La narrazione della vicenda di Gesù secondo il nostro caro compagno liturgico, Marco, segna una svolta critica e potremmo dire storica, geografica, apostolica, teologica.
Geograficamente termina il periplo missionario attraverso il nord della Palestina e termina anche la fase apostolica della Galilea. Gesù punta verso il luogo dove si compirà il mistero della morte e risurrezione e si accinge ad affrontare il giudaismo nel suo centro politico e religioso. Osserva Marco: S’incamminò decisamente, con volto “duro” ( in greco).
Apostolicamente termina la predicazione alle masse per dedicarsi prevalentemente alla formazione dei dodici e prepararli alla tragedia dei tre giorni della passione. La folla fa quasi da sfondo, in secondo piano.
Teologicamente l’accento dei discorsi di Cristo è posto più che sulla sua messianicità, sulla sua divinità e ben l’abbiamo visto nella confessione di Pietro e nella trasfigurazione. Cristo è Messia, Cristo è Figlio di Dio, ma precisa Marco, e lo dice per ben quattordici volte, è il Figlio dell’Uomo, l’uomo che conosce il soffrire, secondo il profeta Isaia e secondo il libro della Sapienza.
Tre gli annunci della passione che Marco riporta. Annunci espliciti e marca in un crescendo progressivo: al cap. 8 vers. 31-33, al cap. 9 vers. 31-32, al cap. 10 vers. 32-34.
Al termine di ogni annuncio Marco evidenzia la reazione negativa degli apostoli: scandalo, incomprensione, paura. E ad ogni annuncio Gesù indica come aderire e coinvolgersi nel suo tragico destino, aprendo tuttavia sempre uno spiraglio di luce: risorgerò. Chi vuol venire, prenda la sua croce.
Il primo annuncio è quello di Cesarea. Gesù inizia la rivelazione scioccante. Osserva Mc.: “Incominciò ad insegnare loro apertamente; il Figlio dell’Uomo dovrà soffrire molto; anziani, sacerdoti e capi, lo condanneranno”. Immaginate il trauma della pacifica comitiva dei 12, tanto affezionati al loro Maestro, tanto fiduciosi nel Messia atteso. Condannato in piena forma dalla classe dirigente sia politica che religiosa. Addio sogni.
Laconico, sobrio, telegrafico al capitolo nono, il secondo annuncio. Scrive sempre il nostro Marco: “Gesù preparava i suoi discepoli insegnando: il Figlio dell’Uomo, sarà consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno. Ucciso, dopo tre giorni, risorgerà”.
Tragico, dettagliato, ricco di particolari il terzo annuncio al capitolo decimo. Vi sono elencati con ordine preciso nella loro successione momenti e scene della passione. “Voi sapete che stiamo andando
a Gerusalemme; là il Figlio dell’Uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e ai magistrati. Essi lo condanneranno a morte e dopo lo consegneranno alle autorità pagane. I pagani gli rideranno in faccia, gli sputeranno addosso, lo prenderanno a frustate e lo uccideranno. Ma dopo tre giorni risusciterà”.
Tre annunci in tre capitoli successivi, negli stessi versetti, ai soli dodici. Tutto da vedere come la preoccupazione di Marco sia di far comprendere l’importanza decisiva ed inalienabile della morte e risurrezione, per esserne coinvolti.
A questo ripetersi di una così fosca previsione, la reazione dei dodici non poteva che essere negativa. Il loro stato d’animo è angosciante: le pur misurate parole di Mc lo rivelano: “Sbigottiti, paurosi, scandalizzati”.
Al primo annuncio è Pietro, conscio del suo primato, che reagisce violentemente: lo piglia in disparte e lo rimprovera e di risposta si piglia un insulto: Satana, vattene, dietro di me.
Al secondo annuncio tutti i discepoli sono bloccati: non comprendono e non osano chiamare spiegazioni, hanno timore.
Al terzo annuncio il clima di tensione va alle stelle: “Erano sbigottiti e alcuni avevano veramente paura”.
Nonostante la prospettiva della risurrezione, sofferenza, fallimento, peggio la morte e che morte, non fanno parte dei loro piani e non riescono a digerire la profezia. Anzi subito dopo la profezia, si mettono a discuter e litigare per poter essere al primo posto nel regno sognato. Forse le parole di Giacomo riflettono il ricordo doloroso di questa scena di gelosia e di contesa.
E Gesù, prendendo un bambino come immagine del più indefesso, ripete per ben quattro volte il verbo della solidarietà: chi accoglie, chi accoglie, chi accoglie, accoglie il debole, Gesù, il Padre.
Diceva Giovanni Paolo II: “Siamo particelle dell’infinito tesoro della Redenzione del mondo. La Vergine addolorata si accosti a noi nella sofferenza, ci prenda per mano e ci aiuti a salire e a sostare presso la croce” (Castelgandolfo 20 settembre 1994).