Is 55,10-11;
Sal 64;
Rm 8,18-23;
Mt 13,1-23.
Matteo riserva cinque “capitoli” ai discorsi di Gesù e nel terzo troviamo una vera e propria miniera per la fede: la narrazione in parabole. Quella che ci offre il vangelo di questa domenica inaugura questo discorso nel quale Gesù parla di un seme –il vero protagonista della parabola– sparso dal seminatore su terreni diversi; poi lo stesso Gesù spiega ai suoi discepoli il motivo per cui parla usando parabole (Mt 13,10 ss.) e interpreta ampiamente questa (Mt 13,18 ss).
Gli elementi della storia sono inizialmente tre che possiamo definire di origine umana: il seme, il seminatore e i terreni; si parla poi del sole che, unito alla pioggia della prima lettura (Is 55,10-11), evidenzia un legame diretto con il “cielo”, sia in senso naturale che simbolico: scende dall’alto ed è dono di Dio necessario perché porti frutto tanto il lavoro umano come la forza intrinseca di questo seme.
In questo modo la semina, l’annuncio del Vangelo, appare come un impegno dell’uomo e allo stesso tempo una grazia di Dio. Ciò vale anche per noi oggi; lo ricorda la preghiera colletta che dice “Padre, che continui a seminare la tua parola nei solchi dell'umanità…”.
Il seminatore è generoso nel gesto di spargere il seme che cade anche su terreni che sembrano meno adatti, come possono essere i sentieri in mezzo ai campi (la strada), i terreni con erbe infestanti (le spine), il terreno con molti sassi. Eppure c’è una parte del seme che cade in terreno fertile e questo produce abbondantemente.
La prima lettura ci ricorda anche l’intervento della pioggia che feconda la terra: “come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia” (Is 55,10).
Può sembrare che il frutto di tanto impegno resti scarso: tre sono i terreni “difficili”, che impediscono la corretta crescita del seme, e uno solo è quello adatto. Anche ai tempi di Gesù si poteva costatare la maggioranza di coloro che rifiutavano la sua predicazione (i sapienti e dotti del vangelo di domenica scorsa) ma in realtà il terreno buono risulta di fatto ben superiore e produce un raccolto straordinario.
La parabola diventa quindi una verifica per Gesù e per i suoi discepoli che non devono farsi illudere da facili successi nel loro impegno missionario. Gesù aveva detto “non temete”: anche oggi lo continua dicendo a una cristianità che sembra diventata insignificante e marginale ma che racchiude il seme prodigioso della Parola che, se cade in terra buona, “produce il cento, il sessanta, il trenta per uno”.
Grazie, o Padre, perché continui a seminare la tua parola nei solchi dell'umanità così che nessuno sia privo del tuo amore. Grazie, Signore Gesù, che fai crescere in noi la disponibilità ad accogliere il Vangelo e a renderlo guida per la nostra vita. Grazie, Spirito perché ci aiuti a maturare frutti di giustizia e di pace, per realizzare il tuo sogno sul mondo.