Le letture di questa domenica questionano su dove noi troviamo le nostre sicurezze. Per sentirci contenti e sicuri abbiamo bisogno di avere delle cose o di sentirci figli Dio? Scegliere come vogliamo usare i nostri beni è importante per la vita di ogni discepolo. Luca parla a loro che vivendo nel mondo dovranno porsi la domanda: cosa farò con i beni che ho? Accumulo o dono? E’ bene che anche noi ci facciamo queste domande. E’ anche un dono di Dio il diventare coscienti che alcuni nostri bisogni, come per esempio il desiderio di sicurezza e di ricchezza, sono molto forti e facilmente ci possono accecare. Non poche volte, guardandoci intorno, esperimentiamo quanto siano vere le parole del salmista “L’uomo nella sua prosperità non comprende, è come gli animali che periscono”. (Salmo 49,13.21)
Se accumuliamo diventiamo egoisti, insensibili, incapaci di amare, di entrare in comunione, di farci fratelli e sorelle con chi è vicino. Siamo come persone morte perchè abbiamo smarrito il vero senso della vita. Siamo come l’uomo della storia che racconta il vangelo, che chiede a Gesù di dividere l’eredità. Nella sua avarizia non si accorge che l’eredità è quello che lo unisce al suo fratello, che lo mantiene in comunione. E’ molto facile per chi non ha accettato completamente di essere figlio di Dio di identificarsi con quello che ha. Come conseguenza, per lui i fratelli diventano avversari e Dio non è più un Padre. Gesù non è venuto per dividerci dai fratelli, ma è diventato uno di noi per unirci. Il vero tesoro è il Regno di Dio che si trova solo nella comunione con i fratelli e non nella ricerca egoistica di noi stessi. L’eredita’ di Dio unisce, ci fa fratelli.
Il discepolo per Luca è colui che trova la sua sicurezza nell’amore di Dio. Ha scoperto che la vita non dipende dai beni, ma da Colui che dona i beni. I beni non sono nostri, questa è la saggezza a cui s’ispira il Qoèlet. Il discepolo, servendo Gesù, viene a scoprire che le cose che ha sono strumenti per creare comunione, per manifestare l’amore, la carità, la solidarietà e la compassione. Non siamo padroni, siamo solo amministratori e come tali ci arricchiamo solo e in quanto condividiamo. Come figli e figlie di Dio, il senso della nostra vita sta nel diventare come Lui che è ricco di tutto perchè dona tutto. Detto con le parole di San Paolo, siamo stati risorti con Cristo, e perciò siamo stati liberati da ogni avarizia, desideri cattivi e passioni per cercare le cose di lassù e diventare immagine del Creatore.
Il donare esprime quello che siamo, ci fa simili a Gesù che si è fatto dono per tutti. I doni sono per essere condivisi e non per essere accumulati. Gesù è venuto per liberarci dalla paura di condividere, per farci capire che il nostro bisogno più grande è quello di essere in comunione. Così nella sua sapienza, Dio ha voluto distribuire i suoi doni con una certa “ineguaglianza” perchè attraverso la comunione tutti possano avere tutto e nessuno sia nel bisogno. Chi ha ricevuto “di più” condivida “di più”. Per condividere non dobbiamo cadere nell’errore che commise l’uomo ricco della parabola, che accorgendosi di essere nell’abbondanza ragionava “tra se”. Nel monologo è impossibile accorgersi dei bisogni altrui. Chi vuole accumulare chiudi gli occhi alle necessità degli altri, preferisce isolarsi chiudendosi in se stesso. Chi decide di accumulare è stolto perchè sceglie il piacere del possedere senza accorgersi che questo piacere lo porta alla morte.
Bisogna entrare in dialogo per aprirsi alla condivisione, al dono. Il sapiente sa che accumulare è inutile, perchè la ricchezza invece di portare sicurezza fa crescere l’insicurezza. Solo accettando il nostro essere creature, che la nostra vita terrena ha un fine, ci apre alla vita di Dio. La scelta tra donare o accumulare è la stessa scelta tra comunione o solitudine, tra egoismo o vita. La venuta del Regno di Dio, per la cui lavoriamo noi come missionari è legata alla condivisione dei nostri doni. Solo colui che dona e’ ricco davanti a Dio.