Stava per concludersi la seconda tappa del ministero di Gesù. Alla giornata delle parabole era seguita una giornata di grandi miracoli: una burrasca si era calmata ad un suo comando, una donna emorroissa era guarita al suo tocco, una giovinetta era stata risuscitata. La sua fama si era diffusa in tutta la Galilea.
Chi era questo Gesù?, si domandava la folla; come mai è così autorevole la sua parola e così prodigioso il suo tocco che ridà la salute e la vita?
E Gesù tutto condizionava alla loro fede, condizione necessaria per poter agire: non avete ancora fede, dice agli apostoli impauriti; continua ad avere fede dice al capo della sinagoga; figlia, la tua fede di ha salvata, assicura all’emorroissa.
Lasciato quindi il centro commerciale di Cafarnao sulle rive del lago di Galilea, dopo un decina di kilometri lungo la via imperiale, si addentra nel suo villaggetto. Essendo giorno di sabato, partecipa all’assemblea festiva nella sinagoga. È un rabbi stimato e il capo sinagoga, dopo la professione di fede dell’assemblea e la lettura in ebraico delle Scritture lo invita a commentarla. E Gesù tradusse il passo in aramaico, la lingua corrente; poi arrotolò il volume e sedette; ed egli commentò il brano del profeta Isaia applicandolo a se stesso e alla sua missione.
La prima reazione dei presenti fu di stupore e di ammirazione: chi gli ha data tanta sapienza? Quale ispirazione occulta, inspiegabile vi è in lui? Come valutare i prodigi delle sue mani, mani d’oro sì, ma pur sempre mani callose da carpentiere? Interrogativi che come momento culminante non potevano che sfociare in un atto di fede e di accettazione del suo essere divino.
Ma Gesù riferendosi alla sorte degli antichi profeti, aggiunse che non avrebbe potuto compiere nella sua città gli stessi prodigi che compiva altrove; e la motivazione che lo bloccava era la loro incredulità. A quelle parole la sorpresa si trasformò in ostilità. Si scandalizzavano di lui: non ha parenti prestigiosi, non ha titoli accademici, ha sempre condotto una vita normale come noi. Come possiamo dargli credito?
Amara la constatazione di Gesù: non vi poté operare nessun prodigio. E allo stupore della gente si contrappone il suo: si meravigliava della loro incredulità. L’assenza di fede è come una sclerosi spirituale, paralizza la potenza di Gesù, anzi lo esclude persino dalla sua stessa comunità, dalla sinagoga.
Luca scrive che i nazaretani, pieni di sdegno per le sue parole, lo cacciarono fuori dalla città, sul ciglio del monte per buttarlo giù dal precipizio. Ma Gesù passò tranquillamente in mezzo a loro e se ne andò. Ed ancor oggi a Nazareth vi è una roccia chiamata “salto del Signore” o collina del precipizio e accanto la devozione popolare eresse la cappella della Vergine del Timore; la paura di Maria per il linciaggio della folla.
Un rifiuto che anche oggi si fa attuale ogni qual volta che il Papa passa, dopo le solenni accoglienze, a dettare orientamenti per il vivere sociale. Perché la Chiesa condanna il divorzio e l’aborto che lo Stato depenalizza? Perché la Chiesa resiste alle applicazioni della ricerca biologica: provetta, fecondazione, clonazione, dolce morte? Da dove le viene il potere per ingerirsi nelle decisioni degli Stati riguardanti giustizia, moralità, sanità?
Le dure constatazioni di Gesù pronunciate durante l’assemblea fanno riflettere chiunque partecipa all’incontro eucaristico ed ascolta la Parola di Dio. Parole che fanno innanzitutto riflettere il sacerdote che celebra e a cui Giovanni Paolo II rivolgeva l’esortazione: “Dovete celebrare in modo bello e degno, con tale raccoglimento e devozione che i fedeli avvertano la grandezza del mistero che si compie. Dovete come Gesù trasmettere la Parola di Dio con sapienza e autorevolezza ed in modo adeguato e comprensibile”. Lasciate cioè trasparire il mistero, sappiate stupire. Parole che fanno riflettere anche il singolo fedele e lo invitano a partecipare con fede ed accogliere, non solo ascoltare la parola del sacerdote con stupore, senza condizionamenti.
Non una breve eccitazione che non trova la strada del cuore, ma come Maria, maestra di stupore che si stupiva e non capiva, ma meditava, ruminava tutte queste cose ne3l cuor suo. Osserva Gregorio di Nissa: “Conservare e meditare la Parola di Dio, ma, attenzione, sempre nel cuore, perché ci sia dato di conservarne lo stupore. I concetti creano idoli, lo stupore coglie il mistero”. Come gli apostoli nel cenacolo: assidui nell’ascolto della Parola di Dio e nello spezzare il pane.