Cominciamo col dire ciò che la festa non è.
La festa non è l’aspettata befana, la vecchierella che va di notte a cavallo di una scopa, con il sacco dei regali e del carbone. Un altro appuntamento consumistico. Le tre statuine dei Magi e i tre doni hanno perso il loro profondo significato. Non presentiamo più i doni, come i Magi, a Gesù Bambino, ma il “Bambin” è diventato sinonimo di tanti doni che noi riceviamo. La festa religiosa viene di nuovo stravolta e diventa una festa pagana. “Stupida questa festa” osservava Pasolini, perché non ha più niente di cristiano, siglata da vizi e vezzi del consumismo. I nostri bambini tra computers e play stations fanno fatica a riconoscere Gesù Bambino nel puzzo di una stalla e le biffe dei pastori.
Alla stella ed ai Magi la società preferisce la befana consumistica tra botti e spari, luci multicolori, abbuffate di veglioni e lotterie piene di illusioni. Alla festa della povertà, vissuta da Gesù, Giuseppe e Maria nella grotta, si è sostituita la festa dei consumi.
E che è allora l’Epifania per essere vera cristiana liturgica? Quale il profondo significato di questo ricordo? Innanzitutto, quale il suo significato? Epifania in greco vuol dire “manifestazione”. I greci lo usavano per indicare la visita di un governatore ai suoi territori, per una verifica giuridica ed amministrativa. San Paolo lo usò per indicare la venuta di Gesù e la manifestazione della bontà del Signore: Apparuit… ai pastori. Il racconto dei tre Magi è pittoresco come una fiaba orientale, carica di profumi esotici, che ci incanta fin da bambini. In realtà S. Matteo presenta un fatto storico, con uno stile direi criptato, velato. Il racconto è denso di simbolismi, di richiami astrali, dagli ebrei di allora facilmente comprensibili. È carico di riferimenti teologici, intarsiato di citazioni dell’A.T. e presenta la storia di Gesù in modo assai libero. Ma vediamo un po’ se riusciamo a capirci qualcosa.
Essendo nato Gesù in Betlemme “al tempo del re Erode”: una indicazione storica e geografica ben precisa. Non si tratta di una favola. Ecco “dei Magi dall’oriente”. Gesù è venuto non solo per i pecorai della steppa, ma anche per i Magi e cioè per il gran mondo e per tutti i popoli, considerati con disprezzo dagli ebrei, come dei “gojm”, dei paganacci. Fin da questa prima battuta S. Matteo vuol dire ai suoi ebrei che la salvezza non solo riservata ad Israele, ma è per tutto il mondo. È una forte affermazione missionaria che noi missionari della Consolata abbiamo preso per motto: “annunzieranno la mia gloria alle genti”. L’epifania è una festa eminentemente missionaria, che ci spinge a guardare alle missioni. Senza tensione missionaria, la festa dell’Epifania perde significato, devitalizzata.
E domandavano: “Dov’è il nato re dei giudei?”. Domanda ingenua e pericolosa. Le spie del re sono all’erta ed Erode è un re straniero, idumeo, usurpatore, pluriomicida… Ma la sosta in Gerusalemme e il ricevimento a corte è provvidenziale. Interpellati dal sospettoso Erode, i grandi sacerdoti e i dottori della Legge confermano l’origine di Gesù citando la profezia di Michea: “ E tu, Beth-lehem di Giuda, non sei piccolo capoluogo. Da te uscirà il capo che reggerà Israele”. Di fronte a un riconoscimento così autorevole e sicuro sarebbe logico aspettarsi la gioia del popolo che attendeva da secoli questa nascita. Invece i capi stessi del popolo e tutta Gerusalemme si associano all paura di Erode e la città resta inspiegabilmente bloccata, e solo loro, i Magi, gli aborriti pagani, accorrono alla grotta.
Ed ecco la stella che avevano visto al sorgere, li precedeva e si fermò al villaggio. Stella supernova, cometa di Halley, congiunzione di Giove e Saturno, gli astronomi si sbizzarriscono nell’identificarla.. La stella miracolosamente compare e miracolosamente scompare. Miracolosamente precede e miracolosamente si ferma sul villaggio. Ed essi provarono grande gioia. Ma molto più dell’astrologia, ci parla la teologia biblica, ove la stella è segno del Messia. Comicissima l’asina parlante di Balaam, si blocca e l’indovino, forzato da Dio, esclama: “Io vedo, ma non adesso; io contemplo, ma non da vicino: una stella spunterà da Giacobbe e uno scettro si leverà da Israele” (Nm 24,17). E dopo dodici secoli, l’asina e la stella trovano un posta nella casa di Betlemme. Isaia profetizza: Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce”, e dopo sette secoli, arriva da lontano lo stuolo di cammelli.
Già dalla nascita Gesù è respinto dai suoi e riconosciuto dai disprezzati pastori e dai pagani: “ed entrati videro il bambino con Maria”. Un binomio epifanico centrale: Maria e il bambino; anzi, con Giuseppe, un trinomio per ben cinque volte citato da S. Matteo. Non dimentichiamolo mai celebrando l’eucaristia e nella vita così carica di difficoltà: Gesù, Maria, Giuseppe.
“Prostrati in adorazione, offrono incenso, oro e mirra”. L’eucaristia, la santa messa è tutto questo, sta tutta qui. È mirra, perché ci ri-presenta il sacrificio di Cristo. È oro, cioè l’offerta al Padre di tutto ciò che siamo. È incenso, adorazione, preghiera, che ripieni di Spirito santo eleviamo in continuo rendimento di grazie.