E’ urgente quindi prendere provvedimenti cautelativi contro il bellicoso Galileo. Il martedì santo in tutta urgenza viene convocato il consiglio superiore, il Sinedrio con i suoi settantadue membri, rappresentanti di tre categorie: sacerdoti, dottori ed anziani.
Ma Gesù non è opportunista e non teme nemmeno la morte che egli stesso aveva preannunciato per ben tre volte, terrorizzando anche i suoi discepoli.
Incurante degli intrighi politico-religiosi, agli emissari del Sinedrio che lo contestano replica con tre parabole dette parabole di “rottura” per il loro effetto provocatorio. Vogliono infatti essere sì una mano tesa, ma intendono anche inchiodare le autorità del popolo alle loro responsabilità di fronte ad un eventuale rifiuto del messaggio di salvezza.
Già abbiamo meditato sulla parabola dei due figli ribelli e su quella dei vignaioli omicidi.
Oggi il Vangelo ci presenta la terza parabola, che direi completa la rottura dell’alleanza con Dio.
E’ la parabola del banchetto di nozze che, osserva Pronzato, è giocata tutta sulla sorpresa, anzi su tre sorprese.
Prima sorpresa: dato l’obiettivo rifiuto di un popolo tanto beneficato, ci saremmo aspettati un Dio Re che regola i conti, procede ad un rigoroso controllo di bilanci e intercettazioni. Niente di tutto ciò. Gesù propone un banchetto di nozze, simbolo di gioia, richiamo al patto di alleanza.
Seconda sorpresa: si tratta di funzionari favoriti e privilegiati: l’attitudine di rifiuto è ingiustificata e incomprensibile, e dimostra mancanza di delicatezza, anzi tracotanza di fronte a tanta bontà. Così il popolo eletto ha rifiutato il progetto salvifico.
Terza sorpresa: la festa nuziale del Re tuttavia non fallisce. Il banchetto di nozze si apre ad emarginati sulle piazze e nei crocicchi: pezzenti, e straccioni, buoni e cattivi, pubblicani ed adultere, drogati, diremmo noi oggi, e prostitute.
Il Vangelo, la luce, la vita, dice Giovanni, che i suoi non hanno compreso e non hanno ricevuto, trova accoglienza in altri cuori, si estende ad gentes: Antiochia, Efeso, Roma fin nella casa dei Cesari. E a tutti quelli che lo ricevono è concesso “Filii Dei fieri”.
“El roteiro omiletica”, rivista della Chiesa Brasiliana, con riferimento all’assemblea festiva, richiama l’affermazione di Puebla: “L’eucaristia è banchetto, è incontro, è celebrazione, è festa”.
Nel banchetto si assaporano i vari gusti dei cibi e dei vini. Così nell’eucaristia si cerca di gustare ogni singola parola selezionata con cura dalla riforma liturgica. L’attenzione ad ogni particolare può essere bollato di fariseismo, ma per noi una fedeltà creativa è delicatezza di figli del Fondatore che l’ha voluta come eredità che ci caratterizza.
L’eucaristia è anche convito familiare, commensalità con Cristo e i fratelli. L’assemblea fa l’eucaristia e l’eucaristia rinsalda la fraternità. Felice l’intuizione di Ravasi e Turoldo che nella rossa veste nuziale ravvisano la carità fraterna.
L’eucaristia è ancora celebrazione gioiosa e non semplice accostamento di riti e di persone, ma comunione con Cristo. All’eucaristia non si assiste semplicemente, ma si partecipa attivamente. Tutti ne sono coinvolti, ognuno secondo il proprio ruolo complementare in una armoniosa coralità di servizi.
Così l’eucaristia diventa festa, gioia, canto, veramente come un banchetto di nozze allettante, come quello di Cana ove c’era la madre di Gesù e con il Maestro parteciparono i discepoli che da quel momento credettero in lui.
Pronzato cita l’intuizione di un autore che spiega il rifiuto dell’invito perché frainteso come partecipazione a un funerale. E commenta: “Proviamo a domandarci: il clima delle nostre assemblee liturgiche rivela che siamo seduti attorno ad una mensa per festeggiare le nozze del Figlio di Dio, oppure compiamo una mesta, pesante, noiosa cerimonia standardizzata?".