V Domenica di Pasqua

Published in Domenica Missionaria

“Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto.”  Gv. 15,1-8.

Il brano evangelico di Giovanni di questa Domenica, sulla “vite e i tralci”, fa parte dei “discorsi di addio” di Gesù ai suoi discepoli, durante l’ultima Cena, come suo testamento spirituale.

L’immagine della vite è oggetto della particolare cura del Padre che, vignaiolo solerte, taglia e pota perché il frutto sia più abbondante, se unito a Cristo.

/ Cosa vi è di più intimamente unito tra loro che la vite e il suo tralcio? Il tralcio è una propaggine e un prolungamento della vite. Da essa gli viene la linfa che lo nutre, l’umidità del suolo e tutto ciò che esso trasforma poi in uva, sotto i raggi estivi del sole; se non è alimentato dalla vite, esso non può produrre niente, ma niente sul serio: non un pampino, non un acino di uva, niente di niente.

E’ la stessa verità che San Paolo inculca con l’immagine del corpo e delle membra: Cristo è il Capo di un corpo che è la Chiesa, di cui ciascun cristiano è un membro(Rom.12,4s.; 1Cor.12,12ss.). Anche il membro, se è staccato dal resto del corpo, non può far nulla.

/ Per l’ebreo, possedere il grano, l’olio e il vino, era segno di ricchezza e di benedizione da parte di Dio. Ma è soprattutto la vigna, la vite e il frutto della vite, diventano simbolo carichi di grandi eventi nella storia di Israele.

Per avere il frutto della vite, occorrono 3 elementi importanti:

il vignaiolo; 2. la vite; 3. i tralci. Dio è il vignaiolo. Gesù è la vite; noi i tralci. Quando Gesù dice e si paragona alla vite, vuol dire che Dio è tornato nella sua vigna. La vite è un’immagine tipica del linguaggio biblico, soprattutto nei profeti. Nell’AT. la vite era il popolo di Dio, ma in Giovanni la vite non è più il popolo di Dio, ma è Gesù, la “vera vite” che non delude. Questo ci mette in guardia dalle viti false. Se la vite fossimo ancora noi, saremmo ancora come nell’AT., una vite che tradisce!. Invece, Dio ha finalmente qualcuno che non può deluderlo: Gesù, ed anche noi, se e nella misura in cui siamo uniti a Lui. Gesù è la vera vite che ha procurato al Padre il vino buono della fedeltà e dell’amore. Noi siamo i tralci. L’idea madre dell’immagine è quella della “dipendenza”. La comunità cristiana è vite perché è unita a Cristo. Chi rimane attaccato è Chiesa, chi si stacca non lo è più. Ciò che emerge nella similitudine è l’unità fra Cristo e i suoi. S. Giovanni ripete per ben 7 volte il termine “rimanere, permanere”, che significa “essere in”, in uno “stato”, una perenne comunione(essere con); “rimanete in me e io in voi”.

1. La prima verifica da fare è: “rimanete in me”. Il tralcio per se stesso non è niente, è soltanto come momento vitale della vite. Nel Battesimo, noi che eravamo olivastri di natura selvatica, come un innesto, siamo stati inseriti i innestati in Cristo, e siamo diventati tralci della vera vite e rami dell’ulivo buono. Tutto è concentrato su Gesù. Lui e soltanto Lui è la vera vite. Nessuno è Chiesa, popolo di Dio, discepolo di Cristo, cristiano, se non è in Gesù. L’accento è posto sulla formula “in me”, oppure “senza di me non potete far nulla”. Perciò il nostro compito di tralci è di: “rimanete in me”(uniti alla vite che è Cristo). Rimanere attaccati alla vite e rimanere in Cristo Gesù significa anzitutto non abbandonare gli impegni assunti con il Battesimo.

2. La seconda verifica: “e io in voi”. E’ la presenza di Gesù in noi che ci fa esistere e ci fa Tutto ciò che siamo viene da Lui, perché Egli è non fuori, sopra, accanto, ma dentro di noi. Tutte le cose in natura, perché abbiano vita, è necessario che siano attaccati alla sorgente: per gli alberi, le radici, la linfa, ecc.; per le strutture elettriche, che ci sia la sorgente elettrica. Il “rimanete nel mio amore” di Gesù, significa permettergli di amarci, di farci passare la sua “linfa” che è il suo Spirito, evitando le conseguenze fatali del distacco da Lui!..

3. La terza verifica: “portate frutto”; questo è ripetuto 6 volte in Giovanni, che spiega il rimanere in Cristo e viceversa con il portare frutto. Il profeta Ezechiele(15,1-6) scriveva che con il legno della vite non si può far nulla, neppure un piolo o un attaccapanni! La vite o dà frutti o non serve che per il fuoco. Pertanto in Gesù e solo in Lui, la vigna fruttifica per Dio. Ecco perché è decisivo restare tralcio in Lui(es. le tazzine belle ma vuote; tanti zero senza i numeri). Il discepolo unito al Cristo può portare frutti: ma quali sono i frutti? È l’amore vicendevole. Giovanni dice che il ramo fruttifero viene potato, il ramo sterile viene tagliato e bruciato. La possibilità del peccato non è mai assente, anche nell’interno della Chiesa stessa passa il filo della crisi, anche se siamo battezzati.. Il peccato stacca, separa da Cristo. Ecco allora l’espressione di Gesù che dice: “senza di me non potete fare nulla”. Staccati da Lui, col peccato, non si realizza nulla. Gesù non dice, otterrete scarsi risultati, farete poco.., ma “ non potete fare nulla”. Dobbiamo rimanere in Gesù, imparare a stare in Lui, in Cristo, metterlo al centro.

Purtroppo oggi, “essere in”, per tanti vuol dire, aver successo, frequentare gente che conta, essere alla moda, apparire in televisione..Invece la bellezza di essere cristiani è quella di essere con Cristo. Si chiama cristiano colui che vive di Cristo, è uno per cui Cristo è tutto. “Un pericolo costante – disse Giovanni Paolo II- è di farsi talmente coinvolgere dalle proprie attività, per il Signore, da dimenticare il Signore di ogni attività”!

/ Un saggio orientale disse: “ Rilassati: l’universo non sa neppure che tu esisti! Sii modesto: molto è stato fatto anche prima che tu nascessi”! A noi tocca una cosa sola: imparare a vivere di Cristo.

Per me, infatti, il vivere è Cristo e il morire un guadagno”(Fil.1,21).

// Il peccato è giunto a noi tramite: una vergine(Eva),un albero(legno),la morte(come conseguenza).

La Grazia di Dio è giunta a noi tramite: un’altra Vergine(Maria SS.), un albero(la Croce) e la vita di Grazia (come conseguenza).

// S. Giovanni Crisostomo: ”Cristo ha così operato prodigi per la nostra salvezza, con gli stessi mezzi con i quali il demonio ci aveva soggiogati”.

// “Il bene fatto è meglio che il bene detto”(B. Franklin). Spesso parliamo di amore, cantiamo l’amore, ecc. ma non viviamo l’amore.

< Un proverbio dice:“ I fatti sono frutti, le parole sono foglie”. Pertanto, le foglie lasciamole agli altri! Noi impegniamoci a produrre frutti generosi di opere buone.

Mostriamo con i fatti ciò che crediamo di essere” (S. Cipriano)

/ Ora nella S. Messa, stiamo per consacrare il vino spremuto da quella “vite vera” nel torchio della Passione. Noi consacriamo “il frutto della vite”, ma consacriamo anche il frutto del “lavoro dell’uomo”, cioè del tralcio. Dio ci restituisce come “bevanda di salvezza” ciò che gli abbiamo offerto sotto il simbolo del vino. Glorifichiamo il Padre celeste e saremo veri discepoli di Cristo se portiamo molto frutto.

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