Protagonista in Marco è un personaggio influente, molto ricco, fedele all’osservanza dei comandamenti fin dalla sua giovinezza, desideroso di possedere la vita eterna e Gesù, maestro buono, ne riconosce l’impegno e ne assicura la salvezza eterna.
Ma quel tale non si accontenta, desidera andare oltre, vuole un di più, come diciamo oggi.
Affascinante lo sguardo di Gesù: “Intuitus, dilexit” lo amò.
Ebbene dice Gesù, per andare oltre, a te, che vuoi la perfezione, manca una sola cosa, un progetto radicale di vita comunitaria: va, vendi tutto, dallo ai poveri, vieni e seguimi. Vendi tutto e dallo ai poveri nemmeno alla casa comune di 12, anche quella destinata ai poveri; del resto alla sequela di Gesù vi erano anche le donne che provvedevano alle varie esigenze.
Obiettivo non è la povertà, la sequela di Cristo, far parte dei dodici che stanno con Gesù per andare. La povertà è il portale di accesso allo stare con Gesù, al vivere con i fratelli.
Il diritto canonico proponendo i tre consigli della vita religiosa li considera mezzi; l’obiettivo è lo stare con Cristo, la vita di fraternità (573), praticare i consigli evangelici con l’aiuto dello Spirito Santo per seguire più da vicino Gesù e tendere alla perfezione della carità.
E il primo mezzo è appunto la povertà. La povertà facilità castità e obbedienza e rende la fraternità possibile e serena.
Il Fondatore, basandosi sul vangelo di oggi afferma: “La povertà è il primo fondamento per la perfezione” e nella professione religiosa mette in primo luogo il voto di povertà su cui aveva a lungo meditato con il confondatore.
La povertà è madre e generatrice di tutte le virtù, le partorisce, le genera, le accresce.
Dall’attenta pratica di questa virtù dipende l’avvenire e lo spirito di tutta la nostra comunità.
Un giorno un frate chiese a Francesco un salterio. E Francesco:”Quando avrai un salterio bramerai un breviario, quando avrai un breviario cercherai uno stallo; quando, come un grosso prelato, sarai in uno stallo dirai al fratello: portami il mio breviario”.
Soltanto il vero spirito di povertà garantisce profondo rispetto e amore per gli altri.
Oggi più che un progetto possiamo fare una revisione di vita. Siamo veramente poveri? Domanda oziosa “per voi”. La povertà di molti religiosi, scriveva Guardini, non è che una pia imbellettatura di una vita comoda ed agiata, acrobati sul filo della povertà, circondati, a preferenza di altri e con i debiti permessi, da tutto un armamentario di cose superflue.
Ed ora pensando al progetto personale di vita che è premessa al progetto comunitario, permettetemi una riflessione del tutto personale, ad usum delphini, cioè adatta alle nostre particolari situazioni.
Mentre il lento e progressivo depauperamento organico ed intellettuale, spinte o sponte va emarginandoci da tutti i beni materiali, impegniamoci ad accogliere con serenità l’invito veramente radicale di Gesù: Lascia tutto, vieni e seguimi, nel regno del Padre mio; là find’ora vi è un vero tesoro, un posto speciale che ho preparato apposta per te.
Facciamo nostra la preghiera del superiore generale nella lettera sull’uso dei beni: prego che la povertà diventi la nostra gioia e il nostro amore: la Consolata, la povera che canta il magnificat degli umili e degli affamati aiuti tutte le nostre comunità ad attuare lo spirito di povertà radicale voluto da Padre Fondatore per essere veri missionari, testimoni visibili e credibili.