XV Domenica TO

Published in Domenica Missionaria
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Is 55,10-11;

Sal 64;
Rm 8,18-23;
Mt 13,1-23


Ricordate la bella preghiera di domenica: Padre, ti ringrazio perché queste cose le hai nascoste ai sapienti e le hai rivelate agli umili? Ed ora un interrogativo dei discepoli: perché parli ad essi in parabole?

Interessante ed esaustiva la spiegazione del Ricotti. Io mi limito alle parole di Gesù: poiché a voi il Padre fa conoscere apertamente il Regno dei cieli, agli altri no. Siamo in un momento difficile: occorre non alimentare facili illusioni sul Regno. L’opposizione cresce: i capi, sempre più insidiosi, spiano ogni parola. In questa situazione di tensione si inserisce, al centro, il discorso delle parabole che occupa il capitolo tredicesimo di Matteo. Il terzo dei cinque discorsi che presentano l’ossatura del Regno dei cieli: il programma, la missione, i misteri, la chiesa, il compimento.

Con abilità letteraria e profondità teologica, Matteo presenta in sette similitudini il Regno: quattro parabole dal profumo agreste e sapore domestico (semina, zizzania, lievito, senape) e tre quadretti affaristico – commerciali (il tesoro nascosto, la perla preziosa, la rete da pesca).

E Gesù, salito sulla barca, disse alla folla: un seminatore getta il seme ma il terreno è irregolare ed è l’insuccesso: gli uccelli, il sole e le spine ne impediscono la crescita. Gesù parla alla folla enigmaticamente con parabole, ma ai discepoli, nell’intimità della casa, ne rivela il mistero. La rivelazione non è un dono che privilegia, ma un dono concesso a tutti quelli che lo desiderano.

Vi è l’aspetto cristologico – ecclesiale che allude alle modalità di inserimento del Regno di dio nel mondo. Ed è su questo stile che il Card. Wotiła ribaltò lo schema della chiesa nella Gaudium et Spes. Come è nascosto il seme nella terra e il lievito nella pasta, così il Regno di Dio, la chiesa, deve immergersi nel mondo. Ma come il seme e il lievito è dinamico, così il Regno di Dio fermenta tutta la massa e dà accoglienza a tutti gli uccelli del cielo.

Vi è un aspetto antropologico, moraleggiante: nella terra fertile la semina dà buon frutto, pur nella diversità della resa. Gesù coglie le spighe e ne conta i grani: trenta, sessanta, cento. Il seme caduto in terra buona sono coloro che, accolta la Parola con cuore buono e perfetto la custodiscono e, perseverando, producono molto frutto.

È sulla scia dell’interpretazione etica della primitiva comunità che possiamo identificare nella liturgia questo seme e questa terra e accostarci con cuore buono e perfetto. Scriveva Torelli, il giornalista di “baba Camillo”: “La gente che va a messa si aspetta che qualcosa accada nel loro cuore per dare una risposte alla loro situazione e dare coraggio”. E perché questo avvenga, nel sacerdote occorre chiarezza e calore umano; e in chi ascolta deve corrispondere il desiderio di condividere il mistero di Dio. E invece, commentava il giornalista, ecco liturgie senza nervo, canti mosci, indifferenza. La Parola di Dio passa sulle nostre teste senza lasciare segni nel cuore e propositi fermi. L’abitudine di chi legge senza gusto e in fretta, l’abitudine di chi ascolta annoiato genera assuefazione,distrazione, noncuranza.

In una delle numerose interviste al giornalista Frossard, ammirato per l’interesse suscitato all’Unesco e tra i giovani di Parigi, Papa Giovanni Paolo II rispose: “Se da tutti i discorsi è derivato un certo bene, ne ringrazio Dio, dispensatore di ogni dono, e lo spirito santo, che agisce non soltanto nel cuore di chi parla, ma anche in eguale grado nel cuore di chi ascolta. E il giornalista, vedendolo raccolto nella cappellina del Vaticano, commentava: “Avevo davanti a me un blocco di preghiera”. Dopo la messa, detta con minuzia e lentezza, venti minuti furono consacrati in ginocchio a una pratica che è facilmente dimenticata, la preghiera del ringraziamento. Antica devozione testimoniata anche nel libro “Il mio amico Carlo Wotiła”. E il Papa spiegava: “Colui che trasmette, predicatore o servitore della Parola, egli ha il diritto di comunicare, unicamente ed esclusivamente, pensieri filtrati da una consistente gleba di preghiera: contemplata tradere”. Già a Cracovia, il Card. Wotiła ogni giorno, chiuso a doppia mandata in cappella, la scrivania rivolta all’altare, per due ore preparava i suoi scritti e in ginocchio pregava davanti al santissimo Sacramento. Chi di noi non pensa qui al Padre Fondatore orientato al santissimo Sacramento o a San Tommaso che metteva la testa dentro il tabernacolo?

Affidiamoci a Maria, modello di un travagliato pellegrinaggio nella fede: Maria non capiva eppure custodiva gelosamente tutte queste cose e le meditava in cuor suo. Beata sei tu, Maria, perché hai creduto alla Parola di Dio.
Last modified on Thursday, 05 February 2015 20:12
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