In poche altre pagine del vangelo oltre a questa che ci viene offerta nella XIX domenica del tempo ordinario l’insegnamento di Gesu’ e’ cosi’ diretto e ci raggiunge come un caldo invito che trabocca dal cuore di Dio: “Vendete cio’ che avete, siate pronti”, che in altre parole potrebbe suonare come “considerate cio’ che conta davvero, siate svegli, rendetevi conto della vostra vocazione!”. In fondo e’ un po’ sempre cosi’, la Parola di Dio ci viene incontro per svegliarci, scuoterci e portarci alla verita’ di noi stessi. E’ come un esodo che siamo invitati a compiere, attraversando la “notte di liberazione” di cui parla la prima lettura, in cui non siamo soli, se sappiamo lasciarci guidare dalla colonna di fuoco e dal sole innocuo della presenza di Dio al nostro fianco. C’e’ qualcosa di repentino che accade quando si trova il tesoro nascosto o la perla preziosa: si vende appunto cio’ che si ha, ci si libera da pesi ormai inutili, si vede chiaro cosa fare per raggiungere la meta. Questa risolutezza ha forse accompagnato i nostri primi passi nella vita religiosa e missionaria, per poi magari lasciare il posto a ritmi piu’ rallentati, ma anche meno gustosi. Eppure non siamo noi gli annunziatori della gioia, del Dio- con-noi, della vera liberazione che ci permette di vivere di nuovo? Abbiamo varcato confini impensabili, attraversato distanze enormi, incontrato nuovi popoli: ma se dentro il fuoco e’ ormai ridotto in ceneri, che senso ha tutto questo?
Torniamo allora al vangelo per lasciarci dire da Gesu’ che il nostro cuore si e’ attaccato ai vari tesori che di volta in volta hanno brillato ai nostri occhi; ognuno sa di cosa si tratta: protagonismo, applausi, sicurezze materiali, approvazione della gente,... Se siamo veri con noi stessi sappiamo riconoscere i nostri tesori e dunque la’ ritroviamo il nostro cuore. E’ questo il primo passo verso la guarigione. Quante volte Dio, come il padrone di ritorno dalle nozze, bussa alla nostra porta e noi non ci siamo! Si’, la pagina del vangelo contiene una dimensione escatologica che non si puo’ anticipare fino a farla scomparire, ma e’ altrettanto vero che il futuro si gioca gia’ nel presente, attraverso le scelte concrete che poniamo in atto nella nostra vita di tutti i giorni. Che cos’e’ che devo “vendere”, di cosa mi devo disfare per riacquistare il senso giusto delle cose e della vita? Le situazioni missionarie ci fanno spesso toccare con mano che quello che la gente si aspetta da noi e’ un cuore distaccato, un’immersione in Dio che traspaia dal nostro modo di fare, anche solo da un gesto senza parole. Come “amministratori” o comunque animatori e guide di comunita’ dovremmo incarnare questa disposizione di fondo all’attenzione, al silenzio, alla sensibilita’ per le condizioni delle persone che camminano con noi, e invece a volte brilliamo per ansieta’, rumore, distrazione. Forse avremo “fatto tante cose”, ma quello che ci veniva chiesto era altro, era l’ascolto del Signore e delle persone.
“Il cuore e’ alto”, dicono qui in Mongolia, e si riferiscono alla gioia, allo stato d’animo di chi e’ felice, alludendo forse a un metaforico salire verso il cielo blu terso di questa terra. Lo dice anche la liturgia, quando ci invita ad innalzare il cuore mentre si celebra il mistero. A noi missionari vengono spesso chiesti aiuti materiali e noi siamo felici di poterli offrire se questo aiuta ad innalzare il cuore; poi pero’ la gente non si ferma al dono, vuole andare piu’ in profondita’ e non ci tratta come impiegati di ONG, ma si domanda chi ce lo faccia fare; e’ allora che dovrebbero trovare persone di fede, quella descritta nella lettera agli Ebrei che leggiamo nella liturgia di questa domenica; persone diventate “leggere” per le tante vendite che hanno permesso al vero tesoro di avere il suo posto nel cuore. Al centro. Buona domenica missionaria a tutti!
Sap 18,3.6 -9;
Sal 32;
Eb 11,1-2.8-19;
Lc 12,32- 48