Gesú sa che noi dobbiamo mangiare perché questa é la nostra
condizione umana, ma sa anche che non dobbiamo e non possiamo fermarci solo li, c’é un altro elemento di cui
dobbiamo nutrirci, la nostra relazione con Dio, per poter essere in consonanza con l’espressione biblica: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra
somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti
i rettili che strisciano sulla terra”. (Gen. 1:26).
Questo cambia naturalmente tutto il
nostro vivere ed operare. Qui si inserisce magnificamente l’idea del banchetto, quasi idea principe, assai sentita
nella Sacra Scrittura. “Preparerà, il Signore degli
eserciti per tutti i popoli, su questo monte , un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini
raffinati” (Is. 25,6). Nel Vangelo Gesú, riallacciandosi allo spirito dei Profeti, parla spessissimo
del Banchetto e di nozze, per un incontro tra Dio e il suo popolo. Questo incontro tra Dio e il suo popolo indica
l’amore suo cosi che la riconciliazione fra i due finisce sempre nella gioia di un “Banchetto”. Tipica
é la Parabola del figliol prodigo. “'Presto, portate qui il vestito
più bello e rivestitelo mettetegli l’anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso,
ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto
ed è stato ritrovato'. E cominciarono a far
festa". (Lc. 15: 22-24).
Comunque questo fatto del convitto é sempre stato vivo in
tutte le Religioni, anche le naturali, dette Rivelate. Il sacrificio, seguito dalla consumazione del medesimo, sia come
rito di riconciliazione, sia di comunione come felice espressione di partecipazione con la divinità
nell’essere uniti assieme come commensali, é esistito da sempre. Non dobbiamo quindi sottovalutare questa
gioia che anche gli antichi sentivano nell’offrire e nel consumare le vivande in fraterna unione attorno alla mensa
per riconciliarsi con Dio.
Ecco perché un sacrificio che non offre, non riconcilia e non si
consuma in un’unione fraterna non può esistere. Sappiamo che per sussistere noi dobbiamo mangiare,
ugualmente, per vivere la nostra vita in unione con Dio dobbiamo fare la stessa strada, é questione di sussistenza.
A questo punto vorremmo sottolineare come Giovanni ci fa vedere quale sia l’approccio di Gesú in questo
capitolo del suo Vangelo. Oggi noi vediamo che ci descrive la moltiplicazione dei pani che Gesú distribuisce
abbondantemente alla gente che lo seguiva. Questo senso dell’abbondanza sembra veramente completare quell’idea
dell’abbondanza messianica così ben annunziata da tutti i profeti, in Lui vi é il compimento.
E quando furono saziati disse ai suoi Discepoli: “Raccogliete i
pezzi che sono avanzanti, perché nulla vada perduto”. Li raccolsero e riempirono dodici canestri
con i pezzi dei cinque pani d’orzo avanzati a coloro che avevano mangiato. Allora la gente, visto il segno che egli
aveva compiuto, cominciò a dire: “Questi é
davvero il Profeta che deve venire al mondo!” (Gv. 6:12-14). Da tutto il racconto traspare il senso
Eucaristico. Infatti Giovanni non parla dell’Eucaristia nel suo Vangelo nell’Ultima Cena come i Sinottici,
però usa qui in questo capitolo gli stessi termini Eucaristici che gli altri Sinottici usano. Ci chiediamo ora come
mai Gesú fa precedere al suo discorso sull’Eucarestia la moltiplicazione dei pani? É palese che voleva
arrivare all’Eucaristia. É proprio qui la differenza essenziale tra i sacrifici , i banchetti e altre forme
di offerte alla divinità e l’Eucaristia. Li vuole far passare attraverso l’uomo. Per salvare
l’umanità si é fatto veramente “Uomo” come noi, per essere vero sacrificio a Dio e poi per
essere mangiato si é fatto “Pane”.
Qui il Sacrificio raggiunge la sua perfezione.
Vediamo molto bene come Gesú voglia assumere veramente tutta l’umanità, nel suo aspetto materiale e
spirituale. Nel miracolo della moltiplicazione dei pani, ci indica il motivo della scelta che ha fatto nella sua
Incarnazione. Venne povero, per accomunarsi a quella categoria di persone che non mangiano a sazietà. Chi non vede
in questo brano evangelico un insegnamento di condivisione e di partecipazione dei beni di questo mondo in aiuto ai
poveri? Soprattutto nel mostrare che tutto appartiene a Dio e tutti debbono beneficare. La prima lettura della Liturgia di
oggi ci indica proprio questo.“Eliseo disse: “Dallo da
mangiare alla gente” Ma colui che serviva disse: “Come posso mettere questo davanti a cento persone ?’
Quegli replicò: “Dallo da mangiare alla gente.
Poiché cosi dice il Signore: Ne mangeranno e ne avanzerà anche” (2 Re 4: 42-43).
E ancora, come non notare nel brano l’insegnamento che Gesú da al mondo e alla sua Chiesa che ha
istituito proprio per questo, di condividere i bene che lui ci ha dato, beni materiali e spirituali, il pane per sostenere
il corpo e l’Eucarestia per vivere la sua vita divina? Dobbiamo aprire gli occhi a questo insegnamento di
Gesú. Ci sono i poveri che hanno bisogno di pane, ma ci sono anche i poveri che hanno bisogno del Pane della vita,
questa é l’attività della Chiesa verso i poveri. Le due povertà nel mondo. La povertà
c’é sempre stata, per questo Lui ha scelto venendo nel mondo di essere, “storia” per portare
l’uguaglianza, ma noi vediamo che il mondo é diviso in due. Questo vuol dire che il suo spirito non ha
penetrato l’umanità. Si parla oggi di secolarismo, di smarrimento dello spirito, della corsa ai beni e al
denaro, forse sarebbe più onesto dire di allontanamento dallo spirito di Cristo, di povertà spirituale,
perché il suo dire e il suo agire non garba troppo all’umanità di oggi, come non lo fu al suo tempo e
tutti i tempi.
S. Agostino sottolinea questo dualismo molto bene: “Nel momento stesso che ti rallegri dei tuoi guadagni vistosi, ne trepidi anche, per il timore
di perdere ciò che hai acquistato; trepidi di perderli. O vera infelicità! O falsa felicità! Chi sta
in basso cerca di salire; chi sta in alto teme di scendere; chi non é ricco invidia chi lo é; e questi
disprezza chi non lo é” (Omelia n.
303-2). Ecco perché Gesú chiede ai suoi Apostoli di dare da mangiare alla gente. Chi sono gli Apostoli di
oggi? La Chiesa! I Cristiani! Loro hanno un dovere da compiere, cercando di moltiplicare i pani per coloro che hanno fame.
Cosa ci dice Paolo nella seconda lettura. "Un solo corpo un solo
spirito come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione"
(Ef. 4, 4). Apertura al mondo, la nostra vocazione é di essere uno in Cristo. I Cristiani hanno un dovere di
sensibilizzare l’umanità a vivere la vita di Cristo. É il primo passo verso l’Eucarestia, poi
eventualmente di ricordare i milioni di popoli che soffrono la fame, perché il pane che Gesú ci offre non
é solo quello Eucaristico, ma é il pane della carità. Gesú ha anche sfamato la gente.
Perché non é possibile dare il pane Eucaristico senza avere uno sguardo verso quelli che non
hanno il pane da mangiare, sentire il senso di solidarietà e condivisione con questi popoli vuol dire ancora una
volta moltiplicare i pani come fece Gesú. Questo può essere solo fatto passando attraverso Lui, così
come Lui ha amato l’umanità. Benedetto XVI nella sua Enciclica: - Dio é Amore - dice: “L’attività caritativa cristiana deve essere
indipendente dai partiti e dalle ideologie. Non é un mezzo per cambiare il mondo in modo ideologico e non sta al
servizio di strategie moderne ma é attualizzazione qui ed ora dell’Amore di cui l’uomo ha sempre
bisogno…Il programma del cristiano é il programma del Buon Samaritano, il programma di Gesú é
un cuore che vede. Questo cuore vede che c’é bisogno di amore e agisce in modo conseguente”.
(31,b)