È quindi il mistero dell’incarnazione che fa scandalo. Non solo appare loro incredibile e inconcepibile, ma anche irriguardoso in confronto alla maestà divina. La carne, la sua umanità, che vuol essere l’espressione della presenza amorosa di Dio, per loro, giudei, diventa un diaframma, un inciampo per la fede.
Allorché il discorso di Gesù dal significare una cosa, il pane, passa ad indicare una persona, Gesù, il desiderio degli ascoltatori si trasforma in rigetto e l’ascolto si volge in mormorazione. I giudei mormoravano e ne avevano ben d’onde. Tutto sembrava giustificare quell’obiezione e quell’insofferenza. Si trattava di dar credito all’inaudita affermazione di Gesù: “Io sono il pane del cielo, disceso dal cielo”, quando era sotto gli occhi di tutti la sua costituzione terrena e i segni di una origine umana che non può certo venire meno.
Gesù non scioglie quanto gli viene contestato e sembra quasi riconoscere la plausibilità. E, quasi ad indicar loro la via, afferma: “nessuno può venire a me se non lo attira il Padre che mi ha mandato”. Per questo anche la preghiera eucaristica è tuta e solo rivolta al Padre: Padre santo mandaci, Padre santo accetta, Padre misericordioso ricordati. Ma anche noi poniamoci oggi i due interrogativi dei giudei: come è possibile che questo pane sia un pane che dà la vita? Quale incidenza ha nella nostra vita questo pane di vita? Un pane che è vita e che da vita. Certo, ci vuole tanta fede! Un bocconcino di pane diventa il Corpo di Cristo! Un sorso di vino che diventa il Sangue di Cristo!
E sia nell’ostia, come nel vino, tutto intero, Gesù Cristo in corpo, sangue, anima, divinità, realmente e sostanzialmente presente e vivo. Così solennemente afferma il catechismo. Cosa assurda, dirà il mondo della scienza, belle favole insinua il mondo della letteratura. Eppure, in due mila anni, quanta gente di ogni ceto ci ha creduto; quanti miracoli scientificamente documentati si sono verificati; quanti uomini e donne di ogni categoria si sono ispirati a questo pane di vita per dare un significato alla propria vita e dedicarla agli altri!
L’assurdo è pensare che tutto ciò sia una illusione di massa, un frutto di pura fantasia collettiva, universale, millenaria! Ci metteremmo sullo stesso piano dei giudei che pur avendo visto numerosi e strepitosi miracoli, come la moltiplicazione dei pani e pesci, si scandalizzavano della sua origine: ma costui non è forse il figlio di Giuseppe il carpentiere?
I giudei infatti conoscono tutto degli umili natali di Gesù, della sua gioventù, del tenore di vita della sua vita passata e quindi si domandavano: ma come è possibile che sia pane di vita?
Anche noi possiamo affermare: ma di quest’Ostia, di questo Vino noi conosciamo tutto, colore, sapore, provenienza, lavorazione, composizione chimica… com’è possibile?
Tentiamo un’analogia con il cammino attuale della scienza. Pensate alla meravigliosa scoperta del DNA, del genoma umano che racchiude nel microcosmo tutto lo sviluppo dell’essere umano; pensate alle susseguenti manipolazioni genetiche, più o meno permesse sulle cellule embrionali e staminali, sulle clonazioni. Eppure la scienza dichiara la sua impotenza attuale a creare vita nonostante tute le mostruosità dell’ingegneria biogenetica che sconvolgono i valori dell’etica. Solo Dio onnipotente e creatore è datore di vita.
Già in Maria santissima sconvolge le leggi della natura e senza concorso di uomo pone il prodigioso DNA dell’uomo – Dio, Cristo Gesù. Nulla, disse l’angelo a Maria, è impossibile a Dio. E sconvolgendo le leggi non potrà ora fare di un pezzo di pane e di una goccia di vino il corpo e il sangue di Cristo? Un prodigio operato per la prima volta nell’ultima cena quando Gesù disse agli apostoli: questo è il mio corpo; questo è il mio sangue. Un prodigio che Gesù ha voluto si ripetesse ordinando agli apostoli: fate questo in memoria di me. Ed in forza di questo invito, ogni sacerdote, ripetendo i cinque gesti di Gesù, rinnova il prodigio: questo è il mio corpo dato per voi, questo è il mio sangue versato per voi.
Qual è l’incidenza del pane di vita nella nostra vita? È il secondo interrogativo cui possiamo rispondere riflettendo sulla prima lettura di Elia e sfogliando la vita dei santi. Elia, perseguitato, si sentì deluso ed angosciato: basta, Signore, prendi la mia vita. Ma l’angelo lo toccò e gli mostrò una focaccia ed un orcio d’acqua e gli dice: Alzati e mangia. Si alzò, mangiò e bevve. Con la forza di quel cibo camminò fino al monte di Dio. Ad ogni credente, lungo il cammino di questa terra, Dio pensa di offrire un dono che dà forza e coraggio: Io sono il pane vivo, vero, santo, disceso dal cielo. Il pane che il Padre vi dà per la vita: chi mangia di me avrà la vita.
L’eucaristia è il dono più bello di Gesù agli uomini. È il cibo dell’anima. I santi e le sante lo hanno capito; lo hanno capito tanti cristiani e missionari, e con la forza di questo cibo hanno trovato il coraggio di dedicare tutta la propria vita per gli altri ed anche offrirla in sacrificio.
Con Maria accogliamo anche noi il pane di vita disceso dal cielo che il Padre ci dona per mezzo dello Spirito santo.