“Il primo novembre del 1950, con profonda commozione, scrive il futuro Papa Paolo VI, assistetti alla firma di Pio XII in calce alla Bolla Munificentissimus Deus, che troncava in modo ogni discussione”. “Pronunziamo, dichiariamo, definiamo essere dogma da Dio rivelato che l’Immacolata Concezione, Madre di Dio, sempre Vergine Maria, terminando il corso della sua vita terrena fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo”.
Due gli interrogativi che si pongono alla nostra riflessione: perché Maria fu assunta in cielo; perché la proclamazione di questo dogma.
L’assunzione è una esigenza personale di Maria. Eppure l’assunzione è un fatto della cui storicità o realtà non abbiamo alcuna testimonianza oculare.
Chi ci ha mai detto di aver visto la Madonna salire al cielo con il suo corpo? O quale Tommaso ha mai toccato il suo corpo glorioso? O quando mai Maria ha detto come Gesù “Vedete e verificate… avete qualcosa da mangiare”? o qual veggente può dirci: ho visto e toccatoli corpo glorioso della Vergine Maria?
Eppure il mistero di Maria assunta con il corpo è una verità che affonda le sue radici nella divina rivelazione e sigillata dal magistero della Chiesa.
Cinque le verità che implicitamente ci rivelano la verità del dogma: Maria è la Madre di Dio; Maria è la pienezza di ogni grazia; Maria è concepita immacolata; Maria è intatta nella verginità integrale. Ed ancora Maria è dalla divina provvidenza associata al mistero salvifico di Cristo: in terra per meritare unitamente a Lui, in cielo per intercedere unitamente a Lui.
Lo afferma il Catechismo (964 – 966): “Interamente unita al Figlio suo, fino alla morte ed anche nella assunzione ove è anticipo nella nostra risurrezione”.
Logica quindi la conclusione della Bolla di proclamazione: “L’Assunzione in corpo ed anima è dogma cioè verità divinamente rivelata. Perciò tutti i figli della Chiesa debbono crederlo con fermezza e fedeltà”.
Perché la proclamazione del dogma? Proclamare il dogma dell’assunzione, capite che non conferisce nulla alla Madonna; non è quindi una sua esigenza personale ma è piuttosto un’esigenza per la nostra salvezza. La proclamazione è garanzia della sua intercessione presso il Figlio e il Padre. È il coronamento della sua missione salvifica che continua perennemente, fino alla parusia, ossia fino alla risurrezione finale. Cristo infatti continua la sua missione sacerdotale per applicare a tutti i redenti i benefici della salvezza con la cooperazione celeste di Maria santissima e con quella terrestre della Chiesa.
L’assunzione di Maria è una urgenza della sua missione, a fianco del Redentore sulla terra per meritare, a fianco del Redentore in cielo per dare.
L’assunzione è quindi non un’appendice facoltativa e secondaria per la vita di Maria santissima, a un capitolo essenziale per la sua funzione di mediatrice, come per il Cristo. È un perfezionamento del suo essere , in vista della sua opera di mediazione: “Donna, sei tanto grande che qual vuol grazia e a te non ricorre, sua devianza vuol volare senz’ali…”.
La liturgia di oggi risponde a questi interrogativi, presentando le basi bibliche del dogma.
È Giovanni che nell’isola di Patmos, trasportato in visione nell’alto dei cieli, contempla il segno grandioso, una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle. E ode una gran voce nel cielo: “Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo”.
Ed è il principio dell’incorporamento affermato da Paolo. Come in Adamo tutti muoiono, in Cristo tutti hanno la vita. Cristo è primizia di tutti i frutti della risurrezione. Cristo risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti. Chi più di Maria è stato trascinato nel mistero della vita di Cristo? E per noi l’incorporamento pieno e definitivo al Cristo avverrà alla fine dei tempi. Per Maria è realtà fin dall’inizio della sua vita celeste con la sua assunzione.
È la proclamazione che Elisabetta fa, sotto l’ispirazione dello spirito santo: “Benedetta tu fra le donne. A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?”.
Ma soprattutto è l’umile riconoscimento di Maria santissima che celebra la grandezza e la bontà di Dio: “Grandi cose ha fatto in me… tutte le generazioni mi chiameranno beata”.