La liturgia cristiana è celebrazione del mistero pasquale e con l’Eucaristia siamo nel cuore del significato della morte cristiana.
La morte diventa una celebrazione, memoria, cioè, del mistero pasquale che si realizza e la presenza del Cristo risorto che si rinnova.
L’invocazione dello Spirito Santo realizza questo mistero in noi, infonde forza e luce ai superstiti e unisce nella stessa sorte del Cristo i defunti.
Non è possibile arrestarsi nello scoraggiamento perché ciò che noi crediamo diventa realtà nella celebrazione per opera dello Spirito Santo.
La liturgia esequiale è un arrivederci gioioso.
Fratelli, dice l’apostolo, la nostra patria è nei cieli e di là aspettiamo il nostro Salvatore Gesù Cristo il quale trasfigurerà il nostro corpo per conformarlo al suo corpo glorioso.
È l’attuarsi del mistero che l’epifania racchiude la nostra manifestazione: che cioè siamo chiamati in Cristo a partecipare della stessa eredità promessa.
È il richiamo frequente della preghiera eucaristica alla beata speranza, alla grazia di partecipare alla vita eterna con la Beata Vergine e tutti i santi.
Al giornalista del Corriere della Sera Cavalleri, in occasione della morte della mamma, il card. Albino Luciani diceva: la morte fa parte della vita. È il segno che noi viviamo per ritornare a Dio. Pensate che vostra madre è in cielo. Consolatevi.
La nostra Mamma Consolata è in cielo. Là ci attende un gran numero di nostri cari, dei nostri confratelli, sicuri della propria felicità, trepidanti per la nostra salvezza aneliamo alla patria di lassù, dice Agostino, Francesco giaceva infermo sul letto ma distese braccia e mani con somma devozione e reverenza al Signore, nell’empito della gioia dello spirito e della carne, esclamando: “Ben venga sorella morte”.
Vi è nella storia dei santi un episodio commovente: il dialogo di Monica morente con i figli Agostino e Saturnino. “Era ormai vicino il giorno in cui Ella sarebbe uscita da questa vita, giorno che tu conoscevi, mentre noi ignoravamo. Avvenne una volta che io e lei ce ne stessimo appoggiati al davanzale della finestra, ad Ostia. Parlavamo soli con grande dolcezza, ci protendevamo verso il futuro, e mentre così parlavamo questo mondo con tutti i suoi piaceri perdeva ai nostri occhi ogni suo richiamo. Mia madre mi disse: Figlio, quanto a me, io non trovo più nessuna attrattiva per questa vita; non so che io stia ancora a fare quaggiù: Dio mi ha esaudito? Che sto più a fare qui?”. Intanto nel giro di cinque giorni o poco più si mise a letto. Vedendoci sconvolti per il dolore disse: “Seppellirete vostra madre qui”. Mio fratello disse che desiderava vederla chiudere gli occhi in patria. Al sentirlo fece un cenno di disapprovazione: “Senti che cosa dice? Seppellirete questo corpo dove meglio vi piacerà, non voglio che ve ne diate pena. Soltanto di questo vi prego, che dovunque vi troverete vi ricordiate di me all’altare del Signore”. Quando ebbe espresso come poté questo desiderio, tacque.