VI Domenica di Pasqua

Published in Domenica Missionaria

“Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi…Amatevi gli uni gli altri”. Gv. 15,9-17

Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amato”(Gv.15,12).

Il comandamento dell’amore fraterno, così caratteristico di Giovanni, nei discorsi dell’Ultima Cena, è presentato solo in due brevissimi passi:13,34-35 e 15,12-13.17; ma con una forza straordinaria da diventare uno dei grandi temi del quarto Vangelo.

E’ il comando di Gesù: “il mio comandamento”.

/ Nel Vangelo di questa Domenica, Giovanni ci fa sentire il discorso sublime sull’amore, tenuto da Gesù nel Cenacolo, poche ore prima della sua Passione e Morte. E soltanto Giovanni, colui che ha posato il capo sul cuore di Gesù, poteva darci la più alta e bella definizione di Dio: “Dio è amore”.

Questa è l’affermazione centrale del cristianesimo: è un’affermazione che ci fa intravedere il mistero di Dio e rischiara il senso della nostra esistenza. Dio è un amante, un Essere che ama.

Solo Giovanni ha così l’audacia di definire Dio! Questo apostolo si presenta come “il discepolo che Gesù amava”. La sua testimonianza principale non riguarda le cose fatte da Gesù, ma il suo amore, per cui si presenta come il testimone dell’amore di Cristo. Notiamo la forza della sua definizione su Dio, e quel verbo “è”. Non dice: “Dio ama”, ma “Dio è amore”. L’amore, per Giovanni è un fatto ecclesiale, è comunione nella Chiesa; e l’amore è collegato alla Croce, è perdere la propria vita; è comunione di vita e unione di fede. Ma non è possibile la fede senza l’umiltà. Così viene fuori un trinomio giovanneo: umiltà – fede – carità.

/ Dio è amore, ma di quale amore si tratta? Quello che indica la relazione di “dono”. Dio è amore anzitutto nel suo intimo; ma poiché l’amore esige un’altra persona cui donare se stessi, ecco allora il concetto di Trinità di persone in Dio: una pluralità in cui ciascuno dona tutto agli altri, tanto da formare un’unità assoluta. L’amore di Dio non si esaurisce al suo interno, ma trabocca, nella creazione e nella Incarnazione. Tutto è frutto di amore.

/ L’uomo, chiuso nel suo egoismo, tende a dimenticare di avere un Padre amorevole; allora Dio si è manifestato in Gesù per ricordare all’umanità che Egli la ama e per indicarle la vera via della salvezza: dare la vita per il bene degli altri.

/ Ogni religione ha una parola-chiave che ne riassume, benchè approssimativamente, la spiritualità: “liberazione” per il Buddismo;”identificazione” per l’Induismo; “sottomissione” per l’Islam; “legge” per l’Ebraismo; “amore” per il Cristianesimo.

/ La liturgia di oggi è ricca di parole d’amore, semplici eppure straordinarie. Si sente il desiderio di un po’ di silenzio, per lasciar cantare l’amore dentro di sé. Tuttavia, quando si indica Dio con questa parola, quante idee confuse si affollano alla mente e anche quante ambiguità!

Ci sono molti modi di amare: dalla semplice ricerca del piacere, all’avidità o all’amore più disinteressato; dall’amore più materiale a quello più spirituale; “dall’amore di sé fino al disprezzo di Dio, all’amore di Dio fino al disprezzo di sé”( s. Agostino).

/ In greco la parola “amore” ha 3 sfumature diverse:

  1. “Eros”(erotismo): amore sessuale, passionale, possessivo, carico di dimensioni ambigue. E’ un amore che consiste nel prendere qualcosa egoisticamente, cercando il proprio interesse e piacere; è possessivo e dura poco. E’ carnalità e considera l’altro(a), come oggetto di piacere e di possesso.

E’ un ricercare più che un dare.

  1. “Philìa”(philein): amore di amicizia, sentimento, che si compiace nel dare e nel ricevere, con interesse e piacere. E’ quello che intercorre tra genitori e figli, tra amici, ecc. E’ come dire: ti amo perché mi vuoi bene. Però questo tipo di amore dura finchè c’è il contraccambio!..
  2. “Agàpe”: amore vero disinteressato e volitivo. Nel mondo greco è usata poco questa parola, perché evanescente. Per il cristianesimo è l’amore puro di donazione, di reciprocità, di comunione. E’ perciò un amore gratuito che si dona come dono senza alcun interesse. Vivere “con” l’altro per vivere “per” l’altro, procurando il bene dell’altro, fino al sacrificio di se stesso e della morte.   Pertanto Giovanni vede nell’agàpe cristiano, Dio stesso che ci ama per primo: ”è Lui che ha amato noi”. Il Dio crocifisso è la manifestazione piena dell’agàpe. Questo amore dura per sempre.

/ E’ stato scritto: “Amare non è guardarsi l’un l’altro, ma guardare insieme nella stessa direzione”; e questa direzione, sia che si guardi indietro o che si guardi in avanti, è sempre la stessa: Dio.

La novità dell’insegnamento di Gesù consiste nel fatto di congiungere i due comandamenti dell’amore di Dio e dell’amore del prossimo, per far capire che essi stanno sul medesimo livello.

La novità non è l’amore in sé, ma il “come” dell’amore, e il suo “perché”.

Ecco allora la struttura dell’amore, a tre piani :

  1. Amore del Padre per il Figlio: “Come il Padre ha amato me”.
  2. Amore di Gesù per i discepoli:“Così anch’io ho amato voi”: con l’Incarnazione e la redenzione.
  3. Amore dei discepoli tra di loro: ”Amatevi gli uni gli altri”.

/ La legge fondamentale di Gesù è questa: come io ho amato te, così tu ama il tuo fratello. E’ un amore che circola e dà vita e non ristagna. Per essere amati occorre amare; per ricevere amore dal Padre e da Gesù Cristo occorre darne ai fratelli. E’ un amore verticale e orizzontale. Il peccatore saprà che c’è un Dio che lo cerca e lo perdona, se c’è un fratello che lo cerca, si interessa di lui e lo perdona in nome di Dio. Dio ci ha fatti solidali e responsabili gli uni verso gli altri. Chi ha fatto l’esperienza di essere amato da Dio, cerchi di portare altri a fare la stessa esperienza, amandoli concretamente, non solo a parole. “Vedete come si amano tra loro e come sono pronti a morire l’uno per l’altro”, dicevano i pagani a riguardo dei primi cristiani(Tertulliano).

/ Prendiamo Gesù come esempio mirabile: credere nell’amore nonostante tutti i tradimenti della vita. Se ci credessimo veramente all’amore, quanti divorzi e separazioni matrimoniali di meno ci sarebbero! Quanto capita alle coppie, anche giovani, sta a dimostrare oggi, quanto siamo lontani a capire cos’è l’amore vero e sincero. “La più grande “infelicità” dell’uomo è di non essere amato: ma la più grande “disgrazia” dell’uomo è di non amare”(Camus). Gesù si è donato tutto a noi.   /L’amicizia vera è questa: consentire a non tenersi più niente. Ciò che doniamo, rinasce: ciò che gli altri ci portano via, ci viene ridato. Dobbiamo aiutarci l’un l’altro ad amare, imparare a volerci bene insegnandocelo reciprocamente. E’ una scienza che non si acquista una volta per tutte, ma si apprende lungo tutta la vita. Il nostro peccato è la mancanza di amore. “Chi non ama rimane nella morte”(1Gv.3,14). S. Giovanni, fino alla vecchiaia, ripeteva continuamente fino alla noia: “Figlioli miei, amatevi, perché questo è il comandamento del Signore”.

/ L’Eucaristia che stiamo celebrando, è la memoria vivente del termine “agàpe”, che significò presto per i cristiani, il “pasto eucaristico” della comunità. Essa è la memoria dell’agàpe più grande che ci sia, giacchè, come abbiamo sentito oggi dalla bocca di Gesù: “nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici”, e: “da questo – continua Gesù – gli uomini conosceranno che siete miei discepoli, se vi amerete gli uni gli altri, come Io ho amato voi”.

/ S. Agostino: “ Due cose sono necessarie in questo mondo: la vita e l’amicizia. Dio ha creato l’uomo perché esista e viva: ecco la vita. Ma perché l’uomo non sia solo, l’amicizia è pure un’esigenza di vita. Ama e fai quello che vuoi”.

/ S. Francesco di Sales:“Coloro che cessano di essere amici, vuol dire che non lo sono mai stati!

/ S. Gerolamo: “Un’amicizia che può finire, non è mai stata vera amicizia”.

/ S. Ambrogio: “Nessuno è più detestabile di chi rompe i vincoli di amicizia”.

/ Gesù:Voi siete miei amici, se farete quel che io vi comando”.

// Se vogliamo considerare la misura dell’amore di Dio per noi, basta che osserviamo il Crocifisso.

 

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