XXVIII Domenica T.O. - C

Published in Domenica Missionaria
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La gratitudine

Oggi la Parola di Dio ci sfida ad un atteggiamento di profonda gratitudine a Dio, alla vita, agli altri.


La Lebbra

La condizione che pone l’accento sulla necessità della gratitudine, è la “lebbra”, parola che indica tutte le malattie della pelle.

Nell’antichità (e anche in tempi moderni) tale malattia era l’indicazione chiara di una situazione di disordine, di un caos che non doveva aver luogo. Dio crea l’ordine dal caos. È questo il messaggio consolante del primo capitolo del libro del Genesi. Un segno misterioso di caos (la lebbra) minaccia l’ordine della creazione e può facilmente estendersi a tutta la società e distruggerla.

Era pertanto necessario isolare il lebbroso e farlo allontanare dal vivere civile. Il lebbroso poteva solo vivere in compagnia di altre persone affette dalla lebbra. Pertanto i lebbrosi dovevano vivere fuori dai villaggi e indicare – con grida e segni – che le altre persone non dovevano avvicinarsi. Potevano chiedere aiuto, lamentarsi e anche ribellarsi, ma non erano assolutamente in grado di scappare dalla loro situazione. Il lebbroso si trovava in una prigione ferrea, senza via d’uscita.

La guarigione di un lebbroso era un fatto così straordinario che si poteva solo ascrivere a Dio.

Naaman il Siro

Circa 850 anni prima di Cristo, c’era un Generale Siriano, NAAMAN, uomo importante e potente, affetto da lebbra.

Aveva sentito da una schiava che un uomo speciale, un santo, un certo Eliseo viveva in Israele, a poca distanza da lui. Decide di chiedere l’aiuto di Eliseo, per essere liberato dalla malattia.

Ha fiducia di essere guarito perché lui è un uomo importante. Si munisce di una lettera di super-raccomandazione da parte del suo re, che dovrebbe aprirgli tutte le porte. Si fornisce di una quantità enorme di denaro, per “pagare” la guarigione: 340 Kg d’argento e 60 Kg d’oro! Pensava: – Certamente sarò guarito, io che sono una persona importante e così ricca. Il profeta rimarrà impressionato da me, dalla mia lettera di raccomandazione, dal mio denaro. Si darà da fare per guarirmi, con preghiere e gesti speciali. –

Il profeta Elisea non si degna neppure di parlargli. Gli ordina, attraverso un servo, di fare il bagno sette volte nel fiume Giordano. Naaman è furioso, perché vede che il suo “valore” (posizione sociale, ricchezza, raccomandazione) valgono assolutamente nulla di fronte all’uomo di Dio. Dopo averci ripensato però, consente di eseguire l’ordine di Eliseo, ed è guarito.

Allora Naaman vuole offrire dei doni preziosi al profeta. Questi rifiuta ogni dono, quasi per sottolineare che il dono di Dio è puramente gratuito; non si può assolutamente pagare.

Infine Naaman offre al Signore il dono più grande possibile, in altre parole la propria fede. Solo questo è un dono adeguato, che viene accettato.

Vangelo

Nel Vangelo vediamo un gruppo di lebbrosi che, tenendosi a debita distanza dal villaggio, gridano per attirare l’attenzione di Gesù, affinché abbia pietà di loro.

Egli se ne sta lontano e li invita ad un atto di fiducia, vale a dire a presentarsi ai Sacerdoti, perché ne constatino la guarigione.

I lebbrosi hanno fiducia nelle parole di Gesù e, cammin facendo, sono guariti. Nove di loro se ne vanno per i fatti propri, ovviamente pieni di gioia. Solo uno di loro, che per di più era un Samaritano, cioè apparteneva ad un gruppo disprezzato e dalla fede molto dubbia, torna da Gesù, dando lode a Dio per il dono ricevuto, prostrandosi davanti Gesù ed esprimendo tutta la sua riconoscenza.

Gesù è colpito profondamente da quest’atteggiamento di fede ed esclama: – La tua fede ti ha salvato! – In altre parole: – Tu hai apprezzato non solo il dono della guarigione, ma specialmente il donatore, cioè Dio che ti ha guarito. Dato che tu hai riconosciuto Dio, come un bene molto più importate della guarigione, Dio ti dona la salvezza, cioè la vita piena! Adesso va e vivi questa relazione totalizzante con Dio! –

Gli altri nove lebbrosi avevano ricevuto un dono importante, cioè la guarigione. Solo il Samaritano ha avuto un dono molto più grande, l’amicizia con Dio.

Applicazioni

Sento importante porre l’accento su 3 aspetti.

1. Coltivare un ATTEGGIAMENTO DI GRATITUDINE. Quando sperimentiamo un aiuto, presto ci dimentichiamo di chi ce l’ha dato. Questo accade molto spesso. Come coltivare un atteggiamento di gratitudine? Mi pare importante ringraziare, quando ricevo qualcosa. Uno degli atteggiamenti che più fanno soffrire è il “dare per scontato”, cioè il non riconoscere il che si è ricevuto. Anche la commessa del negozio che mi serve, mi fa un servizio, ed è quindi opportuno che la ringrazi. Alla sera, come ognuno di noi, io rifletto sulla giornata trascorsa. Mi sforzo di concentrarmi sugli aspetti positivi, non su quelli negativi. (Gli aspetti negativi tendono ad abbattermi, mentre quelli positivi mi sollevano.) Ne ringrazio il Signore. Ad esempio, ringrazio per il dono della vita, per il cibo, per l’energia che ho ricevuto, le persone che hanno espresso apprezzamento ed affetto, le domande intelligenti dei miei studenti che mi hanno fatto vedere il testo biblico sotto un punto di vista diverso. Mi sforzo di ringraziare anche per le difficoltà che ho dovuto affrontare e che mi hanno reso più forte. Ringrazio pure per ciò che sono riuscito a compiere per gli altri: le preghiere, l’insegnamento, la pazienza nell’ascoltare. Tutto questo è dono di Dio. In tal modo coltivo un atteggiamento di gratitudine.

2. DONAZIONE. Se mi rendo veramente conto che tutto ciò che sono e che posseggo mi è dato solo in prestito, perché ne faccia buon uso a servizio degli altri, allora mi devo sforzare di usare questi doni per gli altri. Ogni giorno, nell’Eucaristia, nel momento più solenne, il Sacerdote, a nome di Cristo, afferma: – Fate questo in memoria di me. – Mentre celebriamo l’atto supremo di donazione di Gesù al Padre, noi c’impegniamo ad entrare nella stessa ottica, cioè a donare tutto noi stessi al piano di Dio, pronti a seguirlo in tutto, disposti anche a versare il nostro sangue (come lo hanno fatto molti missionari, es. Sr. Leonella, uccisa in Somalia un anno fa). Questa donazione “sulle orme di Cristo” è una sfida costante alla nostra vita cristiana. Ci scuote dalla mediocrità. È fonte d’impegno quotidiano e anche di gioia profonda. Se non c’è questo impegno, la nostra vita rischia di essere una routine, senza senso.

3. AIUTARE ALTRI A DARSI A DIO. Se sono contento della mia vocazione umana, cristiana, religiosa, missionaria (pur con i miei “alti e bassi”) allora altri potranno vedere ed apprezzare il valore di una vita donata in gratitudine e donarla a loro volta. Questi è il frutto supremo della vita missionaria.



2 Re 5, 14-17;
Sal 97;
2 Tm 2, 8-13;
Lc 17, 11- 19
Last modified on Thursday, 05 February 2015 20:12
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