Il motivo era che il
Profeta trasmetteva la Parola di Dio e comunicava la sua Volontà, mentre invece la vera grandezza del Profeta non
era tanto quella di trasmettere la Parola di Dio, ma la chiamata da parte di Dio, la scelta, la vocazione. Era Dio che
sceglieva il Profeta non gli uomini. Essere Profeta e’ un dono di Dio, la sua azione ha un potere divino che non
può essere contrariato. Naturalmente il Profeta essendo scelto da Dio non può avere nessun legame umano e
parla come una spada a “doppio taglio”. Infatti il Popolo di Israele si sceglieva i suoi re, i suoi
“leaders”, ma non i Profeti, Dio sceglieva i Profeti. Vediamo come la scelta del profeta Geremia costituiva
per lui una tragedia, ma Dio lo aveva scelto e lui doveva andare a riferire. “Prima di formarti nel grembo materno,
ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni”. Risposi:
“Ahimè Signore Dio, ecco io non so parlare, perché sono giovane”. Ma il Signore mi disse:
“Non dire: Sono giovane, ma va da coloro a cui ti manderò e annunzia ciò che io ti
ordinerò”. (Ger. 1: 5-8). E ancora. Mi dicevo: “Non penserò più a lui, non parlerò
più in suo nome!” Ma nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, chiuso nelle mie ossa; mi sforzavo di
contenerlo, ma non potevo. (Ger. 20: 9). Nella prima lettura di oggi, noi vediamo, appunto, come il profeta sia libero da
ogni legame e come sia chiamato a preferire la verità, essere quindi fedele alla chiamata di Dio, il quale lo ha
scelto proprio per questo.
Amasia disse ad Amos: ‘Vattete, veggente, ritirati verso il paese di
Giuda; là mangerai il tuo pane e là potrai profetizzare, ma a Betel non profetizzare più,
perché questo è il santuario del re ed il tempio del regno”. Amos rispose ad Amasia: ‘Non ero
profeta ne’ figlio di profeta ero un pastore e raccoglitore di sicomori. Il Signore mi prese di dietro al bestiame e
il Signore mi disse: Va’, profetizza al mio popolo Israele”. (Am. 7: 12-15). Amasia, sebbene fosse al servizio
di Dio, aveva fatto la sua scelta, serviva il re che lo stipendiava, ma non Dio, pure essendo suo sacerdote, naturalmente
vedeva nel profeta Amos una persona scomoda, perchè diceva la verità la quale non piaceva ne’ a lui
ne’ al re.
Invece il profeta deve essere fedele alla sua chiamata, essendo Dio entrato nella sua
vita quasi violentemente perchè portasse a termine la missione, il piano che Dio aveva prestabilito per il popolo
di Israele. Ad un certo momento si vede molto bene che il profeta scompare ed e’ Dio che parla: Va, profetizza al
mio popolo Israele (Am. 7: 17). Quale popolo? Quel popolo che Dio ha scelto, il popolo che doveva portare a termine il suo
piano prestabilito fin dall’eternità che ricorda il “Patto”, fatto ad Abramo e alla sua
discendenza. Quel Popolo che ha tradito Dio, la sua Alleanza, quel popolo che ha mancato di fedeltà a Lui che
é stato Fedele.
Il Vangelo di oggi e’ nella stessa linea: Cristo che “chiama” e che
“manda”. Il che richiede la fedeltà da parte del discepolo. Si associa i suoi discepoli nel continuare
il suo Ministero, perché il piano di Amore del Padre venga conosciuto e tutti siano salvi. Questo ministero si
chiama “Missione” alla quale il chiamato non può sottrarsi.
Marco, sottolinea come
Gesú sia stato rigettato dal popolo di Israele, poi mette in evidenza con chiarezza impressionante, come vuole che
i suoi discepoli continuino il suo Apostolato la sua “Missione”.“E ordinò loro che oltre il
bastone, non prendessero nulla per il viaggio, ne’ pane, ne’ bisaccia, ne’ denaro nella borsa; ma,
calzati solo i sandali, non indossassero due tuniche. E diceva loro: “Entrati in una casa, rimanetevi fino a che ve
ne andiate da quel luogo. Se in qualche luogo non vi riceveranno e non vi ascolteranno, andandovene, scuotete la polvere
di sotto ai vostri piedi a testimonianza per loro”…E partiti, predicavano che la gente si
convertisse…”. (Mc. 6: 9-12).
Evidenzia chiaramente che i mezzi umani non sono adeguati a
questo grande piano di Salvezza e quindi di non riporre fiducia in queste cose. A questo punto vorremmo sottolineare un
fatto assai importante, quello che Dio fa nel servirsi del profeta diventa qui nel vangelo, come abbiamo detto
“Missione” che richiede un cambiamento di mentalità e una dedizione completa. Non é un lavoro
come un altro e’ una “chiamata” speciale. S’intende, quindi che la persona tolta dal suo ambiente
deve essere aperta a questo ministero, sia liberata da tutto quello che può essere di intralcio alla Missione. Non
si tratta tanto di bisaccia, ne’ di questo ne’ di quello, ma di completa disponibilità all’azione
Missionaria. Il “Discepolo”, il “Battezzato” ognuno nella propria sfera è chiamato ad
annunziare e continuare la Missione di Cristo nel mondo. In una parola è l’attitudine del cuore, il desiderio
interiore di portare tutti a Cristo, salvezza del mondo. D’altra parte non si può ignorare la resistenza che
il mondo fa.
L’abbiamo vista nei profeti, la stessa attitudine la troviamo nel mondo di oggi,
Cristo stesso ha trovato resistenza nella sua predicazione: “Questo linguaggio e’ duro; chi può
intendere? Da allora in poi molti dei suoi discepoli si ritirarono e non stavano più con lui”. (Gv. 6: 59-
66). Gli interessi di questo mondo, la politica e tanti compromessi che il mondo chiede, sono un impedimento alla
Missione. Se Gesú ha trovato resistenza, naturalmente il suo discepolo non la passerà liscia. Il vero
discepolo é colui che lotta per la verità, in qualunque campo lavori, la verità é una. Quello
che Cristo richiede oggi a colui che si dichiara suo discepolo è di essere libero dalle scorie di questo mondo. Lui
stesso troverà che dovrà lottare perché la verità sia sempre rispettata. Essere fedeli a
quello che Gesú ha predicato, fare si che il suo messaggio passi, non appesantito dalle nostre ansie umane, ma
libero per raggiungere l’umanità per sanarla. Questa é la medicina di cui abbiamo bisogno oggi.
Quello che Cristo richiede è di mettersi a completa disposizione della sua chiamata, non contare nelle
proprie capacità, sappiamo molto bene chi siamo. Gesú infatti é il missionario per eccellenza,
é il Profeta che é venuto a testimoniare la verità, infine è colui che ha compiuto
perfettamente la volontà del Padre. Entriamo in questa linea che lui ci ha tracciato affinché si possa
attuare quel piano della salvezza che Dio ha pianificato fin dall’eternità, l’incontro col Padre.
Naturalmente questo non può avvenire se Dio non ci viene incontro! La Chiesa, fondata dal Sangue di Cristo,
è l’ossigeno di cui abbiamo bisogno per poter respirare, é questo respiro universale che ci fa
lavorare a pieni polmoni nel campo di Dio. Noi Chiesa, noi Battezzati siamo chiamati a cambiare il mondo!
Tutta l’attività della Chiesa è espressione di amore che cerca il bene integrale dell’uomo.
Cerca la sua realizzazione mediante la Parola e i Sacramenti, impresa tante volte “eroica” che richiede la
stessa vita, come ha richiesto quella del Maestro, nelle realizzazioni storiche, e cerca la sua promozione nei vari
ambienti della vita e della attività umana. La seconda lettura di oggi ci fa capire quanto importante sia questa
scelta: “In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi ed immacolati al suo cospetto nella
carità predestinandoci ad essere suoi figli adottivi, perché noi fossimo a lode della sua Gloria, noi che
per primi abbiamo sperato in Cristo”. (Ef. 1: 4-5. 12). Vediamo quindi che ne vale spesa se nella nostra vita di
tutti i giorni siamo veri profeti, cosi come Dio ha valuto i suoi profeti e Gesú i suoi discepoli, essere
cooperatori del suo piano divino, qualunque sia il campo al quale siamo chiamati, saremo partecipi anche della sua Gloria.
Il quale è caparra della nostra eredità, in attesa della completa redenzione di coloro che Dio si
è acquistato, a lode della sua gloria. (Ef. 1: 14).