È la colletta che ci introduce in questa ottica. Dopo l’invocazione, il cursus dell’oremus si apre alla presentazione della Santa Famiglia come modello di vita, indicandone l’obiettivo: “perché fioriscano le stesse virtù nelle nostre famiglie”.
Può questa famiglia eccezionale e pur normale dire qualcosa alla famiglia dei nostri giorni ed anche alla nostra famiglia missionaria religiosa? Come parlare di famiglia a questa società in cui cresce la ricchezza e si sfaldano le famiglie, in cui vengono continuamente proposti modelli demografici e nuovi modelli di convivenza sociale, in cui la famiglia è depauperata dei valori etici e dei vincoli di amore e fedeltà? Per questa società, la famiglia di Nazareth è un vero pugno nello stomaco.
Il fatto che Maria e Giuseppe, da quando Gesù entra nella loro vita, non trovino un rifugio adatto, che il loro figlio sia un ricercato, che debbano espatriare ed anche che lo perdano nel tempio; il fatto che, per mantenere il padrone del mondo, siano costretti a lavorare, tutto contribuisce a fare di questa famiglia, pur così privilegiata da Dio, una lezione morale, un conforto per milioni di famiglie di oggi e di domani.
Momenti di tensioni e di dubbi si alternano a momenti di serenità e di gioia: fidanzamento gioioso, gravidanza misteriosa, nascita prodigiosa, presentazione al tempio e fosche previsioni di Simeone, viaggi di cento e più chilometri per strade impervie a Betlemme, Ain Karim, Gerusalemme, Egitto per visite familiari, per dovere ed anche per fuga.
“O famiglia di Nazareth” canta la liturgia, famiglia esperta nel lavoro e non ignara del soffrire. Non si tratta di una famiglia da rotocalco, non fa notizia, ma è veramente una famiglia a pieno titolo umana. Ed è anche una famiglia pienamente giudea, cioè religiosa, provata nell’angoscia e nel dubbio del discernimento, ma abbandonata alla volontà di Dio.
Al centro della loro vita il tempio di Gerusalemme e la sinagoga; al centro della loro preghiera la bibbia, al centro della loro condotta la legge di Mosè.
E la Madre, preservata immacolata, accetta il rito della purificazione. E il Bambino venuto per riscattare, si lascia riscattare poveramente da Giuseppe con una coppia di giovani colombi.
Famiglia di Nazareth, famiglia di consacrati, che vivono nell’obbedienza per l’annuncio della salvezza alle genti. Questa la definizione della Sacra Famiglia vista sotto l’aspetto missionario. Una definizione che può anche essere applicata al nostro Istituto.
Nella formulazione delle Costituzioni l’articolo IV è stato uno dei più difficili e più complessi, perché doveva in breve esprimere in che cosa consiste l’Istituto. L’articolo doveva rendere l’idea esatta dell’essenza dell’Istituto, non tanto dal punto di vista giuridico, di cui parla l’articolo 7, ma dal punto di vista esistenziale e teologico. L’articolo IV dice dunque che l’Istituto è una famiglia di consacrati. Notate le due parole: famiglia e consacrati. Famiglia è una parola che torna volentieri nelle Costituzioni ed è stata volutamente messa nei punti essenziali per riecheggiare il modo di vedere e di esprimersi del Fondatore.
La prima volta che si parla dell’Istituto è nel primo articolo. Non si dice Istituto, ma Famiglia con la “F” maiuscola, per esprimere il senso di famiglia che il Fondatore ha voluto imprimere nel suo Istituto. “L’Istituto, famiglia riunita nel nome del signore, in cui tutti si sentono e si accolgono come fratelli.
Beata famiglia di Nazareth che il Padre ha consacrato nell’obbedienza, nella castità e nella povertà per la salvezza dell’umanità. Beata la nostra famiglia missionaria che le Costituzioni definiscono consacrata per la missione ad gentes, nella comunione fraterna e avendo Maria come modello, e a cui, dicono le Costituzioni, il fondatore ha proposto San Giuseppe come speciale protettore.
O Nazarenum silentium, canta Paolo VI nell’inno delle Lodi, o Nazarena schola evangeli, doce nos.
E la scuola ogni giorno si apre con la recita dei misteri gaudiosi, i misteri della Sacra Famiglia: Gesù, Maria e Giuseppe. Li contempliamo coinvolti insieme in ogni singolo episodio misterioso della loro vita, specchio delle nostre quotidiane vicende. Da questa contemplazione congiunta alla fine di ogni mistero nasce ben motivata la fervorosa invocazione: lodato sia il santissimo nome di Gesù, Maria, Giuseppe.
Un’invocazione che, come voleva il nostro Beato fondatore, conclude ogni nostra giornata e a Dio piacendo anche la nostra vita terrena: Gesù, Maria, Giuseppe vi dono il cuore e l’anima mia.
O Nazarenum silentium, o Nazarena domus schola evangeli, doce nos. Dopo la breve comparsa al tempio, Gesù ritorna nel silenzio apostolicamente insignificante di Nazareth. Assurdo silenzio in quei tre personaggi deputati alla redenzione. Anche noi, dopo un pur sempre breve periodo apostolico, eccoci ridotti al silenzio, per crescere in sapienza e grazia. Oh se in noi, già storditi dalla tumultuosa vita, rinascesse la stima del silenzio, atmosfera ammirabile e indispensabile. O silenzio di Nazareth, insegnaci l’interiorità della vita.