DOMENICA IV DI QUARESIMA

Published in Domenica Missionaria


La parabola del padre misericordioso
Gs 5,9a. 10-12
2 Cor 5,17-21
Lc 15,1-3. 11-32

Questa domenica è detta ‘domenica in laetare’ come dice l’ingresso “rallegrati Gerusalemme...” cioè è la domenica della gioia perché si avvicina la Pasqua. Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza e gli ha preparato il cuore perché potesse gustare la verità e la gioia.
 Già nella Bibbia c’è scritto “ho visto che nella vita non c’è di meglio che essere sempre contenti e compiere il bene” (Qo 3,12).
 L’anima ha bisogno della gioia, come il corpo ha bisogno del sangue. “Il gigantesco segreto della vita cristiana è la gioia” (Chesterton).

 Il Vangelo odierno ci porta la parabola del figliol prodigo: è la più toccante del Vangelo – è un Vangelo nel Vangelo, splende in tutta la sua suprema bellezza, oltre tutto è un capolavoro letterario universale ed assoluto.
 Gesù la racconta ai Farisei e agli Scribi per giustificare il suo comportamento dato che essi mormoravano “costui riceve i peccatori e mangia con loro”.
 Tutto inizia con il misconoscere l’amore paterno da parte del figlio minore, che confonde la casa con una sorta di prigione da cui evadere e di essa interessa soltanto il poter portare via dei beni di cui godere “padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta”. (I Padri della Chiesa vedono il peccato come un allontanamento da Dio per rivolgersi alle creature, come l’ingratitudine che fa dimenticare il donatore e fa guardare ai suoi beni come se fossero diritti acquisiti).
L’uscita dalla casa, sembra una fuga e rappresenta un processo di allontanamento da se stesso che giunge al suo culmine quando il giovane, prima libero di disporre di sé, diventa uno schiavo che fa il guardiano dei porci, presso un qualsiasi padrone in una imprecisata regione devastata dalla carestia (è questa la vicenda del peccato, che inizialmente promette sempre la felicità, ma che porta come esito immancabile la delusione, lo smarrimento e il dolore. E c’è un altro volto del peccato: togliere la vera identità - il nome filiale, per fare della persona una sorta di numero, quasi un oggetto).
 Dopo molto tempo riaffiora nella coscienza del prodigo la figura paterna come memoria di una casa con tanto pane e calore, ed è questo ricordo la forza che sta all’origine del suo cammino di ritorno - di conversione.
 Struggente è il quadro dell’atteggiamento del padre di fronte al ritorno a casa dello scapestrato. Aspettava sempre nella speranza di rivedere un giorno il figlio. È per questo amore paterno che non si è mai neppure affievolito che i suoi occhi, certamente non più giovanili, sanno riconoscere il figlio quando è ancora lontano. Tale è l’intensità dell’affetto che nutre che il padre comincia a corrergli incontro, per affrettare quell’abbraccio e quel bacio che sigillano un perdono pieno, una comunione rinnovata.
 Il padre non lascia neppure che il figlio finisca la frase con la quale, oltre a riconoscere le proprie colpe, vorrebbe dirsi disposto a vivere da semplice servo nella casa paterna. Lo interrompe perché quel giovane per lui rimane figlio, non sarà mai un servo.
 Anche se è ben consapevole della forma incompiuta del pentimento del figlio ribelle, spinto a ritornare a casa più dal disagio che da un ritrovato amore, tuttavia lo ac63 coglie con immensa tenerezza. Il padre è in sostanza certo che la vita del figlio in quella casa paterna lo aiuterà ad apprezzare ciò che prima disprezzava, e a capire finalmente qualcosa del suo incompreso cuore di padre.
 La festa che corona questo momento dice palesemente la grandezza della gioia che trova il padre per il ritorno del prodigo (è la gioia che Gesù esperimenta e comunica ai peccatori che vengono da Lui, e che rende visibile nella storia la gioia provata da Dio Padre, quando gli uomini accolgono la parola di perdono offerta nel Figlio).
 Il cardinal Ballestrero ha questa pagina a riguardo della confessione: si compie nel più soave dei modi, perché, se è vero che noi portiamo nella riconciliazione tutta la confessione del nostro umile peccato, è altrettanto vero che dobbiamo portare la perfetta fiducia di essere accolti da quelle braccia paterne che sono restate fedeli e che, nel perdono, ci riconciliano, cancellando ogni precedente di morte e di peccato, ed accogliendoci in una festa che solo Dio comprende in tutta la sua gioiosità, ma nella quale siamo chiamati a fermamente credere e sperare.
 Il prodigo rientrando in quella casa sperimenta come il perdono accordatogli dal padre sia sotto il segno della sovrabbondanza - della grazia senza misura: anello, vestiti, il vitello grasso imbandito per la festa.
 San Giovanni Crisostomo notava in Gesù un comportamento simile verso il buon ladrone.
 Ancora il cardinal Ballestrero a riguardo della confessione: non si tratta solo di una specie di transazione tra persone che si sentivano reciprocamente offese e tradite, bensì di una restaurazione radicale e onnipotente della condizione in cui Dio ha pensato l’uomo, lo ha amato, e alla quale lo riconduce, con pienezza di vita tale da essere più ricca e felice di quanto non fosse il rapporto di amicizia, prima del tradimento che lo infranse.
 Questa è la misericordia del Signore che “ci ha amati di amore eterno e perciò ci ha attratti...” (Ger 31,3).
 Il figlio maggiore, mosso dalla gelosia e dal risentimento, non vuole entrare in casa. Il padre esce per andare a supplicare il figlio maggiore ad entrare e per implorarlo di partecipare alla sua gioia di padre che ha ritrovato un figlio. Lo vediamo allora rivolgersi con insistenza e dolcezza al primogenito, perché accetti il fratello minore e lo perdoni.
 Nelle sue parole scorgiamo la volontà di raggiungere con il suo amore anche questo figlio, che si rivela tragicamente lontano; suo desiderio è soltanto che quel figlio accetti di essere amato, e non respinga i segni di questo amore. L’accorato appello finale “figlio tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo, ma bisognava far festa e rallegrarsi perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita...” presenta un padre disarmato e disarmante, che quasi mendica comprensione dal figlio (ci illumina sullo stile sconcertante del Dio di Gesù Cristo, un Dio che non ha esitato a donarci il figlio amato, mentre eravamo ancora peccatori [Rm 5,8 e Gv 3,16]).
 Il primo figlio (il prodigo) ebbe la piena conversione quando tornando a casa capì chi era suo padre, dal modo con cui l’accolse – il figlio maggiore si convertì quando si accorse della fortuna di star sempre col padre, della festa d’amore che c’è sempre.

 Gesù fa della misericordia stessa uno dei principali temi della sua predicazione.
 “La Chiesa vive una vita autentica quando professa e proclama misericordia: il più stupendo attributo del Creatore del Redentore – e quando accosta gli uomini alle fonti della misericordia del Salvatore di cui essa è depositaria e dispensatrice” (Dives in misericordia).
Last modified on Thursday, 05 February 2015 20:12
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