XIX domenica del tempo ordinario (anno B). Sono il pane disceso dal cielo

Published in Domenica Missionaria

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1 Re 19,4-8;
Sal 33;
Ef 4,30 - 5,2;
Gv 6,41-51 

Nel cammino della vita di Elia, Dio di bontà e di amore, il Dio che ha la sollecitudine per i suoi figli in cammino, ristora le forze del profeta Elia con “una focaccia, cotta su pietre roventi” e “orcio d'acqua ”. Elia che era ormai in grave difficoltà e scoraggiato si sente incoraggiato e riprende il suo cammino. Infatti, “con la forza di quel cibo camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l'Oreb” . Gesù è il “pane” vivo, disceso dal cielo per dare vita al mondo. Perché questo “pane” soddisfi definitivamente la fame di vita che risiede nel cuore di ogni uomo o donna, è necessario “credere”, cioè aderire a Gesù, accogliere le sue proposte, accettare il suo progetto, seguirlo nel “sì” a Dio e nell'amore dei fratelli.

Non mormorate 

Questa pagina del Vangelo è in continuità con il vangelo della scorsa domenica. Mentre questa concludeva con la grande affermazione di Gesù “Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!”, il vangelo di questa domenica inizia, presentandoci la reazione della folla, dinanzi tale affermazione di Gesù. I giudei erano nell’incapacità non solo di comprendere l’affermazione di Gesù che Egli sia “pane della vita” ma anche e soprattutto non riuscivano a fare un passaggio dal segno del pane alla persona di Gesù che è un vero segno. Infatti, essi mormoravano contro Gesù perché aveva detto: “Io sono il pane disceso dal cielo”. Mormorare è un verbo che nel testo greco significa letteralmente “latrare”, anticamera della ribellione nei confronti di Dio. È un atteggiamento ostile a Dio e, nel nostro testo, a Gesù. Mormorare non è mai stato un atteggiamento gradito a Dio. L’uomo, nonostante abbia una esperienza dell’intervento di Dio nella sua vita, alla prima difficoltà si lamenta e usa un linguaggio naturale, proprio come fece il popolo d’Israele. Hanno indurito il loro cuore e rifiutato la persona di Gesù. Loro rifiutano di credere in Gesù e questo significa rifiutare di aderire al disegno di Dio stesso. La causa di questo rifiuto è il fatto di conoscere le sue origine umane: egli è figlio di Giuseppe. Non riconoscono le sue origine divine e soprannaturale, solo perché è figlio di Giuseppe e conoscono i fratelli e la mamma.

Nei nostri giorni ci sono delle persone che non credono nella divinità di Gesù e pongono dei limiti a Dio. Invece, dobbiamo sapere che Dio non va secondo i nostri schemi mentali, perciò siamo chiamati a credere in Lui e nella Sua onnipotenza, che va al di là di ciò che vediamo con i nostri occhi naturali, e a smettere di mormorare. 

Gesù invita i giudei a non mormorare perché quelle sue parole devono essere accolte non con la ragione umana, non la fiducia delle proprie facoltà, capacità, intelligenza, ma devono essere accolto come un dono di Dio e grazia all’azione di Dio: Dio attira verso di lui chi ha fiducia in Lui. Lasciarsi attirare da Dio. Occorre dunque la fede, accettare questo Segno che è Cristo; accogliere e aderire al suo messaggio di salvezza; è ubbidire alla sua parola.

Ma credete per avere la vita eterna

Dopo l’invito a non mormorare, Gesù propone l’atto di credere come l’unica via per avere la vita eterna. Il discepolo deve credere che egli è non soltanto “il pane della vita” ma anche “il pane vivo, disceso dal cielo”. Egli sottolinea che il pane che è Cristo è vita e trasmette la vita a chiunque ne riceve. Gesù non cessa di ripetere e ne aggiunge: “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”. Il pane sceso dal cielo è posto in rapporto con la manna che nutrì i padri senza preservarli dalla morte. Gesù, invece, è il solo pane che dà la vita senza fine e proviene dall'alto: è il Verbo incarnato di Dio. Il vangelo non dice “avrà” ma “ha” la vita eterna fin da ora, ossia riceve in dono la vita che non finisce. Colui che mangia la sua carne, è unito e legato a Lui, diventa una cosa sola con lui, per potere vivere una vita divina. Perciò Gesù tratteggia, per il discepolo missionario, alcuni elementi indispensabili:

Prima e anzitutto deve lasciarsi attirare dal Padre, infatti Gesù afferma che “nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato”. Si tratta dell’attrazione divina come Dio l’aveva detto attraverso il Profeta Osea “li attiravo a me con legami di bontà, con vincoli di misericordia” (Os 2,16) oppure attraverso del profeta Geremia “ti ho amato di amore eterno, perciò ti attirai alla misericordia” (Ger 31,3). Dio attira, attrae con la sua bontà e misericordia e non costringendo. Il discepolo deve soltanto lasciarsi attirare, trascinare dalla sua bontà e dal suo amore.

Infine, egli deve lasciarsi istruire dal Padre. Già nei libri profetici era ben presente che Dio, nella sua bontà e misericordia, ammaestrava il suo popolo e tale ammaestramento portava alla fede. Il Discepolo missionario è chiamato a lasciarsi ammaestrare ascoltando e accogliendo il messaggio del padre, ciò vuole dire, lasciarsi guidare dal Padre.

 

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