La situazione
Se ancora il nuovo Re non era in grado di pagare il tributo, allora l’esercito Assiro interveniva di nuovo, deponeva il Re, rendeva quel paese una provincia dell’Assiria e deportava le persone importanti di quel popolo (sacerdoti, ministri, maestri, amministratori, soldati, ecc.), disperdendoli nel suo immenso impero. In quel modo il popolo era completamente indebolito, e non in grado di ribellarsi. Ogni intervento dell’esercito Assiro era naturalmente molto pesante per gli altri popoli. Non solo essi dovevano mantenere i soldati, ma spesso dovevano subire vessazioni, distruzione di case, stupri e altre violenze.
Sembrava non esserci alcuna soluzione contro lo strapotere Assiro. Se uno si ribellava, veniva schiacciato. Se uno pagava il pesantissimo tributo, poteva sopravvivere solo a stenti, con grosse difficoltà.
Isaia fu testimone diretto di questo trattamento che colpì e distrusse il Regno di Israele (cioè il Regno del nord), i Regni vicini a Gerusalemme (città in cui visse ed operò Isaia), e rese il Regno di Giuda una larva di Regno, al termine della vita d’Isaia.
Quei tempi potevano essere anche qualificati come difficili, anche per la corruzione della classe politica e religiosa del Regno di Giuda stesso, che pensava più al proprio tornaconto che al benessere del Regno.
L’esperienza fondante della vita di Isaia
La lettura di oggi presenta l’esperienza fondante di Isaia, esperienza che trasformò la sua esistenza e gli diede il coraggio, anzi l’audacia, di vivere controcorrente per tutta la sua lunga attività di profeta (oltre 40 anni).
Esaminiamola.
Isaia, uomo nobile di Gerusalemme, partecipa a una liturgia nel Tempio stesso della Città Santa. Durante questa liturgia, caratterizzata da canti e da incenso, Isaia “sente” che il Dio d’Israele è grandissimo. “I lembi del suo mantello riempivano il tempio.” Il Signore è percepito come un gigante, come un essere altissimo, visto dal di sotto.
Questo Signore è qualificato come “SIGNORE degli eserciti”, cioè capo dell’esercito Celeste (sia gli angeli che gli astri sono ai suoi ordini), e quindi è di gran lunga superiore a tutti i Re, anche al temuto Imperatore Assiro. Degli esseri celesti, pieni di fuoco, sono i servi di questo Signore, la cui qualità principale può essere solo qualificata come “SANTA, SANTA, SANTA! ”, cioè “SPECIALE, DIVERSO, IN MODO SUPERLATIVO”. La sua “GLORIA”, il suo splendore e spessore si trovano però in tutto il mondo.
Le reazione immediata di Isaia è quella tipica dell’uomo di fronte al mistero: lui si sente indegno di trovarsi alla presenza di tale Signore.
Avviene allora una purificazione, in seguito all’iniziativa divina. Uno dei messaggeri di Dio gli purifica le labbra con il fuoco e poi afferma solennemente: «Ecco, questo ti ha toccato le labbra, la tua iniquità è tolta e il tuo peccato è espiato». In altre parole, non solo gli errori relativamente piccoli sono tolti (in Ebraico HATTA = lo sbaglio, il non riuscire bene in ciò che uno si era prefisso, lo sbagliare la mira), ma addirittura la iniquità (in Ebraico AWON, cioè il peccato deliberato, la perversità) è totalmente eliminato dall’azione di Dio.
Solo allora Isaia è in grado di ascoltare la parola del grande sovrano che si rivolge al plurale ai suoi consiglieri: «Chi manderò? E chi andrà per noi?» In altre parole: nella situazione confusa, difficile e caotica del mondo, chi sarà il mio messaggero, colui che reca il mio messaggio? È un compito certamente non facile.
Isaia, forte della sua esperienza personale di Dio, risponde con coraggio: «Eccomi, manda me!» E da quel momento Isaia diventa profeta del più grande sovrano mai esistito.
Questa esperienza del profeta fu la forza che gli diede audacia in un ministero durato più di 40 anni. Dove altri consiglieri del Re di Giuda consigliavano alleanze politiche, compromessi morali e religiosi, Isaia tuonava con insistenza ed audacia: “Abbi solo fede nel Signore! Lui solo è in grado di salvare Giuda! Senza la fede nel Signore tu perdi tutto, anche se guadagni un’effimera sicurezza umana!” Spesso Isaia non fu ascoltato durante il suo lungo ministero. [Da quanto ne sappiamo, solo una volta siamo sicuri che ebbe successo nel suo ministero, e fu quando si mise totalmente nudo, per indicare che la ribellione all’Assiria avrebbe condotta alla sconfitta e all’esilio; cf. Isaia 20.] Possiamo qualificare l’esistenza di Isaia come un “fallimento” a livello umano. Solo molti anni dopo la sua morte, il valore di Isaia fu riconosciuto. Quale fu il segreto della sua audacia, della sua fede, della sua tenacia? Il segreto l’abbiamo nella sua esperienza fondante, in cui ha scoperto che Dio è grandissimo, è speciale, è superiore a tutte le altre potenze, ha un piano globale per l’umanità, è presente dappertutto, ed è attento e vicino a chi apre il cuore a Lui.
Il missionario/a
Che insegnamento possiamo trarre noi, Missionari/e della Consolata, da questo passo?
Secondo me, la situazione in cui ci troviamo può essere qualificata come difficile. Viviamo in un mondo dove le tensioni, le guerre, la sopraffazione, sono aumentate negli ultimi decenni. Notiamo in molte nazioni che i ricchi, con la corruzione, rubano ai poveri e rovinano il paese. Notiamo anche tra di noi difficoltà personali e cedimenti preoccupanti. Ai tempi di Isaia c’era una situazione analoga.
Quando riusciamo ad entrare in comunione profonda con Dio, attraverso un Ritiro, una Liturgia ben fatta, una Meditazione, una Confessione ben fatta, un incontro entusiasmante, allora riusciamo a sentire la presenza di Dio che è esigente e non tollera mezze misure, ma che allo stesso tempo ci purifica e ci dà la forza di donarci agli altri. Questo è il motivo profondo per cui abbiamo seguito la vocazione di Missionari. È Gesù che ci ha chiamato e ci spinge ad agire solo per amore. Nel vangelo di oggi sentiamo queste parole: “Prendi il largo e cala le reti per la pesca!” Gesù, che è l’inviato del Padre per la nostra salvezza, è lui che ci fa partecipi della sua missione meravigliosa di comunicare agli altri l’amore del tutto speciale di Dio. È lui che è nostro compagno di viaggio nel successo e anche nell’insuccesso. Infatti anche Gesù, come Isaia, durante la sua vita fu qualificato come un “fallito”, e finì ucciso come un malfattore.
La condizione per svolgere con fiducia, e addirittura con audacia, tale missione divina è L’INCONTRO PERSONALE con il Signore. Senza tale incontro non siamo in grado di ascoltare la Buona Notizia di Dio che è anzitutto rivolta a noi personalmente, tanto meno di comunicarla agli altri! Giustamente il nostro Padre Fondatore, il Beato Giuseppe Allamano, affermava con S. Alfonso: “DOVETE RITENERE COME PERDUTO IL GIORNO IN CUI NON SI FA MEDITAZIONE” (VS 543). Il motivo è che, senza cibo non si può vivere. Si può digiunare qualche giorno, ma poi ci si indebolisce e non si riesce a lavorare e a vivere bene. Si “vivacchia” e poi si muore. L’INCONTRO PERSONALE CON IL SIGNORE È TALE CIBO PER IL NOSTRO SPIRITO. Con esso riusciamo a sentire che la Buona Notizia è prima di tutto per noi, e poi riusciamo a comunicarla agli altri. Quando sentiamo il Signore vicino a noi, allora siamo in grado di affrontare tutte le difficoltà della vita, in una maniera serena ed anche eroica. Sr. Leonella MC, che meditava quotidianamente, ebbe il coraggio di perdonare ai suoi uccisori, prima di morire.
Che il Signore ci aiuti a sentire la sua presenza, sempre.
Is 6,1-2.3-8
Sal 137
1Cor 15,1-11
Lc 5,1-11