XXVI Domenica Tempo Ordinario

Published in Domenica Missionaria

“C’era un uomo ricco…. e un mendicante, di nome Lazzaro..” Lc.16,19-31

 

Il tema dell’uso iniquo che si fa della ricchezza, è un tema molto caro all’evangelista Luca.

La parabola odierna del ”ricco epulone e del povero Lazzaro” non fa altro che illustrare le conseguenze negative di un accecamento nell’uso dei beni di questo mondo.

Povertà e ricchezza, poveri e ricchi, sono fatti antichi quanto il mondo, ed hanno sempre fatto un problema morale e reale, e una lucida denuncia dell’ingiustizia sociale!

> Il ricco e il povero Lazzaro. a) Da un lato c’è un uomo definito semplicemente come ricco”, senza altri attributi; non si dice che era “cattivo” né “avaro”, ma un uomo che non sembrava molto ospitale. Tuttavia concedeva al povero Lazzaro di stare spesso alla sua porta, nonostante la sua miseria e le sue piaghe. Chi di noi permetterebbe questo sull’ingresso della propria casa? Noi forse chiameremmo la polizia!.All’ingresso di certe case signorili a volte si trova un cartello:”Vietato l’ingresso agli accattoni, e, attento ai cani”. E se lo stesso divieto si trovasse capovolto, sulla soglia dell’aldilà? “Vietato ai ricchi”. Così Luca sembra presentarci l’accesso alla beatitudine eterna.

  1. b) Dall’altro lato c’è Lazzaro, il cui nome significa “Dio aiuta”. Quest’ultimo non chiede nulla, neanche gli si negano gli avanzi che cadevano dalla tavola del quel ricco: è presente e basta.

Però tra i due si avverte una distanza invalicabile, un abisso di egoismo.

> La parabola prende di mira l’uso iniquo della ricchezza; inoltre la parabola non è un commento a “beati i poveri”, ma un commento a “guai a voi ricchi..., guai a voi che ora che ora siete sazi.., guai a voi che ora ridete..”(Lc.6,24-25). Una vita gaudente e rilassata, circondata da ogni conforto, priva di preoccupazioni, dimentica del disagio dei fratelli bisognosi..è un insulto a Dio, al Vangelo e alla stessa convivenza umana. Il Signore rende giustizia agli oppressi e sconvolge la via degli empi. La parabola del ricco epulone non è una condanna esplicita delle ricchezze in se stesse, ma ne dimostra il pericolo mortale: l’uso dei beni infatti, ha impedito al ricco di accorgersi dell’uomo bisognoso che viveva accanto a lui, e non aveva voluto sporcarsi le mani per lui: questo il suo errore.

/ La scena descritta da Gesù è tipica del mondo orientale, ove intorno al palazzotto del ricco, spesso albergava il povero che desiderava mangiare le molliche di pane con cui il ricco si puliva le mani unte del grasso dei vitelli. Ma se la scusa è tipica di un particolare ambiente e di un preciso momento storico, l’insegnamento del Signore è valido ancora oggi.

> Notiamo ora alcuni particolari, nel racconto di Luca.

  1. Il nome. Luca si è preoccupato di dare “un nome” al mendicante: Lazzaro, perché coloro che sono accolti nel seno di Abramo, avranno un nome imperituro. Però ha lasciato” innominato” il ricco, perché coloro che si credono importanti in questo mondo, e discendono nell’inferno, non meritano di essere più ricordati nell’aldilà, e saranno dimenticati presto! Nel mondo civile, i ricchi, i cosiddetti “importanti e grandi”, hanno un nome, cognome e titoli: avvocato, commendatore, eccellenza, ecc. Sono conosciuti nei mass-media, nei giornali, TV.. Nel Vangelo questo ricco signore invece, è “innominato”, non ha un nome, o meglio è soprannominato dalla tradizione come “epulone”. I “poveri” invece, i barboni, i terzomondiali, i clandestini, gli immigrati.., sono “anonimi”, senza nome, non sono rinomati dalla società gaudente, e anche alla morte, rimangono sempre un numero anonimo. Il povero Lazzaro perciò ha un nome(=“Dio aiuta”), e come lui avranno un nome imperituro i poveri Lazzari, e saranno accolti da Dio come “amici”.
  2. La morte. Ad un certo punto, Lazzaro muore: presumibilmente di stenti, come tanti suoi compagni di sventura di ieri e di oggi, magari ancora giovane. Nei Paesi del terzo mondo, la durata media della vita non oltrepassa i 40 anni, contro i quasi 75 anni dei Paesi industrializzati. Ma Lazzaro finisce diritto in paradiso “portato dagli angeli nel seno di Abramo”,(nel mondo ebraico il Regno è presentato come un banchetto messianico). Non si parla del seppellimento di Lazzaro, neanche di tomba per lui!. Poi il narratore aggiunge, tradendo un pizzico di ironia, “morì anche il ricco e fu sepolto”. Per i funerali dei ricchi c’è abbondanza di pubblicità, spese ingenti per TV, giornali, fiori, cassa di lusso, tombe monumentali con scritte roboanti di elogi funebri..

Tutto l’opposto della morte dei poveri!...

  1. La colpa. Che colpa poteva avere il ricco per andare “nell’inferno tra i tormenti?”. Il Vangelo non parla di colpe sue, ma solo di questo:”aveva ricevuto i suoi beni durante la vita”, se li ha goduti per sé; aveva creduto di avere una sola vita da vivere quaggiù e quindi l’aveva spesa interamente nella ricerca delle proprie soddisfazioni e non aveva sprecato il suo tempo per pensare agli altri.

/ L’uso dei beni infatti ha accecato il ricco e gli ha impedito di accorgersi dell’uomo bisognoso che viveva accanto a lui. Ha scambiato Dio con i suoi beni( e la pancia), perciò ha ricevuto la sua ricompensa su questa terra. Il movente sociale del Vangelo non è l’elemosina in sé(come è invece per il Corano), ma l’amore, tale movente è radicale e perennemente attuale.

“L’attaccamento al denaro infatti è la radice di tutti i mali; per il suo sfrenato desiderio, alcuni hanno deviato dalla fede e si sono da se stessi tormentati con molti dolori”(I Tim.6,10).

Lazzaro invece non si è fidato dei beni di questo mondo, ma si è fidato di Dio solo.      

  1. Il giudizio. A questo punto lo scenario cambia. “Stando nell’inferno tra i tormenti..”. Il ricco non ha perso l’arroganza che lo distingueva prima. Crede di poter ancora, se non comandare, ottenere. Si rivolge ad Abramo chiedendogli di mandare Lazzaro a bagnargli la lingua: forse verso di lui ritiene di vantare piccoli crediti, gli avanzi dei suoi banchetti! Troppo tardi! La risposta è no.

> La parabola si concludeva con un’appendice di sapore umano, cioè l’attenzione rivolta ai 5 fratelli del ricco, rimasti in vita a casa, ignari della sventura toccata al loro fratello. Ma quei 5 fratelli conoscono la Legge e i Profeti, sanno come comportarsi. Se non ascoltano Mosè, non daranno retta nemmeno ad una apparizione!.. A questo punto cala il sipario sulla vicenda.

> Con questa parabola Gesù non intende condannare i ricchi e benedire i poveri, ma vuol dire che questa divisione in 2 classi è contro il piano di Dio. I beni di questo mondo sono di tutti e non di alcuni, e tutti possono accedere. Perché nel mondo il 20% della popolazione delle nazioni ricche, deve usare l’80% delle risorse umane e lasciare agli altri 80% della popolazione delle nazioni povere, il 20% , le briciole?.. E poi ci lamentiamo delle invasioni degli immigrati nei nostri paesi!..

/ Crescono i poveri: in Italia sono 8 milioni; 700.000 le famiglie che vivono con meno di 1 milione e mezzo di lire al mese. Nel mondo, 1 miliardo e 300 milioni di esseri umani vivono con meno di  2.270 lire al giorno. Ogni 24 ore 30 mila bambini vengono uccisi da malattie facilmente curabili..

Eppure ricchi epuloni continuano ad esistere ancora oggi! Dai giornali si legge che: un noto uomo politico sfoggiava ad una cena un paio di scarpe costate 1 milione e mezzo di lire. In un ristorante sei persone hanno speso 146 milioni. Una sposa si presenta all’altare con un vestito trapuntato da 7000 brillanti: il tutto per un valore di 30 miliardi di lire!..

> Un proverbio africano dice: “La barbetta(= saggezza) negata al toro(= I° mondo), è stata data alla capretta”(= 3° mondo). Un altro proverbio(kikuyu), dice: “La legna verde che è nel soffitto, deride quella secca che brucia nel fuoco!”.

> S. Ambrogio diceva: ”Quando tu dai qualcosa al povero, tu non gli dai ciò che è tuo, ma gli restituisci semplicemente  ciò che è suo, perché i beni della terra sono di tutti”.

> La condivisione con i poveri è una testimonianza che non possiamo delegare a nessuno; non solo la fame materiale ma tanta gente cerca di essere saziata dalla fame di Dio, che cerca attraverso la nostra testimonianza cristiana. Questa è la prova della nostra fede nel “Povero che per noi ha dato la vita e ci chiede di fare come Lui, perché tutti, e noi con Lui, abbiano la vita. Fino a quando lo lasceremo fuori della nostra casa?Alla fine, alla resa dei conti,come ci presenteremo davanti a Dio?

> Noi siamo, in certo senso quei 5 fratelli! A noi ora è mandato “Uno che è risorto da morte”, è mandato Gesù in persona, il quale non viene per condannarci ma per salvarci e per darci la forza di essere coerenti con la sua Parola, e per dirci che siamo ancora in tempo per convertirci e per fare un po’ di bene a tanti “poveri Lazzari” che stanno alla nostra porta, aspettando ancora!

 

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