“In verità vi dico: questa vedova ha dato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere”. Mc. 12,38-44
La s. Scrittura, soprattutto nell’insegnamento dei profeti, esorta l’israelita a rispettare ed aiutare l’orfano, la vedova e il forestiero: tre categorie di “poveri” maggiormente esposte alle durezze della vita sociale, di allora e di sempre. I protagonisti che incontriamo oggi nelle letture sono 4: il profeta Elia, Gesù, e 2 povere donne vedove, quella del tempo di Elia e l’altra contemporanea di Gesù.
Pertanto, due povere vedove senza nome, sono al centro della liturgia di questa Domenica.
/ L’ospitalità e la fede della vedova di Zarepta, che non esita a condividere con l’uomo di Dio, quel minimo di sostentamento che le è rimasto, e viene compensata dal miracolo di Elia, della farina e dell’olio; e l’umile generosità della vedova del Vangelo che, non osservata, passa davanti alla cassa delle elemosine del Tempio e vi mette dentro tutto quello che aveva, tutta la sua vita, tanto da meritare da Gesù, un elogio che non ha l’eguale. Sono due scene di una semplicità estrema e cariche di significato religioso e spirituale.
/ L’episodio della vedova di Zarepta è un episodio a lieto fine; quando quella donna decide di privarsi del suo ultimo boccone per darlo al profeta, avviene il miracolo: la farina non viene mai meno nella giara né l’olio nell’orciolo, finchè tutti sono sazi. In quel caso, Dio ha ripagato subito la fiducia riposta in Lui, secondo il Salmo: “Il Signore dà il pane agli affamati; egli sostiene l’orfano e la vedova”.
/ L’episodio della vedova del Vangelo, non è allo stesso modo a lieto fine. Nel Tempio Gesù osserva la gente: non è per niente impressionato dalle persone molto importanti, vestite lussuosamente che versavano grosse somme di denaro; né dai sacerdoti per le loro preghiere pubbliche; né degli scribi, esperti conoscitori della Legge, ma è impressionato da una povera vedova, vecchia, grinzosa, malaticcia e molto esile, che passa, offre i suoi ultimi spiccioli e se ne va. Non c’è nessun miracolo, il suo gesto si consuma nell’oscurità della fede tra lei e il suo Dio. Ma il suo gesto e il suo sacrificio, è stato notato da Qualcuno, e possiamo essere certi che quei due, Gesù e la vedova, si sono di nuovo incontrati nel Regno di Dio e lì la vedova ha ricevuto il premio della vita eterna.
/ Da notare che ai tempi di Gesù, la donna e la vedova erano delle persone che contavano nulla, e Gesù addita alla nostra distratta attenzione, il gesto di una persona che agli occhi del mondo non contava nulla. Allora Gesù chiamò a raccolta i suoi discepoli; in mezzo a tutta quella pompa e a quelle cerimonie, tra l’oro e l’argento, le cappe e i mantelli, le mitrie e i pastorali, i libri e le carte polverose, Egli additò loro quella donna e disse: ”Ha dato tutto quello che aveva”. Un semplice atto di amore fu considerato più grande di ogni altra cosa al mondo, l’unica cosa vera e decisiva.
/ La generosa prestazione di queste due vedove è ancora più notevole se la si confronta con l’atteggiamento dei ricchi che, quasi a contrasto, il racconto oppone ad esse.
Da una parte(I lettura), l’empia regina Gezabele che vive nel lusso e nella ricchezza, disprezzando i poveri; dall’altra i ricchi scribi (Vangelo)che “divorano le case delle vedove” e sono sempre alla ricerca dei primi posti.
/ Gesù denuncia il peccato di ostentazione degli scribi che insieme con i farisei erano riusciti a imporre ben 24 tipi diversi di imposte in denaro o in natura da pagare al Tempio, mettendo i più poveri davanti all’alternativa continua o di soffrire la fame o di trasgredire la Legge! Dietro l’ostentazione, è dunque l’oppressione del povero che Gesù denuncia, osservando quella volta, coloro che nel Tempio sfilavano davanti a Dio: l’oppressore e l’oppresso, il divoratore delle case delle vedove e la vedova stessa, e rivelando da che parte sta Dio!.
/ Nel momento in cui Gesù denuncia la corsa ai primi posti, si prepara a essere messo nel rango dei malfattori, proprio all’ultimo posto. Non è il “quanto” ma il “come” conta presso il Signore; non l’ostentazione di quello che si ha e magari si dona, fanno l’uomo grande, ma l’amore che esso esprime e manifesta. Il Signore non misura in cifre quello che doniamo, lo misura in amore.
/ Queste sono cose attuali e peccati della nostra società che non si accusano mai! Usura, imposizioni, prezzi disonesti, affitti di case esorbitanti, si ruba con i guanti e si crede di rifarsi una onorabilità sociale e religiosa con vistose elargizioni di beneficenza!. Si crede di cancellare i furti fatti alle persone, con donativi fatti a Dio, con soldi rubati!
Chi si accusa di queste cose? Noi dobbiamo dirle queste cose non piacevoli; non farlo, significherebbe tradire il Vangelo, renderlo innocuo, ma anche sterile e non credibile!.
/ Gesù ci propone oggi di imitare la vedova; imitarla non tanto nel dare a Dio gli ultimi spiccioli, quanto nell’avere fiducia in Lui, nell’offrirgli tutto ciò che abbiamo, magari gli stenti e le ansie per il pane quotidiano. E di non imitare gli scribi che divorano le case dei poveri, di porci dei limiti al profitto, anche a costo di rimanere indietro rispetto ad altri meno scrupolosi.
/ E’ significativo che questo gesto della vedova venga collocato proprio a questo punto del Vangelo: Gesù infatti sta per offrire tutto se stesso e dare la sua vita, dopo aver conosciuto la più profonda umiliazione della Croce. Gesù additando ai suoi discepoli l’offerta del povero, prefigura l’offerta che egli stesso farà del proprio Corpo e del proprio Sangue, sotto gli umili segni del pane e del vino.
Con il suo obolo, la vedova offriva a Dio tutto quello che aveva per vivere. Due povere vedove, due gocce d’acqua in un mare sconfinato. Ma anche gli oceani sono fatti di gocce d’acqua!
/ “Vi sono alcuni che danno poco del molto che hanno, e per essere ricambiati, e questo desiderio segreto avvelena il loro dono. Vi sono altri che hanno poco e lo danno tutto. Essi credono nella vita e le loro mani non sono mai vuote. C’è chi dà con gioia, e questa gioia è la sua ricompensa. C’è chi dà con rimpianto, e questo rimpianto lo rattrista… Tutto quanto possiedi sarà dato un giorno. Per questo dà oggi, perché la stagione dei doni sia tua e non dei tuoi eredi”. (K. Gibran).
< S. Basilio Magno ha scritto:“ Il pane che sopravanza sulla tua tavola è il pane dell’affamato; il vestito appeso nel tuo armadio appartiene a colui che è nudo; le scarpe che tu non porti sono le scarpe di chi è scalzo; il denaro che tieni nascosto è il denaro del povero; le opere di carità che voi non compite sono altrettante ingiustizie che voi commettete”.
/ “Se aspettiamo di essere ricchi, prima di diventare donatori, moriremo nell’indigenza. Spalanca la tua povertà sulla miseria dei fratelli e sarà la ricchezza vicendevole, fatta di gioia e di speranza immortale” (P. Mazzolari).
/ Nell’Eucaristia, Gesù ci dona realmente se stesso con tutto quello di cui abbiamo bisogno per vivere. Questo è il cibo che abbiamo ricevuto oggi alla “mensa della Parola”; adesso ci prepariamo a ricevere il cibo del pane, alla “mensa del suo Corpo”. Questo cibo ci deve servire per sostenerci lungo il cammino della settimana e per mettere in pratica la sua Parola.