“PACEM IN TERRIS: UN IMPEGNO PERMANENTE”

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Canto d’inizio

 

Saluto del celebrante

 

Introduzione

“Pacem in terris: un impegno permanente”: questo il titolo del messaggio che il Santo Padre ci ha offerto per la celebrazione della giornata mondiale della pace del 1/1/2003. Sollecitati dalle Sue parole ci ritroviamo qui insieme a pregare per intercedere il dono della pace: ci lasciamo guidare e accompagnare dal suo messaggio che fa memoria dei quarant’anni dell’enciclica di Giovanni XXIII. Anche noi, come lui, siamo tra quelli che ritengono che la pace sia possibile.

            Ci introduciamo a questa veglia ricordando le condizioni essenziali per la pace.

 

            “Da spirito illuminato qual era, Giovanni XXIII identificò le condizioni essenziali per la pace in quattro precise esigenze dell’animo umano: la verità, la giustizia, l’amore e la libertà. La verità – egli disse – sarà fondamento della pace, se ogni individuo con onestà prenderà coscienza, oltre che dei propri diritti, anche dei propri doveri verso gli altri. La giustizia edificherà la pace, se ciascuno concretamente rispetterà i diritti altrui e si sforzerà di adempiere pienamente i propri doveri verso gli altri. L’amore sarà fermento di pace, se la gente sentirà i bisogni degli altri come propri e condividerà con gli altri ciò che possiede, a cominciare dai valori dello spirito. La libertà infine alimenterà la pace e la farà fruttificare se, nella scelta dei mezzi per raggiungerla, gli individui seguiranno la ragione e si assumeranno con coraggio la responsabilità delle proprie azioni”. (n. 3 - “Pacem in terris: impegno permanente”)

 

1 – Alcune intuizioni profetiche … ancora disattese

 

La dignità dell’uomo e i suoi diritti

            “Davanti alla crescente consapevolezza dei diritti umani che andava emergendo a livello sia nazionale che internazionale, Giovanni XXIII intuì la forza insita nel fenomeno ed il suo straordinario potere di cambiare la storia. Quel che avvenne pochi anni dopo soprattutto nell’Europa centrale ed orientale ne offrì la singolare conferma. La strada verso la pace, insegnava il Papa nell’Enciclica, doveva passare attraverso la difesa e la promozione dei diritti umani fondamentali. Di essi infatti ogni persona umana gode, non come di beneficio elargito da una certa classe sociale o dallo Stato, ma come di una prerogativa che le è propria in quanto persona: “In una convivenza ordinata e feconda va posto come fondamento il principio che ogni essere umano è persona, cioè una natura dotata di intelligenza e di volontà libera; e quindi è soggetto di diritti e di doveri che scaturiscono immediatamente e simultaneamente dalla sua stessa natura: diritti e doveri che sono perciò universali, inviolabili, inalienabili”” (n.4 - “Pacem in terris: impegno permanente”).

 

Il bene comune universale

            “Su di un altro punto l’insegnamento della Pacem in terris si dimostrò profetico, precorrendo la fase successiva dell’evoluzione delle politiche mondiali. Davanti ad un mondo che stava diventando sempre più interdipendente e globale, Papa Giovanni XXIII suggerì che il concetto di bene comune doveva essere elaborato con un orizzonte mondiale. Ormai, per essere corretto, il discorso doveva far riferimento al concetto di “bene comune universale” (Pacem in terris, IV: l.c., 292). Una delle conseguenze di questa evoluzione era l’evidente esigenza che vi fosse un’autorità pubblica a livello internazionale, che potesse disporre dell’effettiva capacità di promuovere tale bene comune universale. Questa autorità, soggiungeva immediatamente il Papa, non avrebbe dovuto essere stabilita attraverso la coercizione, ma solo attraverso il consenso delle nazioni. Si sarebbe dovuto trattare di un organismo avente come “obiettivo fondamentale il riconoscimento, il rispetto, la tutela e la promozione dei diritti della persona”” (n. 5 - “Pacem in terris: impegno permanente”).

Cosa bisogna ancora realizzare

            “Non solo la visione precorritrice di Papa Giovanni XXIII, la prospettiva cioè di un’autorità pubblica internazionale a servizio dei diritti umani, della libertà e della pace, non si è ancora interamente realizzata, ma si deve registrare, purtroppo, la non infrequente esitazione della comunità internazionale nel dovere di rispettare e applicare i diritti umani. Questo dovere tocca tutti i diritti fondamentali e non consente scelte arbitrarie, che porterebbero a realizzare forme di discriminazione e di ingiustizia. Allo stesso tempo, siamo testimoni dell’affermarsi di una preoccupante forbice tra una serie di nuovi “diritti” promossi nelle società tecnologicamente avanzate e diritti umani elementari che tuttora non vengono soddisfatti soprattutto in situazioni di sottosviluppo: penso, ad esempio, al diritto al cibo, all’acqua potabile, alla casa, all’autodeterminazione e all’indipendenza. La pace richiede che questa distanza sia urgentemente ridotta e infine superata” (n. 5 - “Pacem in terris: impegno permanente”).

 

Breve silenzio

 

Invocazioni

Sol.      O Dio, che chiami i tuoi figli operatori di pace,

T.        fa’ che lavoriamo senza mai stancarci per promuovere la giustizia e la pace.

Sol.      O Dio che hai creato la terra e l’hai affidata all’uomo,

T.        aiutaci ad amarla e a portarvi l’ordine da te voluto.

Sol.      O Dio, che nel tuo Figlio ci hai insegnato l’amore, il perdono e il rispetto per la vita di ogni uomo,

T.        apri il nostro cuore e donaci di saper difendere i diritti dei più deboli, anche quando questo ci costa.

 

Canto

 

2 – Diritti e “dovere”

            “Un’osservazione deve ancora essere fatta: la comunità internazionale, che dal 1948 possiede una carta dei diritti della persona umana, ha per lo più trascurato d’insistere adeguatamente sui doveri che ne derivano. In realtà, è il dovere che stabilisce l’ambito entro il quale i diritti devono contenersi per non trasformarsi nell’esercizio di un arbitrio. Una più grande consapevolezza dei doveri umani universali sarebbe di grande beneficio alla causa della pace, perché le fornirebbe la base morale del riconoscimento condiviso di un ordine delle cose che non dipende dalla volontà di un individuo o di un gruppo” (n. 5 - “Pacem in terris: impegno permanente”).

 

            “Che ci sia un grande disordine nella situazione del mondo contemporaneo è constatazione da tutti facilmente condivisa. L’interrogativo che si impone è perciò il seguente: quale tipo di ordine può sostituire questo disordine, per dare agli uomini e alle donne la possibilità di vivere in libertà, giustizia e sicurezza? E poiché il mondo, pur nel suo disordine, si sta comunque “organizzando” in vari campi (economico, culturale e perfino politico), sorge un’altra domanda ugualmente pressante: secondo quali principi si stanno sviluppando queste nuove forme di ordine mondiale? Queste domande ad ampio raggio indicano che il problema dell’ordine negli affari mondiali, che è poi il problema della pace rettamente intesa, non può prescindere da questioni legate ai principi morali. In altre parole, emerge anche da questa angolatura la consapevolezza che la questione della pace non può essere separata da quella della dignità e dei diritti umani. Proprio questa è una delle perenni verità insegnate dalla Pacem in terris, e noi faremmo bene a ricordarla e a meditarla in questo quarantesimo anniversario” (n. 6 - “Pacem in terris: impegno permanente”).

 

Breve silenzio

 

Invocazioni

Sol.      Perché sappiamo vedere e prenderci cura dei bisogni degli altri.

T.        Rendici Signore operatori di pace.

Sol.      Perché abbiamo l’umiltà di riconoscere che anche noi abbiamo bisogno dei fratelli.

T.        Rendici Signore operatori di pace.

Sol.      Perché sappiamo leggere il diritto dell’altro come un appello alla condivisione.

T.        Rendici Signore operatori di pace.

 

Canto

 

3 – Il rapporto tra verità e pace

            Nella sua enciclica Giovanni XXIII non manca di precisare il ruolo della politica sottolineando come anch’essa essendo attività umana è soggetta al giudizio morale. Ciò a partire dal fatto che nessuna attività umana può collocarsi al di fuori della sfera dei valori etici.

Giovanni Paolo II ricolloca nell’oggi queste parole.

 

            “Finché coloro che occupano posizioni di responsabilità non accetteranno di porre coraggiosamente in questione il loro modo di gestire il potere e di procurare il benessere dei loro popoli, sarà difficile immaginare che si possa davvero progredire verso la pace. La lotta fratricida, che ogni giorno scuote la Terra Santa contrapponendo tra loro le forze che tessono l’immediato futuro del Medio Oriente, pone l’urgente esigenza di uomini e di donne convinti della necessità di una politica fondata sul rispetto della dignità e dei diritti della persona. Una simile politica è per tutti incomparabilmente più vantaggiosa che la continuazione delle situazioni di conflitto in atto. Occorre partire da questa verità. Essa è sempre più liberante di qualsiasi forma di propaganda, specialmente quando tale propaganda servisse a dissimulare intenzioni inconfessabili.

            C’è un legame inscindibile tra l’impegno per la pace e il rispetto della verità. L’onestà nel dare informazioni, l’equità dei sistemi giuridici, la trasparenza delle procedure democratiche danno ai cittadini quel senso di sicurezza, quella disponibilità a comporre le controversie con mezzi pacifici e quella volontà di intesa leale e costruttiva che costituiscono le vere premesse di una pace durevole. Gli incontri politici a livello nazionale e internazionale servono la causa della pace solo se l’assunzione comune degli impegni è poi rispettata da ogni parte. In caso contrario, questi incontri rischiano di diventare irrilevanti e inutili, ed il risultato è che la gente è tentata di credere sempre meno all’utilità del dialogo e di confidare invece nell’uso della forza come via per risolvere le controversie. Le ripercussioni negative, che sul processo di pace hanno gli impegni presi e poi non rispettati, devono indurre i Capi di Stato e di Governo a ponderare con grande senso di responsabilità ogni loro decisione.

            Pacta sunt servanda (i patti vanno rispettati), recita l’antico adagio. Se tutti gli impegni assunti devono essere rispettati, speciale cura deve essere posta nel dare esecuzione agli impegni assunti verso i poveri. Particolarmente frustrante sarebbe infatti, nei loro confronti, il mancato adempimento di promesse da loro sentite come di vitale interesse. In questa prospettiva, il mancato adempimento degli impegni con le nazioni in via di sviluppo costituisce una seria questione morale e mette ancora più in luce l’ingiustizia delle disuguaglianze esistenti nel mondo. La sofferenza causata dalla povertà risulta drammaticamente accresciuta dal venir meno della fiducia. Il risultato finale è la caduta di ogni speranza. La presenza della fiducia nelle relazioni internazionali è un capitale sociale di valore fondamentale” (nn. 7 - 8 “Pacem in terris: impegno permanente”).

 

Breve silenzio

 

Preghiamo insieme la prima parte di questa preghiera di Paolo VI

Siate degni del dono della pace

Uomini, diciamo in questo singolare momento,

uomini, procurate d’essere degni del dono divino della pace.

Uomini, siate uomini.

Uomini, siate buoni, siate saggi, siate aperti alla considerazione del bene totale del mondo.

Uomini, siate magnanimi.

Uomini, sappiate vedere il vostro prestigio e il vostro interesse,

non contrari, ma solidali col prestigio e con l’interesse altrui.

Uomini, non pensate a progetti di distruzione e di morte,

di rivoluzione e di sopraffazione:

pensate a progetti di comune conforto e di solidale collaborazione.

 

Canto

 

4 – Gesti di pace

            “A voler guardare le cose a fondo, si deve riconoscere che la pace non è tanto questione di strutture, quanto di persone. Strutture e procedure di pace – giuridiche, politiche ed economiche – sono certamente necessarie e fortunatamente sono spesso presenti. Esse tuttavia non sono che il frutto della saggezza e dell’esperienza accumulata lungo la storia mediante innumerevoli gesti di pace, posti da uomini e donne che hanno saputo sperare senza cedere mai allo scoraggiamento. Gesti di pace nascono dalla vita di persone che coltivano nel proprio animo costanti atteggiamenti di pace. Sono frutto della mente e del cuore di “operatori di pace” (Mt 5, 9). Gesti di pace sono possibili quando la gente apprezza pienamente la dimensione comunitaria della vita, così da percepire il significato e le conseguenze che certi eventi hanno sulla propria comunità e sul mondo nel suo insieme. Gesti di pace creano una tradizione e una cultura di pace.

            La religione possiede un ruolo vitale nel suscitare gesti di pace e nel consolidare condizioni di pace. Essa può esercitare questo ruolo tanto più efficacemente, quanto più decisamente si concentra su ciò che le è proprio: l’apertura a Dio, l’insegnamento di una fratellanza universale e la promozione di una cultura di solidarietà” (n. 9 - “Pacem in terris: impegno permanente”).

 

Breve silenzio

 

Preghiamo insieme

Uomini, pensate alla gravità e alla grandezza di quest’ora,

che può essere decisiva per la storia della presente e della futura generazione;

e ricominciate ad avvicinarvi gli uni agli altri con pensieri di costruire un mondo nuovo;

sì, il mondo degli uomini veri,

il quale non potrà mai essere tale senza il sole di Dio sul suo orizzonte.

Uomini, ascoltate mediante l’umile e tremante voce nostra,

l’eco sonante della Parola di Cristo:

“Beati i mansueti, perché possederanno la terra;

beati i pacifici, perché saranno chiamati figli di Dio”.

(Paolo VI - 1967)

 

Canto

 

5 – Per una nuova visione del mondo

            “Il beato Giovanni XXIII era persona che non temeva il futuro. Lo aiutava in questo atteggiamento di ottimismo quella convinta confidenza in Dio e nell’uomo che gli veniva dal profondo clima di fede in cui era cresciuto. Forte di questo abbandono alla Provvidenza, persino in un contesto che sembrava di permanente conflitto, non esitò a proporre ai leader del suo tempo una visione nuova del mondo. È questa l’eredità che egli ci ha lasciato. Guardando a lui, in questa Giornata Mondiale della Pace 2003, siamo invitati ad impegnarci in quei medesimi sentimenti che furono suoi: fiducia in Dio misericordioso e compassionevole, che ci chiama alla fratellanza; fiducia negli uomini e nelle donne del nostro come di ogni altro tempo, a motivo dell’immagine di Dio impressa ugualmente negli animi di tutti. È partendo da questi sentimenti che si può sperare di costruire un mondo di pace sulla terra” (n. 10 - “Pacem in terris: impegno permanente”).

 

            Al termine di questa veglia vogliamo esprimere il nostro desidero di essere concretamente operatori di pace nel quotidiano. Anche noi non temiamo il futuro e vogliamo impegnarci a far fruttificare l’eredità che abbiamo ricevuto.

T.        Ci sentiamo chiamati ad alimentare la nostra fiducia nel Dio misericordioso che ci chiama alla fratellanza, e nel contempo ad avere fiducia anche in ogni uomo e donna del nostro tempo.

P.         Proprio a noi oggi è rivolto l’invito di ricomporre i rapporti della convivenza nella verità, nella giustizia, nell’amore, nella libertà, a partire dalle situazioni e dalle persone che ci è dato di incontrare.

            Attraverso il gesto dello scambio della pace vogliamo ora esprimere il desiderio di rinnovare il nostro cuore e di rispondere con generosità a questo invito.

           

            Scambiamoci un segno di pace.

 

Canto finale

 

 

 


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