√Il presidente colombiano Juan Manuel Santos è il premio Nobel per la Pace 2016

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Il presidente colombiano Juan Manuel Santos è il premio Nobel per la Pace 2016. Lo ha annunciato la Commissione norvegese, che ha deciso di premiare il politico per “i suoi risoluti sforzi nel far cessare la guerra civile nel suo Paese, durata più di 50 anni, una guerra costata la vita di almeno 220mila colombiani e causato sei milioni di sfollati”. Il premio, inoltre, “è un tributo anche alla popolazione colombiana, che non ha rinunciato ad una pace giusta, e a tutte le parti che hanno contribuito alla processo di pace”.

Juan Manuel Santos, 65 anni, è presidente della Colombia dal 2010, dopo aver ricoperto le cariche di ministro del Commercio, delle Finanze e della Difesa.

La guerra tra Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc) e Bogotà è iniziata nel 1964, dopo la repressione militare di una rivolta contadina. Manuel Marulanda Vélez (morto nel 2008) si mette alla guida di un gruppo di contadini formati al marxismo e decide di passare alla lotta armata per fondare uno Stato indipendente. Dopo più di 40 anni di guerriglia, nel 2010 Juan Manuel Santos inizia una trattativa segreta con le Farc.

Il 22 giugno scorso, il governo colombiano e i guerriglieri delle Farc hanno annunciato un accordo storico per un cessate il fuoco definitivo e hanno firmato un trattato di pace all’Avana. Il 3 ottobre scorso, però, un referendum popolare – voluto da Santos – ha bocciato l’intesa. Il 51,3% dei colombiani ha votato per il “no”, convinto che l’accordo facesse troppe concessione alle Farc. L’intesa infatti prevedeva un progetto di amnistia per i guerriglieri che non hanno compiuto crimini contro l’umanità e pene ridotte per coloro che confessano le proprie colpe.

Questo risultato, scrive il comunicato stampa di Oslo, “ha creato grande incertezza per il futuro della Colombia. C’è pericolo reale che il processo di pace si interrompa e che la guerra civile riesploda”. Il referendum, prosegue il messaggio, “non è stato un voto contro la pace […] e la Commissione norvegese per il Nobel enfatizza il fatto che il presidente Santos sta invitando tutti i partiti a partecipare ad un dialogo dalle larghe intese”.

Fonte: AsiaNews/Agenzie

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Premio Nobel per la Pace al presidente colombiano Santos

Il vincitore del Premio Nobel per la Pace del 2016 è il presidente colombiano Juan Manuel Santos per l’accordo raggiunto con le Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc). Un’intesa, tuttavia, bocciata il 2 ottobre scorso da un referendum popolare. L’annuncio è stato dato ad Oslo dal Comitato norvegese per il Nobel. Nella motivazione si ricordano anche "anche il popolo colombiano" e "tutte le parti che hanno contribuito al processo di pace”. Il servizio di Amedeo Lomonaco

Il presidente colombiano Santos è stato premiato per i suoi “sforzi tenaci” per mettere fine – si legge nella motivazione - ad una guerra civile lunga più di 50 anni e che è costata la vita ad almeno 220mila persone. Il Comitato che ha assegnato il Premio spiega anche che “il riconoscimento deve essere visto come un omaggio al popolo colombiano che, nonostante grandi difficoltà e abusi, non ha mai perso la speranza di una pace giusta, e a tutte le parti che hanno contribuito al processo di pace”. Un processo suggellato dal recente accordo di pace, siglato il 26 settembre a Cartagena, dal governo colombiano e dalle Farc. Un’intesa storica che, tuttavia, è stata bocciata dal 50,2 per cento degli elettori che hanno partecipato al referendum dello scorso 2 ottobre. Ma “il fatto che la maggioranza abbia votato no al referendum - si legge nella motivazione del Premio - non significa che il processo di pace sia morto: il referendum - si sottolinea - non ha bocciato il desiderio di pace, ma uno specifico accordo”.

Sul significato di questo Premio, Amedeo Lomonaco ha intervistato lo storico Gianni La Bella, docente di Storia Contemporanea all'Università di Modena e Reggio Emilia, che per conto della Comunità di Sant’Egidio, ha seguito il processo di pace tra governo colombiano e Farc: 

– E’ un Premio che conferma uno sforzo intrapreso da un uomo politico che, con coraggio, ha cercato la soluzione di un problema che ha devastato la vita del suo Paese. Ed incoraggia soprattutto lo sforzo verso una pace che tutti consideravano irraggiungibile e impossibile.

– Un incoraggiamento a non demordere e a continuare proprio nel solco dei negoziati con le Farc, anche se il referendum popolare dello scorso 2 ottobre ha bocciato l’accordo di pace tra governo e Farc. Non è stato, però, bocciato il processo di pace…

– Io credo che neanche l’accordo in quanto tale sia stato bocciato: sono stati respinti alcuni aspetti di quell’accordo. Il presidente Santos, dopo l’esito del referendum, ha detto nella sua prima dichiarazione: “Io voglio continuare tutto il resto della mia presidenza a dedicarlo alla pace”. Convinto che questo sia, in un certo senso, l’obiettivo prioritario del suo mandato presidenziale. Non bisogna scoraggiarsi. Bisogna tornare al tavolo del negoziato. Tutti i colombiani devono cercare insieme la soluzione ad un conflitto che non può che essere quella del negoziato, del dialogo, dell’incontro. “Alle armi non si torna!”: lo hanno detto anche le Farc con grande chiarezza. Nessuno vuole la guerra e tutti i colombiani – anche quelli che hanno votato “no” – hanno comunque votato a favore della pace.

– Nella motivazione, il Comitato che ha assegnato il Premio ricorda il popolo colombiano, ma anche tutte le parti che hanno contribuito al processo di pace. Non sono indicate esplicitamente, ma il riferimento è anche alle Farc…

– Io credo che questo Premio, in un certo senso, anche se non nominate ufficialmente, comprenda anche loro: in fondo le stesse Farc hanno accettato di rinunciare alla logica delle armi, alla logica dello scontro e di sedersi al tavolo del negoziato. E soprattutto oggi, nonostante che il referendum abbia messo un pochino in crisi questo accordo, hanno con grande chiarezza fatto una scelta di rifiuto della guerra e di rifiuto del conflitto. Quindi è un Premio che deve anche considerare una parte di questo Paese che sono loro. 

Fonte: Radio Vaticana

Last modified on Sunday, 09 October 2016 14:48

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