I dom Avvento - B

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Nell’attesa della sua venuta


Is 63,16-17. 19; 64,1-7;

1 Cor 1,3-9;
Mc 13,33-37


Il periodo liturgico dell’Avvento intende rafforzare in noi il desiderio di accogliere e possedere il Signore. Avvento significa visita, visita del Signore, ci ricorda che siamo seguiti con amore dal Signore che si muove per primo e che non abbandona l’uomo al suo destino.

Ci fu il primo Avvento, quello dell’Antico Testamento, quei lunghissimi anni che vanno dal peccato originale fino alla venuta di Gesù. Per mezzo dei Profeti Dio insegnava a sperare nella salvezza. I Profeti descrivono il Messia come germoglio (germoglio dà il senso di un inizio assoluto e gratuito), sul legno secco della stirpe di Davide Dio fa sbocciare il miracolo della speranza, della salvezza; l’amore di Dio non conosce sosta, non si spegne mai nonostante l’aridità umana.

Poi colui che verrà è chiamato ‘Signore nostra giustizia’: questa giustizia sarà realtà, certezza; nella Bibbia questa giustizia significa la salvezza integrale dell’uomo e della società.

Il primo avvento del Signore, cioè la sua venuta nella carne si è verificata quando “e il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14).

Ma questa prima venuta mantiene le sue promesse solo se è una realtà di oggi, non semplicemente un ricordo felice da celebrare, bensì una venuta effettiva che continua a trasformare il mondo. Se non fosse così, la liturgia non farebbe altro che rimetterci di fronte al passato. Ma essa si nutre del passato solo per contribuire al compimento dell’opera di salvezza nel presente e nell’avvenire.

La liturgia dell’Avvento ha lo scopo di favorire una venuta attuale del Cristo e un influsso più profondo della sua Persona sul destino dell’umanità (Jean Galot).

L’Avvento è anche sguardo di fede sull’avvenire, è attesa colma di speranza del compimento universale della salvezza: alla fine dei tempi il Cristo verrà nella figura gloriosa del Figlio dell’uomo (Mt 25,31).

La redenzione del mondo sarà pienamente e universalmente realizzata: Dio sarà tutto in tutti (1 Cor 15,28).

Ma già ogni celebrazione eucaristica è preparazione e anticipazione nel mistero di quest’ultima venuta nel Signore: “ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché Egli venga” (1 Cor 11,26).

Tra il primo e il terzo avvento di Gesù si colloca la sua seconda venuta. Egli viene ininterrottamente, è colui che viene.

Il giorno delle Palme era stato acclamato nel suo ingresso a Gerusalemme “benedetto colui che viene nel nome del Signore!” (Mt 21,9). Lo stesso titolo, indicante la qualità divina di Gesù, ricorre molte volte nel libro dell’Apocalisse: Egli è colui che era, che è e che viene (Ap 1,4; 4,8; 11,17; 16,5).

Consapevoli che solo il Cristo è il portatore della salvezza, i primi cristiani pregavano ardentemente con l’invocazione: “maranà tha: vieni o Signore” (1 Cor 16,22; Ap 22,20).

Gesù viene continuamente nel mondo poiché, essendo il risorto è il vivente, è colui che è sempre presente in
mezzo a noi.

La celebrazione dell’eucaristia e la preghiera in comune sono tra i momenti privilegiati per sperimentare questa presenza del Cristo vivente in mezzo a noi, per vivere la sua presenza come esperienza di incontro con lui, datore di vita e di salvezza.

Il Cristo attua questa sua seconda venuta nella storia per mezzo dello Spirito Santo. Il tempo presente, tra l’Incarnazione redentrice e la Parusia, è il tempo dello Spirito (Giovanni Marchesi).

La liturgia dell’Avvento ci richiama alla vigilanza e alla preghiera. La preghiera: se non si invoca il nome del Signore, la sua venuta non viene preparata, il Signore non può concederci le grazie di preparazione che sono tanto importanti per il nostro incontro con Lui (Albert Vanhoye).

Il senso di tanta insistenza del Signore sulla vigilanza attiva di noi cristiani può essere scolpito con le parole di
sant’Agostino “vegliamo, dunque, e preghiamo, per solennizzare dentro e fuori questo tempo di attesa della venuta del Signore: Dio ci parla nelle sue letture; a Dio parliamo nelle nostre orazioni. Se ascoltiamo obbedienti le sue parole, in noi abita colui che preghiamo”.

“Vigilate, dunque, poiché non sapete quando viene il padrone di casa”. Gesù non sta riferendosi al suo ritorno
in un imprecisato, lontano futuro, ma nella sua costante presenza rinnovatrice del mondo.

Gesù è padrone di casa che però non se n’è andato, ma ha solo cambiato modo di essere presente fra i suoi. Ora Egli è più vicino a ogni uomo di quanto non lo fosse quando camminava lungo le strade della Palestina.

Risorto, non è più soggetto come allora ai limiti della nostra condizione umana. Per questo ha invitato i suoi discepoli a mantenere sempre viva la percezione della sua presenza i mezzo a loro “ecco io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). Percezione non facile, perché può averla solo chi ha uno sguardo capace di scrutare oltre il buio della notte (Fernando Armellini).

E la parabola del portiere che vigila: il padrone può venire alla sera, o a mezzanotte, o al canto del gallo, o al mattino: questa notte è accuratamente suddivisa da Marco secondo il computo popolare romano in quattro parti, per sottolineare l’ammonimento a stare all’erta, e anche per dire il movimento di Dio a nostro riguardo perché ci ama – sarà una venuta a sorpresa ma certa.

Chi ha uno sguardo guidato dall’amore si lascia interpellare dagli avvenimenti e sa cogliervi i segni che le speranze di un mondo nuovo stanno cominciando a realizzarsi.

Il brano della lettera di san Paolo ai Corinzi riprende il tema dell’attesa del ritorno del Signore però coestendendola, anche più esplicitamente, ad ogni momento della vita. Proprio perché il Signore verrà, io devo attenderlo sempre: ogni momento diventa così un incontro di fedeltà e di amore a Lui, mettendo a frutto tutti i doni che egli ha fatto ad ogni uomo, così come li aveva dati in abbondanza alla comunità di Corinto (1 Cor 1,4-9).

Il trovarci ‘irreprensibili nel giorno del Signore’ significa che abbiamo vissuto costantemente sotto i suoi occhi, alla luce della sua grazia. Quella ‘comunione’ che ci salderà per sempre al Cristo risorto nel regno della sua gloria, deve iniziare fin dal tempo presente: il ‘grande’ avvento non ci sarà, se non sarà preceduto dagli innumerevoli ‘piccoli’ avventi di ogni giorno (Settimio Cipriani).

Last modified on Thursday, 05 February 2015 20:12
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