III Domenica di Pasqua - Anno A

Published in Domenica Missionaria

Letture:
At 2,14-23;
Sal. 15; 1
Pt 1,17-21;
Lc 24,13-35; I discepoli di Emmaus.

 

Ingresso:
Acclamate al Signore da tutta la terra,
cantate un inno al suo nome,
rendetegli gloria, elevate la lode, Alleluia.

 

Nel cammino della nostra vita, Gesù, come ai due discepoli di Emmaus, si fa incontro e ci accompagna. Tante volte, anche noi non ci accorgiamo di questa presenza così silenziosa al nostro fianco. Gesù ci indica la strada da percorrere; allora si realizzano quelle stupende parole del Salmo responsoriale: «Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena alla tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra» (Sal 15,11).

Lungo questo cammino nel tempo di questo mondo, Gesù ci sostiene con la sua Parola e con l'Eucaristia. Il Vangelo di questa domenica mette in evidenza queste due luci che devono illuminare il nostro cammino.

Prima di tutto, il Signore «spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui» (Lc 24,27); e, infine, «quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro» (Lc 24,30). Questo pane spezzato è l'Eucaristia, è il Corpo di Cristo che si fa nostro cibo nella Comunione, durante il pellegrinaggio di questa vita. Queste due luci, quella della Scrittura e quella dell'Eucaristia, risplendono nella celebrazione della Santa Messa.

La prima parte della Messa, chiamata liturgia della Parola, è dedicata alla lettura e alla spiegazione della Sacra Scrittura: due brani come letture, una dall’A.T. e uno dal N. T. lettere degli Apostoli, Atti, Apocalisse e poi un brano dal Vangelo.

La seconda parte, chiamata liturgia eucaristica, riguarda invece il Mistero del Corpo e del Sangue di Cristo. La spiegazione della Parola di Dio ci prepara a partecipare degnamente al Sacrificio eucaristico e a ricevere la Comunione.

«Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo» (Lc 24,16). Eppure, conversando con quello sconosciuto viandante, i due discepoli si sentivano attratti da quella parola così profonda e convincente, che spiegava loro le profezie dell'Antico Testamento, al punto che, alla fine, essi si dissero l'un l'altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?» (Lc 24,32). Sentivano che quella parola era bella, ma non avevano la volontà di metterla in pratica. Non avevano meditato la Parola di Dio fino a farla vita propria. Non avevano ancora compreso la vera missione del Messia che era quella di liberare l'uomo dal peccato, non di dargli una felicità o benessere terreni.

Essi non credevano ancora alla Risurrezione e non avevano compreso che Gesù ci aveva salvati proprio con il suo Sacrificio sulla croce che si sarebbe applicato a tutti con la risurrezione.

Meditare la Parola di Dio vuol dire lasciarci costruire dentro il piano salvifico di Dio, che agisce in modo divino, tanto superiore alla nostra povera intelligenza, la quale deve accettare e credere.

La fede è un atto personale: è la libera risposta dell'uomo all'iniziativa di Dio che si rivela.

La fede però non è un atto isolato. Nessuno può credere da solo, così come nessuno può vivere da solo. Nessuno si è dato la fede da se stesso, così come nessuno da se stesso si è dato l'esistenza.

Il credente ha ricevuto la fede da altri e ad altri la deve trasmettere. (Catechismo n.166).

C'è un altro particolare molto bello: i due discepoli invitano Gesù a fermarsi da loro, poiché era ormai sera: «Resta con noi, perché si fa sera» (Lc 24,29). Essi pensavano di accogliere un viandante e invece accolsero il Signore. Ogni volta che benefichiamo un povero, benefichiamo il Signore.

I due discepoli erano tristi e delusi perché speravano che Gesù liberasse Israele dal giogo del dominio straniero. Ma, allo spezzare del pane, «si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero» (Lc 24,31). e i due discepoli divennero testimoni della Risurrezione e quindi annunciatori del Vangelo. 

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