Solennita’ di Gesu’ Cristo Re dell’universo

Published in Domenica Missionaria

“Io sono Re.. Il mio regno non è di questo mondo..”. Gv. 18,33-37

In quest’ultima domenica dell’anno liturgico, la Chiesa ci presenta Colui che è “l’Alfa e l’Omega”, il “principio e la fine”: Colui che ricapitola tutte le cose della storia del mondo: il “primogenito di ogni creatura”: Cristo Gesù, Re dell’universo.

/ Quando il Papa Pio XI istituì la festa di Cristo Re, (l’11 Dicembre 1925), il motivo più sentito era questo: proclamare il primato di Cristo sui regni della terra, che si andavano sempre più apertamente dichiarando ostili o neutrali di fronte alla fede e alla Chiesa. C’era implicita una certa contrapposizione tra il mondo e la Chiesa. Poi è venuto il Concilio Vaticano II e ci ha dato un’immagine alquanto diversa della Chiesa: non più una Chiesa “accusatrice” del mondo, ma una Chiesa “per il mondo”, aperta e in dialogo con il mondo, compreso quello politico di ispirazione non cristiana. Il risultato è stato l’imbarazzo e il silenzio.

/ Pertanto Gesù di Nazareth si è presentato come Re, ma non solo ammise di essere Re, ma dichiarò che era venuto nel mondo proprio per affermare questa sua dignità. Tuttavia disse pure che “il suo Regno non è di questo mondo”, non fa alcuna concorrenza ai regni terreni. Il Regno di Gesù non è fatto di urli sulle piazze, ma di cambiamenti dei cuori e di disponibilità alla fraternità. Durante la sua vita pubblica, Gesù ha badato con cura estrema che non si potesse dare un’interpretazione “politica” alla sua missione. A parecchie riprese, specie dopo i miracoli, la folla lo vuole fare re, ma ogni volta Egli si sottrae. Accetterà tuttavia l’omaggio, prima di morire, nel giorno delle Palme.

/ Il Vangelo di Giovanni è guidato, dall’inizio alla fine, dall’idea di un “processo”: il processo tra la luce e le tenebre, tra la fede e l’incredulità, tra Gesù e il mondo. Il processo poi davanti a Pilato, è la drammatizzazione e l’epilogo di questo processo. Nel brano di Giovanni che leggiamo nella festività odierna, e in particolare in tutto il racconto della Passione di Gesù, viene di continuo affermata la superiorità di Cristo, soprattutto nel processo romano: nessuno ha potere su di Lui. Si consegna volontariamente alla morte quando giunge la “sua ora”. La regalità di Gesù si manifesta soprattutto nella passione, e la morte è il momento culmine della regalità e della glorificazione di Cristo: “Padre, glorifica il tuo Figlio”(Gv.17,1).

Inoltre sempre nel racconto della Passione, Giovanni parla 12 volte di Gesù come “Re”, un re emblematico. Questo re sul piano della storia è un re da burla, e con arte Giovanni fa esplodere il tema della regalità di Gesù attraverso i suoi classici “doppi sensi” e anche con l’ironia. Mostra Gesù con una corona di spine e un mantello di porpora, segni evidenti del potere regale, usati qui con chiari intendimenti di parodia!. E' adorato dai soldati in maniera ironica, e Pilato presenta Gesù al popolo nella foggia di re da burla. Ad un certo punto del processo, Giovanni, giocando sul verbo “sedere”, suggerirebbe l’idea che Pilato avesse ironicamente “fatto sedere” Gesù su un tribunale, nel senso che lo “installò sullo scranno”, il seggio del supremo potere del mondo, con la corona e il mantello di porpora, dicendo a tutti, suo malgrado: “Ecco il vostro re”.

/ Ma agli occhi dell’evangelista, colui che sembra essere “giudicato”, in realtà è colui che “sta giudicando” l’umanità. Anche agli occhi dei credenti, questo Cristo paziente e sofferente è il vero Re, colui che libererà l’uomo dal male, dalla violenza e dall’ingiustizia. Gesù è Re a motivo della sua “elevazione”, e prefigura la sua collocazione alla destra del Padre: “Quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me”.

/ Dopo una lunga farsa amara, Pilato decide la condanna alla morte di croce, sia pure contro coscienza. Poi sarà costretto a fare il “profeta” anche con quel titolo sulla croce: “Gesù nazareno, re dei giudei”. E’ la grande proclamazione regale di Cristo che viene lanciata a tutto il mondo. E’ scritta in tre lingue: in ebraico, in greco e in latino, affinchè il messaggio diventasse una grande professione di fede e una proclamazione mondiale della regalità di Cristo.

/ Nella condanna di Pilato, lo storico legge la “morte”, il credente vi legge invece l’adempimento della vera missione di Gesù, il suo trionfo. Cristo regna e trionfa dalla Croce. Gesù non regna “dominando” mediante un potere dall’alto, bensì regna “attraendo”, facendo risplendere in sé l’amore di Dio per l’umanità peccatrice. Così Gesù è capace di attirare a sé chiunque, attraverso la mediazione della Croce, sa leggere la certezza di essere amato da Dio. Il mistero della regalità di Cristo è il mistero della nostra regalità: iscritti mediante il Battesimo, in Cristo per noi morto e risorto, siamo entrati a far parte di un popolo regale.

/ Nella Bibbia i termini: “regnare, re, regno” indicano l’interesse “paterno” di Dio alla creazione: il rendere “giustizia” a tutti, il difendere la condizione più disagiata dei deboli e dei poveri.

Con la sua vita e con la sua predicazione, Gesù ha reso testimonianza a queste caratteristiche del “regnare di Dio”. I suoi miracoli, le sue parabole, il suo chinarsi sull’uomo fragile e peccatore, sono l’espressione più viva e concreta dell’amore con cui Dio si interessa delle sue creature.      

/ Non possiamo, in questa festività, tacere la lotta, a volte latente, che oggi si conduce contro Cristo e la sua Chiesa, e denunciare quei regimi politici che sotto il pretesto di fare gli interessi del popolo, schiacciano la più elementare e la più sacra delle libertà: quella di credere in Dio e di vivere conformemente a questa fede. E che dire poi del programma di scristianizzazione e di ateizzazione della società laicista, condotto attraverso la stampa e la televisione? Nonostante tutto, contro tutte le potenze ostili a Cristo che operano nel mondo, dichiariamo con fermezza: “non prevarranno”!

Il processo fatto a Cristo è già chiuso, scontato, la sentenza l’ha pronunciata Cristo stesso: “Io ho vinto il mondo”. La battaglia che si fa a Cristo e alla sua Chiesa, è persa in partenza, ed è una battaglia stolta, perché contro gli stessi che l’hanno ingaggiata!            

/ James Russel Lowell(+1891): “La Verità sta sempre sul patibolo, il torto sempre sul trono. Ma quel patibolo governa il futuro, e dietro l’ignoto tenebroso, nell’ombra, Dio sta di guardia a proteggere i suoi”.

Nell’oscurità della storia che umilia la Verità, Dio si erge silenzioso e lentamente svela quale sia la vera meta, quale regalità suprema e quale trono di gloria possa essere quella Croce e quale fiducia e speranza abbiano coloro che a quella Verità si affidano.

/ Pertanto è sulla Croce che Gesù manifesta meglio la sua regalità. Difatti sopra quel volto sofferente, stava la scritta ad indicare che Chi moriva era un Re. Il buon ladrone ebbe l’intuito di comprendere, attraverso quel volto dolorante, la “maestà regale”: e allora disse a Gesù: “Ricordati di me, quando sarai nel tuo Regno”. E Gesù: “Oggi, sarai con me in paradiso”(Lc.23,42). E così il dolore divenne felicità.

Gesù Cristo regna dalla Croce, e Maria, Regina accanto al Figlio, ci aiuti ad essere suoi testimoni.

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