IV Domenica Quaresima - C

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L’amore del Padre,
pieno di misericordia

Oggi la Chiesa ci invita ad entrare nel cuore di Dio. L’occasione per la parabola odierna è il fatto che molti peccatori, molte persone rifiutate dalla società, si avvicinavano a Gesú e gli prestavano un attento ascolto, mentre le persone “buone”, i “religiosi” del tempo ne rimanevano scandalizzati.

Gesù ci fa capire chi è Dio attraverso la famosissima parabola impropriamente chiamata del “figliol prodigo”. Molto meglio chiamarla la “parabola dell’amore del Padre, pieno di misericordia.”

In essa troviamo 3 protagonisti: (1) il figlio minore, sprecone ed egoista, (2) il padre e (3) il figlio maggiore.

La parabola

Il figlio minore, con un atto inconsueto, chiede che il padre gli dia la sua parte d’eredità, per andarsene da casa e divertirsi a modo suo. Dimostra di essere un grande egoista. Non si preoccupa affatto del dolore che la sua richiesta può causare. Quello che gli interessa è solo “divertirsi”.

Il padre rispetta la sua volontà e libertà e gli concede la parte d’eredità che gli spetta.

Il figlio s’allontana da casa con il capitale, lo sperpera tutto in una vita disordinata e si riduce sul lastrico. Addirittura scende così in basso da fare da garzone dei porci (questo era proprio terribile per un Ebreo, perché i maiali sono considerati animali immondi).

In quella situazione avvilente e dietro ai morsi della fame, il figlio minore decide di tornare a casa, non perché voglia riprendere una relazione migliore con la famiglia, bensì per la nostalgia del buon cibo. Gli basta essere considerato come un servo.

Il padre ha viscere di compassione per il figlio egoista che torna a casa. Lo attende con ansia e, quando lo scorge da lontano, dimentico della propria dignità, corre ad abbracciarlo e a baciarlo.

Quando il figlio chiede perdono, il padre non gli permette neanche di finire la frase! Il figlio voleva ricevere un trattamento da servo. Invece riceve un trattamento specialissimo, come figlio e come ospite d’onore nello stesso tempo. Infatti riceve il vestito più bello e prezioso e riceve l’anello al dito, segno d’autorità nella casa. (È come se il padre gli desse di nuovo la firma in banca!) Riceve i sandali, segno che è un uomo libero, che non deve camminare a piedi nudi, come un servo o uno schiavo. Addirittura il vitello speciale che era riservato per le occasioni specialissime, tenero e ingrassato a grano, viene imbandito per una festa improvvisata a onore del “figlio, che era morto ed è tornato in vita; era perduto, ed è stato ritrovato”.

Il figlio maggiore rifiuta l’atteggiamento del padre. S’indigna per la festa che viene allestita per suo fratello e non vuole saperne di parteciparvi. Il padre vuole che lui si unisca alla gioia della famiglia. Va a parlargli e a pregarlo di cambiare atteggiamento. Ma il figlio maggiore oppone un rifiuto sofferto. Lui si esprime in una maniera amara verso il padre e sprezzante verso il fratello. Si lamenta di aver lavorato sempre “come uno schiavo” per suo padre e di non aver ricevuto dal padre nessun dono, anche piccolo, come segno di riconoscenza. Accusa suo fratello (che lui non chiama “fratello”, bensì, in maniera sprezzante “tuo figlio”) di aver sperperato gli averi del padre con le prostitute. Accusa il padre di commettere una grave ingiustizia, nel fare una festa così suntuosa per un figlio così egoista! Il padre continua a insistere sull’importanza d’accogliere con grande gioia il suo fratello, perché “era morto ed è tornato in vita; era perduto ed è stato ritrovato”.

La parabola termina così, senza registrare la reazione del fratello maggiore. Questo è un segno che la parabola è rivolta a noi, seguaci di Cristo. Sappiamo accogliere le persone rifiutate dalla società come lo ha fatto Cristo? La risposta sta a noi.

Il Missionario/a

Noi, Missionari/e, professiamo di seguire Cristo da vicino.

Quale insegnamento possiamo trarre da questa parabola?

1. Oggi scopriamo nel Vangelo veramente la BUONA NOTIZIA. Dio ci ama in una maniera immensa, nonostante la nostra grettezza ed egoismo. Allora non dobbiamo MAI DUBITARE di questo amore. Sarebbe un torto grandissimo a Lui. Anche se spesso non riusciamo a corrispondere a questo amore, anche se ci sentiamo egoisti, talvolta anche miserabili, non dobbiamo mai dubitare del suo amore. Torniamo a lui con fiducia, e lui ci accoglie a braccia aperte, supplendo a tutte le nostre mancanze.

2. Noi siamo rappresentanti di questo Dio agli altri. Siamo anche noi come il figlio maggiore dalla parabola, che non vuole saperne di accogliere il fratello e lo disprezza? IN CHE MODO rappresentiamo questo amore agli altri? Questa è una sfida costante per noi, sia nella comunità, che nella Parrocchia, che nell’aula scolastica.

Che il Signore ci aiuti ad essere sempre più vicini al suo amore, a sentirne il pulso di tenerezza e a farlo sentire agli altri.


Gs 5,91.10-12;
Sal 33;
2 Cor 5,17-21;
Lc 15,1-3.11-32
Last modified on Thursday, 05 February 2015 20:12
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