Quando l'amore diventa pericoloso

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Materiale occorrente
: una brocca d’acqua, mappa del mondo con foto di persone, alcuni vasetti.


Canto

Guida: Il nostro mondo è sempre più dominato da un ordine economico che crea un abisso tra il Sud sempre più povero e il Nord che continua ad aumentare la sua ricchezza. La sobrietà è un valore e uno stile di vita che sa distinguere i bisogni reali da quelli imposti e che si sforza di garantire a tutti un tenore di vita soddisfacente. Noi siamo chiamati in prima linea affinché, con l’annuncio della Buona Novella, sappiamo tradurre concretamente le parole di Gesù: «Sono venuto per portare la vita in abbondanza».

Si versa l’acqua dalla brocca nei piccoli vasi, mentre un lettore dice:

1° lettore: La distribuzione di quest’acqua vuole significare la vita che viene ogni giorno offerta al mondo, ma non sempre in modo giusto ed uguale...

2° lettore: Non uccidere il tuo fratello.
Non uccide solo la violenza dei terroristi...
uccide chi «strozzina» il povero,
chi prende milioni per guarire un malato,
o per risolvere una causa giudiziaria.
Uccide chi procura aborto
e non difende la vita del più debole.
Uccide chi consuma troppo, impedendo
ad altri di avere il necessario per vivere
o investendo le proprie ricchezze
in opere di morte, anziché a favore della vita.
Uccide chi inquina, impedendo la vita
a chi, domani, verrà dopo di noi.

Breve pausa di silenzio.

Guida: Troppo a lungo gli uomini vivono semplicemente gli uni accanto agli altri. È giunta l’ora di convincersi che è necessario vivere gli uni «per» gli altri.

1° lett: Recitiamo ora inieme il salmo 133, dove siamo invitati a riflettere sul nostro modo di rapportarci con gli altri e sul nostro modello di vita.

Tutti: (a cori alterni)

È veramente una cosa bella
e che dà gioia, vivere in comunità.

È un’esperienza che arricchisce la persona.
Stimola l’intelligenza, ponendo interrogativi
che impegnano ad approfondire le cose.

Costringe ad essere veri quando si parla,
ad essere coerenti nelle scelte importanti
e nella semplice vita di ogni giorno.

È uno stile di vita che cambia
e valorizza anche i rapporti con gli altri;
trasmette una qualità nuova d’incontro.

Vivere in comunità
è vivere un’esperienza di Dio,
dare un segno di lui, che è comunione
e vuole tra noi la comunione..

Vivere in comunità è un dono
che ha la radice in lui,
Trinità d’amore per l’uomo.

Si può eseguire un canone...

Guida: Dal vangelo di Marco. (9, 41) - «E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».

Viene appesa davanti a tutti una mappa del mondo con foto di persone, mentre un lettore dice:

Lettore: Questa è la terra della missione, il luogo della nostra vocazione cristiana, il campo dove siamo chiamati a lavorare...

Guida: Ascoltiamo ora la testimonianza di una ragazza che ha fatto del volontariato una scelta di vita, anzi, una vocazione.

Lettore: Gli ultimi mesi della mia permanenza in Mozambico sono stati un periodo molto duro e difficile sotto vari aspetti. Ho sofferto molto e forse, mi auguro, sono un po’ cresciuta... il che non fa mai male. Credo di essere morta e resuscitata più di una volta. Caduto tutto, persi i riferimenti affettivi e le sicurezze umane, mi sono ritrovata a un certo momento con l’essenziale... e ho scoperto di avere fede e amare profondamente Dio. Mi sono chiesta cosa ancora mi spingesse a restare, quando tutto era scoraggiante e la solitudine era quasi totale. Da dove viene questo richiamo tanto forte a restare, a resistere?
 

Tutti i sacrifici, i rischi, le difficoltà hanno un senso, perché credo profondamente nel messaggio di Gesù! Tanto profondamente, che nemmeno io sapevo fosse così radicato in me. È passato il tempo in cui l’Africa era per me poesia, in cui il missionario era un ideale e i poveri un campo dove bastava donarsi, senza troppo pensare. Il mio cuore è passato attraverso profonde delusioni, attraverso crude realtà.

Quando arrivo in un villaggio, dopo ore e ore di cammino, e trovo gli occhi speranzosi di un centinaio di bambini che, senza l’alfabetizzazione non avrebbero scuola, ecco che il mio animo si solleva e nulla mi ferma. Quando mi invitano nelle comunità più lontane e per qualche giorno condivido giorno e notte la povertà di questa gente, i ritmi i silenzi, il cibo (sempre la stessa polenta di cui non sopporto neanche più l’odore), la mancanza d’acqua, l’isolamento, gli insetti nella capanna che ti smangiucchiano mentre dormi, le danze sotto il cielo stellato di notte... Ecco che mi sento vicina, davvero vicina a loro e capisco che, se non c’è risultato in quello che faccio, c’è almeno un risultato in quello che sono!

Sto preparando il terreno per aprire un centro diurno per bambini orfani e abbandonati nel quartiere più povero e popoloso di Pemba. Si tratterebbe di vivere in una casetta semplicissima nel quartiere stesso, di accogliere i bambini durante il giorno (seguendoli nell’alimentazione, istruzione, formazione salute e stabilità affettiva), portare avanti un lavoro con le famiglie da cui i bambini provengono, coinvolgendole e aiutandole, al fine di poter poi inserire i bambini nella scuola, senza averli mai sradicati dal loro ambiente. Voglio restare. Non so cosa mi chiama, ma qualcosa mi chiama!

Silenzio di meditazione. Poi si pone un vaso vuoto sopra la mappa del mondo; il lettore spiega:

Lettore: Il nostro è un mondo che chiede, un mondo che ha un bisogno, che domanda. È anche segno del nostro niente, che spesso abbiamo da offrire al mondo, «il vaso vuoto di un mendicante» (don Tonino Bello).

Guida: Vedendo le folle, Gesù ne sentì compassione, perché erano stanche e scoraggiate, come pecore che non hanno un pastore. (Mt 9, 36)

1° lettore: Una scena lontana, che parla di folle antiche, di greggi e di pastori... No! Sono le folle di oggi, del Sud del mondo, delle immense periferie urbane, o delle società ricche, raffinate e disperate; quelle invisibili degli ammalati di solitudine, le folle pronte a lasciarsi attirare dalle idee più gridate e più assurde; basta che si tirino fuori dal senso di vuoto e soffochino la paura del domani.

2° lettore: Gesù «prova compassione» per la gente, per chi è nel bisogno, per i poveri... E va, cerca, parla con loro, si fa compagno e amico, li aiuta e li guarisce...

Alcuni ragazzi versano ora l’acqua dei vasetti nella brocca, mentre un lettore dice:

Lettore: L’acqua versata nel vaso esprime il nostro impegno per il mondo, il nostro essere profeti di vita. La vita che abbiamo ricevuto, donandola agli altri, ritornerà a noi in abbondanza.

Canto

Guida: I poveri disturbano e coinvolgono. Infatti, non si tratta di fare qualcosa per loro, ma di entrare in relazione e non sappiamo dove ci porterà tutto questo. Vivere un’alleanza con il povero significa mettersi in comunione con lui e diventare vulnerabili; significa perdere la propria libertà per acquistare una nuova libertà, quella dell’amore. Il povero rimane pericoloso; chiama al cambiamento, a una trasformazione, a una conversione radicale.

Lettore: Mi ricordo che, un giorno, a Parigi sono stato avvicinato da una donna che aveva l’aria fragile e ferita. Mi chiedeva dieci franchi. Ho voluto sapere il perché e mi rispose che era appena uscita dall’ospedale psichiatrico e che era malata. Abbiamo iniziato a parlare e a un certo punto mi sono reso conto che se continuavo sarebbe diventato troppo pericoloso perché di certo l’avrei invitata a pranzo e non avrei più potuto lasciarla per la strada. E ho sentito salire dentro di me ogni sorta di potenza che mi diceva di fermarmi. Le ho dato dieci franchi e sono andato all’appuntamento che avevo.

Se ci si avvicina troppo al povero si perde la propria libertà personale. A un certo punto, si arriva a una svolta senza ritorno che cambia la nostra vita. Mi sono reso conto che facevo esattamente come il prete e come il levita della storia del buon samaritano, che hanno continuato la loro strada fino a Gerico. A volte, è molto più facile dare dei soldi ad un povero, piuttosto che avvicinarsi a lui.

Breve pausa

Guida: La missione, l’umanità ferita e abbandonata più che di denaro hanno bisogno di persone che si mettano al suo servizio. Questo incontro di preghiera dovrebbe aver suscitato in tutti noi la consapevolezza che dobbiamo sentirci responsabili gli uni degli altri, che tutto il nostro benessere deve essere condiviso con chi è nella povertà e miseria perché, come ha scritto san Basilio, «il pane che a voi avanza è il pane dell’affamato; la tunica appesa al vostro armadio è la tunica di chi è nudo; le scarpe che voi non portate sono le scarpe di chi è scalzo; il denaro che tenete ascosto è il denaro del povero; le opere di carità che voi non compite sono altrettante ingiustizie che voi commettete»...

Tutti: (insieme)
Un’ultima implorazione, Signore.

È per i poveri, i malati, i vecchi, gli esclusi.
Per chi ha fame e non ha pane.
Ma anche per chi ha pane e non ha fame.
Per chi si vede sorpassare da tutti.
Per chi è solo e per chi è stanco.
Per chi ha ammainato le vele.

Libera i credenti, Signore,
dal pensare che basti un gesto di carità
a sanare tutte le sofferenze.

Ma libera anche chi non condivide
le speranze cristiane del credere
che sia inutile spartire il pane e la tenda
e che basterà cambiare le strutture
perché i poveri non ci siano più.

I poveri sono il segno
della nostra povertà di viandanti,
il simbolo delle nostre delusioni,
il coagulo delle nostre stanchezze,
il brandello delle nostre dispersioni.

Concedi, o Signore,
a questo popolo che cammina,
l’onore di scorgere
chi si è fermato lungo la strada
e di essere pronto a dargli una mano
per rimetterlo in viaggio.

Canto

 


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