XIV Domenica del Tempo Ordinario

Published in Domenica Missionaria

“Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua”. Mc. 6,1-6

Il brano evangelico di Marco, di oggi, descrive il ministero pubblico di Gesù in Galilea.

Gesù da Cafarnao(città importante e centro di transito verso la Siria: era la residenza di Gesù e di lì partiva per i suoi spostamenti), sale a Nazareth, il suo paese di origine: circa km. 30 da Cafarnao.

A Nazareth tutti lo conoscono bene, perché vi era cresciuto e vi aveva abitato fin verso i trent’anni. E’ noto come “il carpentiere, il figlio di Maria(Giuseppe forse era morto a quel tempo), il fratello di Giacomo, di Joses, di Giuda e di Simone”, e se ne conoscevano anche “le sorelle”.

Ora questi “fratelli” e “sorelle” sono membri della sua parentela, il gruppo dei cugini, il clan, e il termine “fratello” e “sorella” ha un senso ampio di parentela, non come figli di Maria Vergine.

Gesù questa volta ritorna a Nazareth non più come “carpentiere”, ma come “Maestro” che parla con autorità e richiama alla fede.

/ La scena si svolge nella Sinagoga di Nazareth, cioè nel centro locale del culto e della preghiera, nel quale ci si riuniva per leggere la Bibbia e ascoltare le spiegazioni dei rabbini. E’ sabato e Gesù, da buon ebreo, si reca alla Sinagoga; vi partecipa, prende la parola e comincia ad insegnare, secondo le regole allora in uso. Ma passata una iniziale meraviglia e stupore, Gesù viene accolto con disprezzo, prima, e dal rifiuto, poi. Lo stupore degli abitanti di Nazareth sta nel vedere in quel conterraneo, vissuto tra loro per molti anni e quindi ben noto, tanta “sapienza” accompagnata dal potere di compiere così impressionanti prodigi!. Si meravigliano di lui, anzi “si scandalizzano”, cioè, secondo il significato etimologico del vocabolo, trovano in Gesù una pietra di inciampo che intralcia il loro cammino e li fa cadere. Gesù è oggetto di scandalo non per la sua grandezza, ma perché è un essere modesto come tutti gli altri. Marco descrive la reazione di Gesù in termini molto umani, riportando la sua affermazione sul profeta disprezzato e “si meravigliava della loro incredulità”.

Marco sottolinea la delusione di Gesù: Lui che aveva vissuto lì tanti anni e conosceva i volti di tutti, scopre l’amarezza dell’ostilità.

/ Qualcosa di analogo già era toccato al profeta Ezechiele, attorno all’anno 600 a.C., tra gli ebrei esuli a Babilonia. Il profeta predicava la Parola di Dio, ma loro non gli credevano: perché erano “figli testardi e dal cuore indurito”.

/ Così il ministero di Gesù in Galilea e a Nazareth si conclude con un fallimento, col rifiuto da parte dei suoi concittadini. Eppure l’inizio era stato buono. E’ commovente e incoraggiante che sia lo stesso Vangelo a parlarci di questo insuccesso di Gesù!.

* Il ministero di Gesù, dopo i primi momenti di entusiasmo e di successo, ha dovuto contrastare con una diffidenza crescente, con il distacco e l’allontanamento di parecchi seguaci sino ad essere completamente respinto dalla maggioranza della sua gente che, alla fine, davanti a Pilato, urlerà sempre più forte: “crocifiggilo”! La gente veniva attirata all’inizio, dai segni strepitosi, ma poi, quando si trattò di venire al “dunque”, parecchi si tirarono indietro.

Gli stessi apostoli non capirono il messaggio di Gesù, e furono presi da un senso di sgomento e di disagio, ed avevano paura di interrogarlo.

Nietzsche:Ci fu un solo cristiano, ma purtroppo è morto in croce”!

/ Stando al medesimo racconto di Luca, la vicenda si concluse in modo drammatico: tra urla e minacce, Gesù fu spinto fuori della sinagoga e cacciato dalla città(Lc.4,28ss).

/ Da cosa deriva questo scandalo e rifiuto dei concittadini di Gesù?

Si erano lasciati incasellare in categorie umane come:

La famiglia di Gesù:  “è il figlio di Maria”..

Mestiere“non è costui il carpentiere”?

I parenti di Gesù“e le sue sorelle non stanno qui da noi”?

Non lo accettano per quello che si rivela: “Donde gli vengono queste cose”? E che sapienza è mai questa che gli è stata data? Come mai costui conosce le Scritture, senza aver studiato”?

/ Questo episodio della vita di Gesù rimane emblematico, e può essere assunto come simbolo di tutta l’esistenza terrena di Cristo. Così lo ha visto di fatto S. Giovanni nel Vangelo, quando scrive: “Venne tra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto”(Gv.1,11). Di fronte alla scena di Gesù cacciato da Nazareth, ci viene subito spontaneo pensare alla scena finale di Gesù che esce da Gerusalemme ed è condotto al Calvario portando la Croce!.

/ Ma perché un profeta non è accolto nella sua patria? Perché i “suoi”, i nazaretani, lo hanno rifiutato? Di che cosa avevano paura? Rifiutavano la novità! Gesù si era presentato come profeta, e il profeta è un uomo scomodo: egli è una sfida che Dio lancia al popolo, costringendolo a “rompere” col passato: il profeta è la novità di Dio, è l’imprevisto, il cambiamento. La parola di Gesù che dovette disturbare i nazaretani fu forse: “convertitevi”! cioè cambiate mentalità e vita, e credete al Vangelo, cioè in me.

Ma gli uomini non amano la novità, o meglio la amano quando fa loro comodo. Che bisogno c’è di cambiare? Si erano attaccati alle istituzioni: i rabbini, i sacerdoti, la sinagoga, il sabato.. Si è fatto sempre così!.., dicevano.

/ Chi sono oggi per Gesù i “suoi”; qual è la “sua patria”, e la sua “casa” se non noi, se non la Chiesa? Pertanto questo racconto può insegnarci due cose:

1. Si può paralizzare una persona, ridurla all’impotenza, semplicemente non dandole fiducia, buttandole addosso il peso di un giudizio preconcetto, deciso, inappellabile, credendo di conoscere tale persona, ma in realtà distruggendo la sua gioia, la sua personalità, la sua speranza.

2. Per parlare a noi, Dio non si serve di gente di fuori dal comune, ma di persone qualsiasi: l’ospite, il vicino, l’ammalato, lo straniero, l’amico, il nostro prossimo insomma. L’incontro con l’altro può essere un momento di grazia, se il nostro cuore è aperto e disponibile. Per manifestarsi, davvero spesso Dio ha bisogno degli uomini molto normali. La fede degli abitanti di Nazareth, si arresta proprio davanti al carattere consueto e familiare della presenza di Gesù.

/ Gesù ci rivolge il suo invito, ma attende la nostra apertura: bussa alla porta, ma non entra se non siamo noi ad aprirgli; ci chiama, ma la sua chiamata non avrà seguito se noi non lo vogliamo.

Gesù si manifesta solo a coloro che lo accolgono con fede.

Il proverbio che Gesù cita ai nazaretani: “Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua”, ricorda loro come la fede non sia un’eredità dell’ambiente o un diritto del sangue – come poteva essere l’appartenenza al popolo eletto, per gli ebrei, o l’essere battezzato, per noi – ma un dono di Dio e insieme una libera scelta della persona.

/ Ora nell’Eucaristia, Gesù torna “tra i suoi”, e a coloro che lo accolgono e che credono nel suo nome, Gesù si presenta come Parola, Cibo e Bevanda, e inoltre ci dà il potere e la gioia di essere chiamati figli di Dio(Gv.1,12).

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