XXIV Domenica Tempo Ordinario

Published in Domenica Missionaria

“Rallegratevi con me perché ho ritrovato la mia pecora…la mia dramma che avevo perduta." Lc.15,1-10 (b).

 

La misericordia infinita di Dio verso il peccatore, è la perla più bella e preziosa del nostro cristianesimo. Se il Vangelo significa “buona notizia” per i poveri e per i peccatori, allora le parabole del Vangelo di Luca sulla misericordia di Dio, ci introducono nel cuore stesso del Vangelo.

> La  parabola della “pecorella perduta e quella della moneta smarrita”, descrivono la sollecitudine di Dio che va in cerca di ciò che si era perduto, E Luca è l’evangelista della “tenerezza di Dio”, e moltiplica i racconti che mostrano Gesù alla ricerca dei più abbandonati, dei poveri, dei peccatori.

L’amore di Dio non ci lascia tranquilli nella nostra cecità, e ci sollecita a tornare a Lui.

La storia della salvezza non è altro che la storia dei tentativi instancabili ripetuti da Dio, per far comprendere all’uomo il suo amore, per strapparlo al peccato.

> Gesù si serve di situazioni concrete per illustrare l’agire di Dio di fronte agli uomini, e trova gioia in questo. Certo Gesù segue un metodo strano, irreale e contrario all’esperienza.

Difatti un vero pastore non lascia le 99 pecore nel deserto, perchè al ritorno, avrebbe sicuramente una pecorella ritrovata, ma 99 pecorelle smarrite e disperse!. La donna poverissima(aveva solo 10 dramme), non può permettersi di invitare le amiche a far festa, perché una semplice merenda le costerebbe non una, ma tutte e dieci le sue dramme!. Pertanto per 3 volte il Vangelo descrive la gioia contagiosa di qualcuno che ha trovato ciò che aveva perduto: un pastore la sua pecora, una donna la sua dramma, un padre il suo figlio perduto. E questa gioia viene presentata da Gesù come risposta alle recriminazioni degli scribi e dei farisei che non vedevano di buon occhio il suo accogliere i peccatori e mangiare con loro: costoro erano davvero “arrabbiati” con Gesù!

> Ma perché erano arrabbiati? Ecco. Immaginate che Gesù mandi un messaggero celeste, un angelo, per informarci che sta venendo qui nel nostro paese.. per farci visita alla fine del mese. Immaginate i preparativi, le pulizie, nella chiesa, in piazza, per le strade, nei luoghi pubblici, ecc. con bandiere, stendardi, insegne, tutti in grande attesa per la visita di Gesù in persona. Arriva davvero nel giorno fissato, ma, sorpresa: non va nei luoghi preparati per accoglierlo degnamente, non va nella Parrocchia o nel Duomo, ma va a trovare i bevitori nei bar e nelle osterie, siede nei night-club con le ragazze allegre e invita alla sua tavola gli imbroglioni, i ladri e i terroristi!… Quale sarebbe la nostra reazione?..Sarebbe forse come quella degli scribi e dei farisei!.. Essi non lo accettarono, e non solo, ma lo condannarono a morte e lo uccisero perché aveva perdonato gli altri, perché aveva invitato gli altri alla sua tavola! Non potevano sopportare che Dio fosse più grande del loro cuore. Non potevano tollerare il pensiero che Dio è buono con i malvagi. Perdonare settanta volte sette; se qualcuno ti percuote sulla guancia destra, offrigli anche la guancia sinistra..

E noi che ci consideriamo “credenti e cattolici”, che faremmo?..

Pertanto se Gesù si comporta così con i peccatori e i perduti, allora Gesù è come Dio si comporta, e Gesù è Dio stesso, e per questo non possiamo criticare l’agire di Dio!..

> Il vero protagonista delle 3 parabole non è l’uomo peccatore, ma è Dio e la sua gioia, e gode immensamente nell’avere misericordia: una gioia che straripa e diventa festa.  e che grida a tutti:“facciamo festa...bisogna far festa..”

/ A questo punto c’è un interrogativo: perché “fare festa per chi si era perduto” ?.. Smarrendosi la pecorella, come il figlio minore, ha fatto tremare il cuore stesso di Dio. Dio ha temuto di perderlo per sempre, ha tremato perché si era affezionato perdutamente di questa creatura che Lui ha creato con tanto amore.

Ora Dio amandoci, si è messo nella condizione di dover sperare qualcosa da noi, perfino dal più grande peccatore. Il motivo più bello per convertirci che Gesù ci suggerisce è questo: voglio fare felice il mio Dio che mi aspetta: permettere a Dio di perdonarmi e di amarmi.

Il Signore voleva dire agli scribi e ai farisei arrabbiati che il loro atteggiamento negativo verso i peccatori, costituiva una critica rivolta a Dio (che non gode della morte del malvagio), e un insulto al prossimo. Gesù, il nostro fratello maggiore, si è messo a cercare l’uomo perduto con il peccato, e lo ha riportato al Padre: un lungo viaggio, dal cielo alla terra e dalla terra alla Croce.

> Queste parabole riguardano tutti noi: peccatori e giusti, lontani e vicini, credenti e miscredenti, nessuno è escluso dalla necessità di convertirsi e di far felice Dio e prendere parte alla sua felicità.

> Il peccato della nostra società contemporanea è il diffuso senso di inquietudine dovuto al carattere impersonale della nostra civiltà dei consumi, caratterizzato dall’anonimato, dalla indifferenza, e dall’egoismo, per cui tante persone si sentono isolate e non si sentono amate.

/ La contabilità di Dio è diversa dalla nostra. Una sola persona ha un valore unico agli occhi di Dio. Non è sostituibile, ciascuno di noi è importante. Dio non si rassegna a perdere uno solo dei suoi figli! La misericordia di Dio scende sempre più in basso di quanto scenda la miseria dell’uomo.

In amore, Dio non conosce misura; la misura del suo amore è di amare senza misura.

Nessun peccato è troppo grande, nessuno più della misericordia di Dio”.(Giovanni Paolo I)

> E allora, la risoluzione di questa riflessione può essere questa: voglio essere un fratello che va in cerca del fratello perduto, insieme con Gesù; voglio essere le mani, la bocca, il cuore di Gesù, per chi si è impigliato nelle spine del peccato. Forse qualcuno di questi è nascosto, molto vicino a me e non me ne sono mai accorto!..

> Notiamo nella prima lettura: Il popolo d’Israele, liberato dalla schiavitù, si dimentica spesso di Dio, tanto da costruirsi un’immagine divina proibita. Meriterebbe per questo il castigo, ma il Signore lo perdona per l’intercessione di Mosè che prega Dio per il popolo pervertito.

> La seconda lettura: Paolo, deplora il suo passato di persecutore e violento, ma ribadisce che questa sua esperienza è una prova ulteriore che Dio, in Gesù Cristo gli ha usato misericordia.

/ Se non sentiamo il bisogno di chiedere perdono a Dio per i nostri peccati, vuol dire che forse Dio lo abbiamo perso o lo stiamo perdendo sul serio!

Ricordiamoci sempre che il peccato più grave è quello di abbandonare Dio che tanto ci ama!.

 

( es. Il confessore, il peccatore incallito e il crocifisso).

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