«Che [cosa] dissi al Signore all’inizio di quest’opera? Ricordatevi Signore, qualunque cosa, ma neppure un filo di superbia, e se sono necessarie le prove, mandate, struggete pure». «Piuttosto che acconsentire ad un pensiero di compiacenza per il lavoro fatto dall’Istituto, voglio che vadano in fiamme tutte le cosa e tutte le opere dell’Istituto».
[Ai missionari]«Dieci anni fa [ero] incorso una gravissima malattia che mi portò fino alle porte del Paradiso, d’onde fui ricacciato qui in terra, perché non ero ancora degno; il nostro Card. Arcivescovo veniva a trovarmi quasi tutte le sere, e siccome avevamo già parlato di questa istituzione, gli dissi: “Sicché ormai all’Istituto penserà un altro” e lo dicevo contento; forse per pigrizia di sobbarcarmi un tal peso. Egli però mi rispose: “No, guarirai e lo farai tu”. E son guarito. Andai poi a fare la convalescenza a Rivoli, e là, il giorno di S. Fedele da Sigmaringa […] posi sull’altare una lunga lettera. […]. Celebrai la Messa in onore del Santo, indi andai ad impostare la lettera che inviavo al Cardinale Arcivescovo. E fu decisa la fondazione».
[Alle missionarie] È il Papa Pio X che vi ha volute; è lui che mi ha data la vocazione di fare delle missionarie». «[Il card. Gotti] Era un uomo di fede; fu lui che mi incoraggiò a fondare le suore. – Ma, risposi io, suore ce ne sono già tante. – Molte suore, poche missionarie, soggiunse». «Io sono sicuro che voi siete di vera fondazione. Ci sono poche comunità che abbiano avuto una fondazione così chiara, così netta».
L’Allamano vuole piena comunione con lui e con la comunità: «Il nostro Arcivescovo, il Card. Richelmy mi diceva un giorno: “in principio il Signore opera anche cose straordinarie per formare l’opera sua, e anche le mezze volontà le aiuta e servono al progresso dell’opera; ma più tardi, quando il tempo per formare gli individui è più lungo, allora vuole poi da loro tutto quel che possono».
«Il Signore m’ha posto a capo dell’Istituto e mi dà la grazia di dirigerlo: lo spirito dovete prenderlo da me che sono come l’anello di congiunzione colla S. Sede». «Io darò il mio spirito a quelli che saranno uniti a me». «Non è il numero che importa, è lo spirito». «Voi mi avete detto che non guardo al numero; ma più grosso è il numero dei santi e meglio è».
«[Il fine dell’Istituto è la] ”santificazione dei membri” non di qualcuno, ma di tutti […]. Tutto deve essere disposto a fare tutti santi …. Di tutti per non fare un torto, tutti sono membri e devono farsi santi, devono aiutarsi».
«Questa è una casa di apostoli, destinata alla formazione di apostoli. Voi dovreste sentirvi santamente superbi di essere in questa casa, di appartenere ai missionari». «[Dobbiamo] amarla la vocazione, proprio di cuore. […] non vergognarsi di essere missionari; ma sentirsi contenti di essere missionari, di appartenere all’Istituto delle Missioni della Consolata».
«Quanto l’Apostolo [Paolo] scongiura ai Cristiani Efesini […] molto più si conviene a noi che formiamo un corpo superiore per l’unione spirituale della stessa vocazione religiosa, sacerdotale, missionaria». «Noi siamo tutti fratelli della stessa speranza, […]che dovremo camminare per la stessa strada». «[…] È niente l’essere piuttosto in un posto che in un altro…Siamo tutti missionari, siamo tutti insieme, facciamo tutti una cosa sola, come se fossimo tutti qui, tutti al Kenya, tutti al Kaffa, tutti all’Iringa». «L’unione fa di una Comunità un esercito ben ordinato ed agguerrito da vincere il demonio.
O Dio, Padre della famiglia umana,
noi ti lodiamo e ti ringraziamo
per aver ispirato al Beato Giuseppe Allamano
di fondare la nostra Famiglia religiosa
per l’annuncio della salvezza ai popoli.
Donaci, benigno, un cuore fedele
allo spirito che ci ha trasmesso
e concedici i favori che ti chiediamo
per sua intercessione.