Sap 9,13-18;
Sal 89;
Fm 1,9-10.12-17;
Lc 14,25-33.
“Molta gente andava con lui, egli si voltò e disse: Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo”. Al Signore non interessa contare le persone che vanno a lui; le sue parole sono forti e liberano da ogni illusione. Questa discriminazione tra il Signore e gli affetti parentali è la prima esigenza del discepolato. Per imparare da Cristo è necessario ritrovare in lui il nucleo di ogni amore e interesse. L’amore di chi segue il Signore non è un amore di possesso, ma di libertà.
Così che “chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo”. L’unico legame che aiuta il seguire Gesù è la croce. Questo simbolo dell’amore che non si tira indietro, capace di essere parola anche quando il mondo mette tutto a tacere con la condanna e la morte, è la lezione del Rabbì nato nella più piccola borgata di Giudea.
“Chi di voi, volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolarne la spesa, se ha i mezzi per portarla a compimento?”. Costruire una torre richiede una spesa non indifferente per chi ha poche risorse. Il buon desiderio di costruire se stessi non è sufficiente per farlo, è necessario sedersi, calcolare le spese, cercare i mezzi per portare il lavoro a compimento. Il “non calcolare”non corrisponde alla saggezza di chi dopo aver arato attende la pioggia, ma all’incoscienza di chi attende la fioritura e il raccolto da semi gettati tra sassi e rovi, senza fare la fatica di dissodare il terreno.
La derisione degli altri che arriva come grandine sui sentimenti di speranza di chi voleva arrivare in alto con le sue sole forze è il compenso alla propria arroganza vestita di buona volontà. Quante umiliazioni ognuno porta con sé, ma quanto poco frutto da queste esperienze di dolore! Avere le fondamenta e non ultimare la costruzione, serve a ben poco. Gesù ci chiede di diventare bambini sì, ma un bambino non pretenderà mai costruire una torre “vera”! Si accontenterà di una piccola torre sulla riva del mare, perché conosce bene le sue capacità.
Conclude questo testo con queste parole: “chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo”. Il cuore dell’uomo è una rete di vincoli. Legami di tenerezza e di gratitudine, legami di amore e di dipendenza, legami a non finire con tutto ciò che tocca il sentimento. Gesù parla di legami di consanguineità: padre, madre, moglie, figli, fratelli, sorelle, e di legami con la propria vita che nella mentalità semita è simboleggiata dal sangue. Ma il cuore deve essere libero da questi legami per poter andare a Lui e creare un vincolo nuovo che dà vita perché lascia alla persona la libertà di essere quello che è. Ogni discepolo ha un solo compito: quello di apprendere, non di dipendere. I legami del sangue creano dipendenza: quanti ricatti affettivi impediscono agli uomini di costruire la torre della loro esistenza.
La croce invece non lega, stringe perché tutto ciò che porti in te sia effuso, sangue e acqua, fino all’ultima goccia: tutta la tua vita come dono che non attende contraccambio. Il segreto dell’amore gratuito è appartenere più che possedere. Chi segue Gesù non è un discepolo qualsiasi che impara una dottrina, diventa il discepolo amato, capace di narrare le grandi opere del signore quando il fuoco dello Spirito farà di lui una fiamma sul candelabro del mondo.