DOMENICA II DI QUARESIMA

Published in Domenica Missionaria


Videro la sua gloria
Gn 15,5-12. 17-18
Fil 3,17 - 4,1
Lc 9,28b-36

Alla seconda domenica di Quaresima ogni anno, la liturgia ci presenta sempre il racconto della Trasfigurazione del Signore che ci aiuta ad avere il senso ‘quaresimale’ della vita. Non ci può essere la gioia della Pasqua senza il viaggio verso il Calvario.
Da alcuni questo brano è interpretato come una breve anticipazione dell’esperienza del Paradiso per preparare i suoi apostoli a sopportare la dura prova della sua passione e morte.
Gesù si è recato sul monte a pregare. Il monte nella tradizione biblica è il luogo per sperimentare la prossimità di Dio.
 “A pregare”, la preghiera è il momento privilegiato dell’incontro con Lui; l’evento della Trasfigurazione chiarisce che la preghiera apre sul mistero di Dio e di se stessi (consente di vedere le persone e le situazioni in modo diverso, ‘altro’).
“E mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto” traspare su di esso qualcosa del mistero riguardante la relazione paterna che Dio ha con il Figlio: “nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio...” (Mt 11,27).
“E la sua veste divenne candida e sfolgorante” la luminosità suggerisce l’appartenenza alla sfera divina.
Accanto a Gesù appaiono Mosè ed Elia in dialogo con Lui. Mosè dalla parte della legge - Elia dalla parte dei profeti, indicano che Gesù è il compimento delle Scritture, in Lui si attua la salvezza che si andava sospirando in tutto l’Antico Testamento.
Luca dice l’argomento del loro dialogo: “e parlavano della Sua dipartita che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme”: sull’avvenimento storico della morte di Gesù, e sull’avvenimento misterioso della Pasqua che Dio progetta per il suo Cristo.
L’incontro con il mistero divino fa cadere a terra e fa diventare cieco, come è per Paolo (At 9,4 - 9,8) mentre qui parla di sonno che dice la lentezza a entrare nell’esperienza di Gesù, proprio come avverrà nell’ora della passione nell’Orto degli Ulivi (Lc 22,45), “Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno...” – sonno: si tratta di fascino, una sorta di esperienza del divino. “Tuttavia restarono svegli e videro la sua gloria e i due uomini che stavano con Lui”: c’è un implicito insegnamento sull’efficacia della preghiera: essa solo consente all’uomo di tenere fisso lo sguardo sul mistero, e di non volgersi altrove (come Abramo che, nonostante il torpore che lo appesantisce, resta cosciente per accogliere l’alleanza divina con lui [Gn 15,12] – oppure Daniele che alterna lucidità e svenimento davanti alle visioni di cui è destinatario [Dn 8,18]).
Ecco allora Pietro formulare la proposta di prolungare quel momento così bello erigendo tre tende: per Gesù, Mosè ed Elia. Pietro afferrato dalla gloria di Gesù non vorrebbe più sottrarvisi. “Egli non sapeva quel che diceva” annota Luca, perché egli vorrebbe aver conforto e letizia senza però capire lo stile di agire di Dio, il cui piano passa attraverso il sentiero della croce. Difatti nella preghiera dell’‘Angelus’ si dice: infondi nel nostro spirito la tua grazia, o Padre; tu che nell’annunzio dell’angelo ci hai rivelato l’incarnazione del tuo Figlio, per la sua passione e la sua croce guidaci alla gloria della risurrezione.
Nella richiesta di Pietro di erigere le tende per Gesù e gli altri due misteriosi personaggi c’è una allusione alla Festa dei Tabernacoli. La festa durava otto giorni (Lv 23,36), e l’ultima giornata ha una particolare solennità al punto che i rabbini affermano che uno non sa che cosa sia la gioia se non ha visto Gerusalemme nella Festa delle Capanne. Tale festa si caricava anche di valenza escatologica, per cui era una sorta di anticipazione di quella che sarebbe stata la gioia eterna quando saremo accolti nelle ‘dimore eterne’ (Lc 16,9).
Origene nella visione dei tre apostoli ravvisava il simbolo della visione beatifica che potremo godere dopo questa vita terrena.
“Venne una nube e li avvolse”, per tre volte appare il termine ‘nube’ come attestazione della presenza del mistero di Dio. Tale aspetto è compreso dai discepoli ed è la ragione del timore che li assale “all’entrare in quella nube ebbero paura”.
Dalla nube esce la voce che già si è incontrata al battesimo di Gesù “tu sei il Figlio mio prediletto in te mi sono compiaciuto” (Lc 3,22) – qui dice “questi è il Figlio mio, l’eletto: ascoltatelo”. “Questi”, e non altro, quel Gesù che ha iniziato il cammino della passione, è Lui il Figlio di Dio.
Alla presentazione del Figlio come l’eletto (Is 42,1), viene aggiunto poi l’imperativo dell’ascolto. La missione che riceviamo da Dio si riassume in una sola parola “ascoltatelo”: ora non si tratta più di una serie di comandamenti da osservare, bensì di una relazione con una persona. In questi giorni cade l’anniversario dell’elezione di Pio XII chiamato “il papa di Gesù vivo” – aveva un amore intenso e ardente a Gesù, capace di immolarlo ad ogni sacrificio. Gesù persona viva, l’unione intima sentita ed assaporata con lui, la nostra trasfi56 gurazione in Lui sono sicuramente motivi dominanti nel suo insegnamento.
“Appena la voce cessò, Gesù restò solo” il suo restare solo corrisponde alla predizione della passione, del suo rifiuto da parte degli uomini (Lc 9,22).
La Trasfigurazione pur nella sua importanza risulta quindi solo un’anticipazione del mistero pasquale nella vicenda storica di Gesù. Il maestro e i suoi discepoli scendono dal monte con un segreto nel cuore che non è possibile comunicare agli altri perché è una esperienza troppo alta.

Specialmente santa Teresa d’Avila parla dell’immensa bellezza dell’umanità di Gesù. “Noi non possiamo piacere a Dio e Dio non ci vuole accordare le sue grazie se non attraverso la sacrosanta umanità di Gesù Cristo in cui, come egli un giorno disse, pone le sue compiacenze. Ne ho fatto l’esperienza moltissime volte, anzi, me l’ha detto il Signore stesso. Ho visto chiaramente che dobbiamo passare per quest’unica porta se vogliamo che la divina maestà ci scopra i suoi grandi segreti. Perciò, signore, non vogliate cercare altra strada anche se vi trovaste all’apice della contemplazione”.

Noi siamo destinati ad essere trasfigurati, perciò la Trasfigurazione di Gesù è anche la rivelazione e l’anticipazione del nostro destino (Albert Vanhoye).
Il Vangelo ci mostra qual è il nostro destino: quello di essere completamente trasfigurati – possiamo incominciare ad esserlo già ora nella nostra esistenza, se rimaniamo fedeli a Cristo e aperti alla sua grazia che ha il potere di trasfigurare tutto il nostro essere.
Last modified on Thursday, 05 February 2015 20:12
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