Figlio dell’Uomo è un termine usato dai profeti della bibbia per indicare il Messia, il Figlio di Dio. L’evangelista vuol dire che il Figlio dell’Uomo è Gesù.
L’ora, termine sovente usato da Gesù per indicare l’obiettivo di tutta la sua vita: la passione. Durante le nozze di Cana alla Madonna che lo invita a fare il primo miracolo, Gesù le dice: non è ancora venuta la mia ora. Quando Gesù, ricercato a morte, scomparve miracolosamente, l’evangelista dà la spiegazione: Gesù non si è fatto acciuffare perché non era giunta la sua ora. Oggi invece il vangelo riporta l’annuncio di Gesù stesso: è venuta l’ora di essere glorificato.
Ed ecco il terzo termine, la glorificazione. La glorificazione è il momento in cui Gesù compie la sua missione di salvezza, il momento, l’ora in cui il Figlio dell’Uomo Gesù viene messo in croce. È sulla croce l’ora in cui si rivela il grande amore del Padre che ci dona il suo Figlio, l’ora in cui Gesù dona la sua vita per noi.
Afferma ancora Gesù: l’anima mia è turbata; che devo dire: Padre, salvami? Ma per questo sono giunto a quest’ora! E conclude: Padre, glorifica il tuo nome. E si udì nell’alto del cielo una voce come un tuono: “L’ho glorificato e di nuovo lo glorificherò”.
Domenica dopo domenica la quaresima ci presenta l’obiettivo di Gesù: vuole soffrire per salvarci.
Nella seconda domenica lo abbiamo visto trasfigurato tra Elia e Mosé, mentre parlava della sua passione. Nella terza domenica, nel tempio, l’abbiamo sentito proclamare: “Distruggete questo tempio ed io in tre giorni lo risusciterò”, alludendo alla sua morte e risurrezione. Nella quarta domenica, a Nicodemo disse: Come gli ebrei si salvavano fissando il serpente innalzato sul palo, così chi fisserà lo sguardo sul Figlio dell’Uomo innalzato sulla croce, avrà la vita eterna.
Ed oggi ci parla della sua passione con una miniparabola tratta dal mondo agricolo entro cui era immerso.
La storia di un seme è semplice e trasparente. Il seme si perde nei meandri oscuri della terra ove sembra soffocare e ove marcisce per una morte apparentemente irrimediabile. Ecco invece il seme a primavera diviene verdeggiante ed in estate produce una spiga colma di grani. Due sono i poli su cui viene fissata l’attenzione e quindi il significato dell’ora: da un lato il morire, il perdere la vita, dall’altro il produrre molto frutto.
Come il seme morto ha prodotto la spiga, così il Cristo crocifisso “attira tutti a sé”; Gesù salverà gli uomini e darà la vita al mondo “sprecandosi” e consumandosi come il chicco di grano che deve morire per portare molto frutto.
“Chi ama la sua vita la perde”. Non è tanto un invito alla mortificazione di se stessi, quanto un invito a darsi per gli altri, per diffondere il prodigio della salvezza. In questo sapersi spendere per gli altri, per Gesù, c’è il massimo della gloria. E questo per un duplice motivo: primo perché il sapersi “infrangere” come il grano di frumento è la manifestazione più radiante dell’amore; secondo perché di fatto solo l’amore completamente gratuito è convincente.
Il cristianesimo non è la risposta banale alla domanda perché vi è tanto dolore nel mondo e del perché della morte. La croce, la sofferenza di Gesù è la via più difficile da capire, ma ci aiuta a soffrire ed amare chi soffre per attirarlo a Gesù che ha sofferto.
Il sacrificio allora è una legge di vita: senza capacità di soffrire per gli altri, si è e si resta soli. È il vivere per gli altri che once la solitudine umana e la riempie di volti e di persone. Dice Gesù: chi trattiene la vita per sé, la perde; chi la spende in questo mondo, la conserva per la vita eterna.
Diceva il buon Papa Giovani XXIII: “Non so spiegarvi il perché del dolore; so solo dirvi che anche Gesù ha sofferto, anzi fu necessario che fosse innalzato in croce per attirare tutti a se stesso.
Sulla croce Gesù è ucciso come un malfattore; apparentemente è il momento della sconfitta, del più clamoroso insuccesso. Ma sulla croce si apre già l’ingresso del Cristo nella gloria.
“Venne una voce dal cielo: L’ho glorificato e di nuovo lo glorificherò… Io quando sarò elevato, attirerò tutti a me. È la terza volta che risuona la voce dall’alto.
L’abbiamo ascoltata la prima volta nella domenica del battesimo di Gesù. Era la voce celeste che affermava la divinità di Gesù presentato alle folle da Giovanni Battista lungo il Giordano.
L’abbiamo ascoltata la seconda volta nella domenica della trasfigurazione. Era la voce celeste che confermava la missione di Gesù, proclamata da Mosè e da Elia che parlavano del suo esodo. Una voce che era anche un invito: Ascoltatelo!
L’ascoltiamo oggi questa voce che sigilla l’annuncio della gloriosa passione fatta da Gesù stesso.
E la folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono; ma altri dicevano: Un angelo gli ha parlato. Rispose Gesù: “questa voce non è venuta per me ma per voi”.
In ogni eucaristia domenicale vi è il memoriale della morte e risurrezione del Cristo ed anche noi come i greci, come Filippo e Andrea, come la folla tutta possiamo, attratti da Gesù innalzato, vederlo con gli occhi della fede e sentire la voce celeste.
Maria, la Vergine dell’ascolto, la donna ai piedi della croce ci aiuti in questa ansiosa ricerca del suo Figlio glorioso.