XIII DOMENICA del Tempo Ordinario - Anno A

Published in Domenica Missionaria

Mt. 10,37-42.
"Chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me".

Due sono i temi della Parola di Dio, in questa Domenica:

a. Seguire Cristo fino al distacco da tutti e da tutto.   b. Accogliere Cristo nei fratelli.

I due temi hanno un oggetto e un soggetto comune: noi e Cristo. Soffermiamoci sul seguire Cristo.

Ogni adesione a Gesù Cristo è un’avventura segnata dalla croce: è necessario un distacco radicale “per causa mia”, ma, con Lui, si ritrova tutto. Per il discepolo, l’attaccamento a Gesù conduce a spezzare ogni legame che impedisca di lasciare tutto per seguire il Cristo, a partire da ciò che si ha di più caro: i rapporti familiari. L’affetto di un padre, la tenerezza di una madre, la dolce amicizia tra fratelli e sorelle, l’amore per il figlio o la figlia. Tutto questo, pur essendo molto buono e legittimo, non può essere preferito a Cristo. Intendiamoci: non è che Gesù neghi il valore degli affetti familiari,non è perché egli ci voglia senza cuore, duri come pietre, ma perché la condizione del discepolo esige un rapporto prioritario col maestro. “Figlio mio, dammi il tuo cuore”, dice il saggio(Prov.23,26). Le parole severe di Gesù, ci fanno riflettere su che cosa significhi essere cristiani. Forse ci stiamo dimenticando di questo, dopo più di 2 mila anni di cristianesimo!

Si tratta di impostare rettamente la vita di ogni cristiano.

Gesù martella per tre volte che chi ama tali persone, non prende la sua croce e non segue Lui, “non è degno di me”. Scegliere Cristo è di importanza capitale, amarlo cioè più delle persone care e delle cose care. Qui si tratta di fede, come quella di Abramo, disposto a sacrificare per Dio, anche il suo unico figlio della promessa: non si trattava di perdere, ma di trovare. Gesù va scelto e amato più di tutti e di tutto. Passano in secondo ordine rispetto al Signore, tutti i legami di sangue, i vincoli familiari e tutte le altre cose. A questo livello, il Vangelo potrebbe facilmente produrre divisioni e separazioni. Si tratta invece di impostare bene la vita cristiana intorno a Gesù Cristo. Il cristiano è sempre in tensione tra un alle esigenze della grazia e un no alle seduzioni della carne, al peso dell’egoismo e della pigrizia. E questo è portare la croce: la croce era intesa come il Tau, segno di appartenenza a Dio(Ez. 9). Per seguire Gesù bisogna passare per la via stretta, operare dolorosi distacchi; è una revisione totale di tutto ciò che abbiamo e che siamo. Non si tratta di valorizzare la sofferenza in sé e per sé: il fine è la conformazione a Gesù.

Spesso in famiglia ci sono condizionamenti che non favoriscono la libertà di scelta nella sequela del Signore. Troppe sono le scusanti – divertimenti, comodità, vita disordinata, ecc. -  per non seguire il Signore. Anche nella scelta vocazionale e di consacrazione religiosa della vita!.In questo caso è inutile invocare il IV comandamento, quando i genitori vorrebbero indurre i figli a non seguire Cristo!.

Solo chi lascia tutto, può accogliere tutti. Solo chi muore al proprio egoismo e indifferenza, arriverà ad amare in maniera autentica ed altruistica. La pretesa di Gesù infatti, non significa che non dobbiamo amare quelli che amiamo: - ce lo ordina il 4° comandamento di Dio – ma piuttosto che dobbiamo amare Gesù di più, perché Lui ci aiuterà ad amare gli altricol suo amore”(S.Francesco).

Per ogni chiamato alla sequela di Cristo, nel momento in cui egli “prende la sua croce”, l’amore si dimostra sempre a caro prezzo. Lo fu pure per Gesù, quando lasciò Nazareth e sua Madre Maria, avviandosi a Gerusalemme, senza voltarsi indietro. Seguendo Gesù, autenticamente, si può accogliere con cuore nuovo e amore nuovo, quello che abbiamo lasciato.

S. Paolo(II Lettura) ci rinfresca la memoria quando scrive:”Quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte…siamo stati sepolti insieme a lui nella morte…così anche noi possiamo camminare in una vita nuova”. S. Paolo non dice,”camminare in una via”, ma in una “vita nuova”. Per quanti di noi il Battesimo, la Cresima, la Ia Comunione, sono state solo delle belle cerimonie, occasioni di incontro con i parenti, momenti propizi per sfoggiare vestiti nuovi, ricevere regali, una bella mangiata al ristorante con spreco di soldi, in ossequio al consumismo e alla bella figura da fare, seppellendo il sacro nel profano e dimenticandoci degli impegni ben precisi dichiarati con i padrini, sulla vita cristiana da vivere?! Gesù non accetta mezzi termini quando accenna di amare Lui più di tutti e di tutto, e di seguirlo portando la croce.

La storia di molti Santi e Martiri è piena di lacerazioni drammatiche tra genitori e figli.

S. Barbara fu consegnata al carnefice dal padre infuriato, perché si era fatta battezzare di nascosto! S. Francesco d’Assisi, per seguire Cristo povero, si mise contro suo padre Pietro Bernardone.

S. Felicita, interrogata dal carceriere come avrebbe potuto avere il coraggio di divenire pasto delle belve, rispose:”Dentro di me, vi sarà un Altro che patirà per me, perché io mi dispongo a morire per Lui..”

Certo, il Vangelo ci mette in crisi per forza, quando dice:”Chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me! Vivere la vita cristiana con coerenza, è la misura del nostro “seguire Cristo”.  Pensiamo ai tanti “cattolici” che in materia di divorzio, di aborto, ecc. si comportano come “liberi battitori”, adeguandosi comodamente alla mentalità dominante, non più “cristiana”!

Il resto sono chiacchiere che lasciano Dio del tutto indifferente, anzi lo indispongono, ricordandoci quel detto di Gesù:”Non chi dice: Signore, Signore”.. con quel che segue!.

/ Amare davvero Cristo comporta accettare con coraggio la croce quotidiana e accogliere quelle persone che vengono nel suo nome. In questa epoca in cui si parla tanto di pluralismo, il cristiano non abbia paura di mostrarsi”discepolo di Cristo”. Ci sono dei momenti in cui si diventa “segno”. Quando la miseria, la violenza subita, il dolore, bussano alla porta del fratello che ha bisogno di me, di te, non possiamo stare a guardare soltanto, se siamo cristiani davvero!

 

 Il segreto di tutto è la formuletta di S. Paolo, quando scrive:”Vivere per Dio, in Cristo Gesù”. Questa è la strada di Dio, dei seguaci di Cristo e dei Santi. Ci aiuti la Vergine Santa.

XIII  DOMENICA  del  Tempo  Ordinario - Anno  A  //  Mt. 10,37-42.

 

                         “Chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me”.

 

Due sono i temi della Parola di Dio, in questa Domenica:

a. Seguire Cristo fino al distacco da tutti e da tutto.   b. Accogliere Cristo nei fratelli.

I due temi hanno un oggetto e un soggetto comune: noi e Cristo. Soffermiamoci sul seguire Cristo.

Ogni adesione a Gesù Cristo è un’avventura segnata dalla croce: è necessario un distacco radicale “per causa mia”, ma, con Lui, si ritrova tutto. Per il discepolo, l’attaccamento a Gesù conduce a spezzare ogni legame che impedisca di lasciare tutto per seguire il Cristo, a partire da ciò che si ha di più caro: i rapporti familiari. L’affetto di un padre, la tenerezza di una madre, la dolce amicizia tra fratelli e sorelle, l’amore per il figlio o la figlia. Tutto questo, pur essendo molto buono e legittimo, non può essere preferito a Cristo. Intendiamoci: non è che Gesù neghi il valore degli affetti familiari,non è perché egli ci voglia senza cuore, duri come pietre, ma perché la condizione del discepolo esige un rapporto prioritario col maestro. “Figlio mio, dammi il tuo cuore”, dice il saggio(Prov.23,26). Le parole severe di Gesù, ci fanno riflettere su che cosa significhi essere cristiani. Forse ci stiamo dimenticando di questo, dopo più di 2 mila anni di cristianesimo!

Si tratta di impostare rettamente la vita di ogni cristiano.

Gesù martella per tre volte che chi ama tali persone, non prende la sua croce e non segue Lui, “non è degno di me”. Scegliere Cristo è di importanza capitale, amarlo cioè più delle persone care e delle cose care. Qui si tratta di fede, come quella di Abramo, disposto a sacrificare per Dio, anche il suo unico figlio della promessa: non si trattava di perdere, ma di trovare. Gesù va scelto e amato più di tutti e di tutto. Passano in secondo ordine rispetto al Signore, tutti i legami di sangue, i vincoli familiari e tutte le altre cose. A questo livello, il Vangelo potrebbe facilmente produrre divisioni e separazioni. Si tratta invece di impostare bene la vita cristiana intorno a Gesù Cristo. Il cristiano è sempre in tensione tra un alle esigenze della grazia e un no alle seduzioni della carne, al peso dell’egoismo e della pigrizia. E questo è portare la croce: la croce era intesa come il Tau, segno di appartenenza a Dio(Ez. 9). Per seguire Gesù bisogna passare per la via stretta, operare dolorosi distacchi; è una revisione totale di tutto ciò che abbiamo e che siamo. Non si tratta di valorizzare la sofferenza in sé e per sé: il fine è la conformazione a Gesù.

Spesso in famiglia ci sono condizionamenti che non favoriscono la libertà di scelta nella sequela del Signore. Troppe sono le scusanti – divertimenti, comodità, vita disordinata, ecc. -  per non seguire il Signore. Anche nella scelta vocazionale e di consacrazione religiosa della vita!.In questo caso è inutile invocare il IV comandamento, quando i genitori vorrebbero indurre i figli a non seguire Cristo!.

Solo chi lascia tutto, può accogliere tutti. Solo chi muore al proprio egoismo e indifferenza, arriverà ad amare in maniera autentica ed altruistica. La pretesa di Gesù infatti, non significa che non dobbiamo amare quelli che amiamo: - ce lo ordina il 4° comandamento di Dio – ma piuttosto che dobbiamo amare Gesù di più, perché Lui ci aiuterà ad amare gli altricol suo amore”(S.Francesco).

Per ogni chiamato alla sequela di Cristo, nel momento in cui egli “prende la sua croce”, l’amore si dimostra sempre a caro prezzo. Lo fu pure per Gesù, quando lasciò Nazareth e sua Madre Maria, avviandosi a Gerusalemme, senza voltarsi indietro. Seguendo Gesù, autenticamente, si può accogliere con cuore nuovo e amore nuovo, quello che abbiamo lasciato.

S. Paolo(II Lettura) ci rinfresca la memoria quando scrive:”Quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte…siamo stati sepolti insieme a lui nella morte…così anche noi possiamo camminare in una vita nuova”. S. Paolo non dice,”camminare in una via”, ma in una “vita nuova”. Per quanti di noi il Battesimo, la Cresima, la Ia Comunione, sono state solo delle belle cerimonie, occasioni di incontro con i parenti, momenti propizi per sfoggiare vestiti nuovi, ricevere regali, una bella mangiata al ristorante con spreco di soldi, in ossequio al consumismo e alla bella figura da fare, seppellendo il sacro nel profano e dimenticandoci degli impegni ben precisi dichiarati con i padrini, sulla vita cristiana da vivere?! Gesù non accetta mezzi termini quando accenna di amare Lui più di tutti e di tutto, e di seguirlo portando la croce.

/ La storia di molti Santi e Martiri è piena di lacerazioni drammatiche tra genitori e figli.

S. Barbara fu consegnata al carnefice dal padre infuriato, perché si era fatta battezzare di nascosto! S. Francesco d’Assisi, per seguire Cristo povero, si mise contro suo padre Pietro Bernardone.

S. Felicita, interrogata dal carceriere come avrebbe potuto avere il coraggio di divenire pasto delle belve, rispose:”Dentro di me, vi sarà un Altro che patirà per me, perché io mi dispongo a morire per Lui..”

Certo, il Vangelo ci mette in crisi per forza, quando dice:”Chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me! Vivere la vita cristiana con coerenza, è la misura del nostro “seguire Cristo”.  Pensiamo ai tanti “cattolici” che in materia di divorzio, di aborto, ecc. si comportano come “liberi battitori”, adeguandosi comodamente alla mentalità dominante, non più “cristiana”!

Il resto sono chiacchiere che lasciano Dio del tutto indifferente, anzi lo indispongono, ricordandoci quel detto di Gesù:”Non chi dice: Signore, Signore”.. con quel che segue!.

/ Amare davvero Cristo comporta accettare con coraggio la croce quotidiana e accogliere quelle persone che vengono nel suo nome. In questa epoca in cui si parla tanto di pluralismo, il cristiano non abbia paura di mostrarsi”discepolo di Cristo”. Ci sono dei momenti in cui si diventa “segno”. Quando la miseria, la violenza subita, il dolore, bussano alla porta del fratello che ha bisogno di me, di te, non possiamo stare a guardare soltanto, se siamo cristiani davvero!

 Il segreto di tutto è la formuletta di S. Paolo, quando scrive:”Vivere per Dio, in Cristo Gesù”. Questa è la strada di Dio, dei seguaci di Cristo e dei Santi. Ci aiuti la Vergine Santa.

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