viene a prolungare la vita fisica che l'uomo possiede; non è un medico; viene a comunicare la vita che egli stesso possiede e della quale dispone (5,26). Questa vita, che è la sua e che egli dà, annulla la morte nell'uomo che riceve. Nella frase di Gesù “Io sono la risurrezione e la vita”, il primo termine, la risurrezione, dipende dal secondo, la vita. È la risurrezione perché è la vita (14,6) (BARRETO).

 

“Lazzaro, viene fuori”: anzitutto Maria riconosce la voce di Gesù poi corsa incontro a Gesù, scoppiò in pianto e Gesù, vedendola piangere, “si controllò, reagì”(33), tuttavia “a Gesù sgorgano le lacrime”. E i giudei commentavano “Guardate quanto gli voleva bene” (35- 36). Ma Gesù prosegui il suo cammino e si diresse al sepolcro. Era già quattro giorni che lui era morto e il suo corpo mandava già un cattivo odore. Ma Gesù dice  "Togliete la pietra!". Gesù cerca di coinvolgere tutti a diventare operatori di risurrezione: "Togliete la pietra! "e poi "Liberatelo e lasciatelo andare". Egli incalza la fede debole delle sorelle, invita a mettersi all'opera con toni persino imperativi, coinvolge anche gli spettatori. Tutti possono fare qualcosa per la risurrezione di un morto, di una persona spenta, depressa, schiavizzata.

 

“Lazzaro, vieni fuori!”: La voce possente di Gesù grida “Lazzaro, vieni fuori” infatti Lazzaro era colui che da “quattro giorni” giaceva nel sepolcro. “Lazzaro, vieni fuori” è la voce di colui che è il Signore della vita, e vuole che tutti "l'abbiano in abbondanza" (Gv 10,10). Il miracolo è così grande per manifestare tutta la potenza di Gesù e lo scopo della sua venuta tra noi: Gesù è venuto per dare la vita, per vincere ogni morte, per offrire all'uomo la possibilità di una continua risurrezione. Dunque ora non c'è più alcuna ragione per dubitare di lui, del suo amore, dell'interesse che ha verso questa creatura così grande e così misera: l'uomo. “Lazzaro, vieni fuori!”: Un morto in stato di avanzata decomposizione, come tutti ebbero modo di costatare dal fetore che uscì dal sepolcro fatto aprire, ritornava in vita. La putredine era diventata un corpo sano: Lazzaro era risuscitato. Qui c'è il  messaggio: in Gesù si esprime la forza di Dio che vince anche la morte. La comunità può contare su Colui che è la via della vita. Basta affidarsi al Dio di Gesù per superare le forze della morte. Infatti appena il Signore disse “Lazzaro, vieni fuori”, quegli usci subito dal sepolcro: la morte non poteva trattenere colui che veniva chiamato dalla vita... La morte non attese di sentirsi ripetere il comando dalla voce del Salvatore, perché essa non era in grado di resistere alla potenza della vita... (CROMAZIO D'AQUILEIA)

 
Conclusione:
 

La quinta domenica di quaresima ci suggerisce di scoprire nelle letture e nella liturgia un aggancio con la celebrazione della domenica di pasqua ormai vicina: in quella domenica (IV) Gesù, l’Artefice divino, è di fronte al cadavere di Lazzaro che esala già cattivo odore, per ribadire di un lato la sua vera umanità “A Gesù sgorgarono le lacrime” e dall'altro la sua vera divinità “Io sono la risurrezione e la vita”; in questa domenica (Pasqua) Gesù, colui che è la risurrezione, risuscita dai morti.

 

Se, da un lato – nella prima lettura – siamo promessi che il Signore ci farà uscire dalle nostre tombe, dove viviamo congelati nelle abitudine perverse e d'infedeltà, dove siamo rassegnati a subire ciò che gli altri decidono per noi, dall'altro Gesù lancia un’ invitazione all'imperativo: “Amico, vieni fuori”.

 

“Amico, vieni fuori”: siamo invitati a “venire fuori”, a liberarsi dai nostri peccati, a camminare verso la terra della libertà  a partire dal nostro cuore che è sempre imprigionato da una rete di idoli Questo è il cammino vero della conversione che dobbiamo fare: uscir fuori dalla tomba dei nostri peccati affinché possiamo camminare, spezzando le bende dei nostri difetti, delle nostre cattive tendenze, dei nostri vizi.

 

Amico, vieni fuori” :La nostra risurrezione comincia quando, ubbidendo a quel comando divino, decidiamo di cominciare una vita nuova, abbandonando la vita del peccato (LAPPLE).

 
 
 
 
 
 
 
Last modified on Thursday, 05 February 2015 20:12
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