Il vescovo della diocesi di Murang'a, in Kenya, Mons. James Maria Wainaina Kung'u, ha invitato i missionari della Consolata a vivere secondo la loro vocazione e “non a comportarsi come i farisei e gli scribi del Vangelo”.

Il 28 febbraio scorso, Mons. Wainaina, nell’omelia della S. Messa di apertura, della 13ª Conferenza Regionale dei missionari della Consolata in Kenya che si svolge nella Casa Bethany a Sagana, a circa 100 km a nord di Nairobi, ha rivolto parole di sostegno, di incoraggiamento, ma anche di “provocazione” ai nostri missionari

"Mentre vi sedete nei prossimi giorni per riflettere sulla vostra missione in mezzo al popolo di Dio, lasciate che sia Lui a guidare i vostri pensieri", ha detto il vescovo all'inizio della sua omelia.

I 44 missionari, delegati alla Conferenza, rappresentano i 166 missionari che lavorano in Kenya e Uganda, sono stati sollecitati a concentrarsi sull’essenziale nelle varie sessioni della Conferenza, da lui definita, “un incontro spirituale e pastorale”.

Mons. Wainaina ha inoltre affermato che "come missionari dovreste pensare a voi stessi come se foste seduti sulla cattedra di Mosè. La Chiesa ci ha dato quella cattedra, la sfida è che purtroppo ciò che insegniamo spesso non è ciò che viviamo", ha detto il vescovo citando il Vangelo del giorno tratto da Matteo 23, 1-12.

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In riferimento all’accenno di Mosè nel Vangelo del giorno, Mons. Wainaina ha poi aggiunto che che egli era molto ben preparato per la sua missione.

"Come religiosi missionari, fate molti anni di formazione prima di essere ordinati sacerdoti o di prendere i voti perpetui che questa preparazione” si è augurato il vescovo “possa rendervi veramente persone preparate per la missione a cui Dio vi ha chiamati. È questo il motivo per cui questa Conferenza è importante, perché vi chiama a tornare ad essere come a Mosè piuttosto che diventare degli scribi e dei farisei", ha affermato Mons. Wainana, il terzo vescovo di Murang'a.

Ha poi sfidato i missionari ad essere degli “autentici Mosè” dei nostri giorni e, così facendo, “a pascere il popolo di Dio, a nutrirlo, a guidarlo e a proteggerlo, perché questo è il lavoro di un vero pastore”.

Nella Bibbia, i farisei e gli scribi sono noti per incentrare la loro vita su sé stessi. "Dove è centrata la vostra vita? È centrata su Dio? È centrata sui valori e sulle convinzioni giuste?”, ha domandato il vescovo. “Questa è sempre la nostra sfida. Dove è il centro della mia vita, della mia missione". Se non stiamo attenti, "possiamo finire per incentrare la nostra propria missione su noi stessi", ha osservato.

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"Mettere al centro della vita Dio è un dovere per tutti i cristiani, ma in modo del tutto speciale è richiesto a noi pastori del gregge. Abbiamo davvero bisogno di ricentrare la nostra vita su Cristo. Quello che predichiamo deve essere coerente con quello che facciamo", e poi il vescovo, con un pizzico di umore, ha aggiunto: "Non dite ai vostri cristiani che non devono mangiare la carne il venerdì mentre voi siete i primi a mangiarla!".

La Conferenza Regionale è iniziata lunedì 26 febbraio e si concluderà venerdì 1 marzo.

Attendono la Conferenza anche il Superiore Generale, padre James Bhola Lengarin, il Vice Superiore Generale, padre Michelangelo Piovano e il Consigliere Generale incaricato del Continente Africa, padre Erasto Mgalama.

* Padre Daniel Onyango Mkado, IMC, responsabile della comunicazione del Kenya.

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Il vescovo della diocesi di Murang'a, in Kenya, Mons. James Maria Wainaina Kung'u

Dopo l’attacco ad una parrocchia costato la vita ad una decina di persone, il titolare della diocesi colpita e presidente della locale Conferenza Episcopale, racconta la reazione della sua Chiesa: “A chi ci offre proiettili noi porgiamo pace, fede e speranza. L’attentato non è una persecuzione contro i cristiani: si tenta di far passare la falsa idea che ci sia in atto una guerra di religione”. Il grazie al Papa per la sua vicinanza e preghiera

Monsignor Laurent Birfuoré Dabiré conosce un solo modo per reagire a quegli uomini armati che hanno sparato ad alcuni fedeli riuniti in una cappella della sua diocesi mentre erano intenti in preghiera: “L’unica risposta è l’amore, la pace”. Lui è il vescovo di Dori, quella porzione di Chiesa del Burkina Faso che si trova al confine nord del Paese dell’Africa Occidentale e che comprende la parrocchia del villaggio di Essakane nella quale il 25 febbraio scorso hanno fatto irruzione alcuni terroristi che hanno compiuto quella mattanza che ha sconvolto il mondo.

Un martirio

Nella ricostruzione che fa con i media vaticani, il presule - che è anche presidente della Conferenza episcopale locale - mette in evidenza dettagli poco conosciuti di ciò che, forse, potrebbe essere definito un vero e proprio martirio. Quel giorno, di buon mattino, i fedeli si erano recati in parrocchia per la funzione domenicale senza la presenza del sacerdote. Dopo la seconda lettura e la proclamazione del Vangelo, un catechista stava per fare un’esortazione sulla Parola di Dio quando i terroristi sono entrati e hanno iniziato a sparare. “Hanno colpito solo gli uomini risparmiando le donne che sono potute fuggire fuori dalla cappella”, ricorda il vescovo che spiega come “il numero delle vittime sia ancora incerto: testimonianze parlano di 12 morti e 8 feriti ma stiamo aspettando conferme ufficiali”.

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Monsignor Laurent Birfuoré Dabiré con dei leader musulmani

Nessuna persecuzione

Anche se finora non ci sono state rivendicazioni e la strage sembra essere stata ben preparata, monsignor Dabiré è convinto che la motivazione non sia da ricercare nell’odio nei confronti dei cristiani. Il vescovo spiega che questa sua certezza e sostenuta dal fatto che “proprio nello stesso giorno dell’attentato alla parrocchia, in un’altra località del Paese si è consumato un attacco terroristico nel quale è stato ucciso lo stesso numero di persone che ha trovato la morte a Essakane”. La strategia dei terroristi, dunque, sarebbe il tentativo palese di “strumentalizzare le religioni per creare confusione nella nazione, contrapporre le diverse comunità e dare l’impressione che ci sia in corso una guerra di religione. Posso sostenere con certezza che non c’è alcuna persecuzione in atto dei cristiani”.

Pace contro violenza

Pace, fede e speranza, sono i tre sostantivi che il pastore della diocesi di Dori sta usando da giorni per chiedere ai suoi fedeli di continuare a vivere la carità cristiana senza cadere nella tentazione di rispondere con violenza alla violenza. “Noi cristiani - dice - non abbiamo un altro modo di vivere: dobbiamo fondare la nostra vita sul Vangelo. Il nostro relazionarci agli altri deve essere basato sulla fratellanza, sull'amicizia, sull'aiuto vicendevole. Dobbiamo evitare che si dica che noi apparteniamo ad una religione che medita la vendetta. Questo non è vero".

Chiesa aperta al dialogo

La Chiesa del Burkina Faso – Paese dove la maggioranza è musulmana ed i cristiani si attestano intorno al 30% seguiti dagli appartenenti alle religioni tradizionali africane animiste - sono quasi dieci anni che sta facendo i conti con il terrorismo che blocca le attività di molte diocesi. Monsignor Dabiré informa che “più di 30 parrocchie sono chiuse mentre alcune diocesi come quella di Dori, di Fada N'Gourma, di Nouna e di Dédougou sono paralizzate”. Ma la gente non ha perso la propria fede né la speranza. “La nostra - aggiunge - è una Chiesa rurale, di gente semplice. Le vocazioni non mancano, sono sempre più in crescita. Abbiamo anche una vasta schiera di catechisti che sono capi di piccole comunità di campagna. E poi mettiamo in pratica una fruttuosa pastorale del dialogo con i musulmani ed i responsabili delle religioni tradizionali africane”.

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Monsignor Laurent Birfuoré Dabiré insieme al Grande Imam di Dori

Grazie al Papa

Monsignor Laurent Birfuoré Dabiré, infine, ringrazia Papa Francesco che nel post udienza generale di oggi, mercoledì 28 febbraio, è tornato a pregare per le vittime dei recenti attacchi contro luoghi di culto nel suo Paese. “La vicinanza del Santo Padre ci ridona coraggio, forza e ci invita alla perseveranza. Quando i nostri fedeli sentono che il Papa è informato delle loro sofferenze sono davvero rincuorati. È un grande stimolo per andare avanti".

Fonte: Vatican News

Il Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar (SECAM) ha rilanciato il suo Ufficio di Collegamento dell'Unione Africana (SECAM-AU Liaison Office) con sede ad Addis Abeba e ha nominato padre Stephen Okello, IMC, (il primo ufficiale) capo ufficio di collegamento.

Una delegazione guidata dal Segretario generale del SECAM, padre Rafael Simbine Junior, vicesegretario generale, padre Jean Germain Rajoelison e dalla signora Mavis Anima Bonsu, responsabile delle finanze e dell'amministrazione del Segretariato SECAM, è stata presente in Etiopia dal 9 al 14 febbraio, per rilanciare il rivitalizzato l’ufficio che era rimasto inattivo negli ultimi anni.

Nel 2015, al SECAM è stato concesso lo status di osservatore presso l’Unione Africana (UA) per amplificare la voce della Chiesa dall’Africa, dal Madagascar e dalle Isole su questioni cruciali come il buon governo, lo sviluppo sostenibile e la promozione della leadership di servizio in tutto il continente.

Pertanto, l’ufficio di collegamento svolgerà il ruolo di osservatore della missione del SECAM presso l’UA e avrà sede presso il Segretariato della Conferenza episcopale cattolica dell’Etiopia (CBCE) ad Addis Abeba.

Secondo padre Simbine, “l’attuale leadership ha scelto strategicamente di istituire l’Ufficio di collegamento dell’UA ad Addis Abeba come punto focale per le attività della Commissione Giustizia, Sviluppo e Pace (JDPC) del Simposio… Di conseguenza, la stretta collaborazione tra il SECAM e l’Unione Africana è ritenuta essenziale per raggiungere l’unità, la pace, la coesistenza armoniosa e lo sviluppo continuo in tutto il continente e nelle sue isole”.

Alla luce di questo nuovo sviluppo, padre Stephen Okello, sacerdote missionario della Consolata del Kenya, è stato nominato (primo ufficiale) capo ufficio di collegamento per assistere il SECAM nella gestione della missione, il cui rappresentante ufficiale presso l'UA è Sua Eminenza il cardinale Souraphiel Berhaneyesus, arcivescovo metropolita. di Addis Abeba.

“Contando sulla vostra consueta disposizione fraterna e comprensione, affidiamo questo nuovo ufficio alla vostra piena supervisione, con l’aspirazione che possa servire come ulteriore strumento della Chiesa in Africa, finalizzato all’impianto e alla crescita del Regno di Dio sul continente e nelle Isole” ha affermato don Simbine durante la firma di un protocollo d'intesa tra il SECAM e il Superiore Generale dei Padri della Consolata in Etiopia che ha delegato padre Okello all'ufficio di collegamento.

Il Superiore Gdenerale dei Padri della Consolata – Etiopia firma il Memorandum d'Intesa con il SECAM alla presenza del Segretariato del SECAM. Il protocollo d'intesa ha nominato padre Stephen Okello come ufficiale di collegamento per l'ufficio SECAM-AU ad Addis Abeba.

Secondo il SECAM, il rilancio dell’ufficio di collegamento ad Addis Abeba è la prova della collaborazione esemplare tra il Simposio e la Conferenza Episcopale dell’Etiopia in vari ambiti, in particolare nel promuovere un rapporto positivo tra la Chiesa cattolica in Africa e l’Unione Africana.

Fonte: CISA

«A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? Esso è come un granellino di senapa che, quando viene seminato per terra, è il più piccolo di tutti semi che sono sulla terra; ma appena seminato cresce e diviene più grande di tutti gli ortaggi e fa rami tanto grandi che gli uccelli del cielo possono ripararsi alla sua ombra». (Mc 4,30-32)

L’Aula Paolo VI in Vaticano come un grande cenacolo. I tavoli rotondi disposti attorno alla Parola e all’icona della Madre, la Salus populi romani che, come a Cana, vigila con premura e discrezione sullo svolgersi del banchetto, custodendo la comunione, la gioia, la festa. Sedute alla mensa della Parola, che risuona nella Scrittura e nella voce dell’altro, oltre 400 persone provenienti dai 5 continenti e dalle più diverse esperienze di Chiesa – cardinali, vescovi, preti, diaconi, consacrati e consacrate, laici e laiche – uniti da ciò che li rende profondamente fratelli e sorelle, al di là di ogni ruolo, titolo, funzione, servizio, responsabilità: il Battesimo, l’immersione in Cristo, la vocazione cristiana! 

Ecco l’immagine della prima sessione della XVI Assemblea del Sinodo dei Vescovi, svoltasi dal 4 al 28 ottobre 2023.

È stata una grazia per me potervi prenderne parte. Una grazia del tutto inaspettata, che ho gradualmente colto nella sua dimensione di novità, di benedizione, di luce a mano a mano che i lavori sinodali procedevano. La veglia di preghiera ecumenica “Together”, svoltasi in piazza San Pietro il 30 settembre, le giornate di ritiro a Sacrofano dalla sera del 30 settembre alla sera del 3 ottobre, le celebrazioni eucaristiche nella Basilica di San Pietro all’inizio dell’Assemblea, all’avvio di ogni nuovo modulo tematico e a conclusione dei lavori, la liturgia quotidiana semplice e curata, il clima di preghiera, di rispetto e di accoglienza cordiale, il dialogo ritmato dalla “conversazione nello Spirito”, con i suoi spazi di silenzio, di ascolto riverente dell’altro e di meditazione personale, hanno favorito la conoscenza reciproca, la libertà di espressione, la riflessione e la rielaborazione del proprio vissuto e del proprio pensiero toccato, illuminato e provocato dal vissuto e dal pensiero altrui, consentendo lo svolgersi di un processo di discernimento che ha condotto progressivamente l’Assemblea a individuare convergenze, questioni da affrontare e proposte, approvate a larghissima maggioranza e raccolte nella Relazione di sintesi. 

Al di là dei contenuti approvati, offerti a tutto il Popolo di Dio come materiale per continuare il discernimento nel periodo che ci separa dalla seconda sessione dell’Assemblea (Ottobre 2024), il clima umano e spirituale che si è creato fra i partecipanti al Sinodo lungo il mese di lavoro assieme costituisce, già di per sé, un dono straordinario, che merita assolutamente di essere contemplato, ruminato, fatto sedimentare e fruttificare nel cuore di chi lo ha ricevuto e in tutta la Chiesa. La comunione è dono dall’Alto, che chiede umilmente di essere accolto nel terreno del nostro cuore e delle nostre relazioni. Questo dono è sceso. Come un piccolissimo seme. Senza rumore. Come brezza leggera; come rugiada; come luce lunare che rinfresca, unifica e consola, senza abbagliare. Ad un certo punto, ce ne siamo accorti, con commossa sorpresa: il seme era lì, dentro di noi e tra di noi, e si manifestava nei sorrisi sinceri, nelle parole rispettose e vere, nelle caramelle che qualcuno portava e giravano per i tavoli, nel cominciare spontaneamente a chiamarci reciprocamente col nome di Battesimo, lasciando da parte un po' di titoli, funzioni, ruoli, ecc. che magari indicano i diversi e essenziali servizi di ognuno di noi ma non identificano la persona nel suo nucleo più profondo. Battezzati e battezzate in Cristo che si riconoscono, si ascoltano, comunicano e, pur seduti a questa mensa tutta particolare, camminano insieme. Insieme nei gruppi di lavoro (Circoli minori, tecnicamente), diversi per ognuno dei temi che l’Instrumentum laboris proponeva. Insieme in Assemblea plenaria (Congregazione generale, tecnicamente), ascoltano l’apporto di ogni gruppo e quello di chi desiderava condividere con tutti un contributo personale. Insieme con papa Francesco, seduto a uno dei tavoli, durante le Assemblee plenarie, ascoltando, ascoltando, ascoltando… e offrendo in qualche momento la sua parola breve, incisiva, sobria, chiara, incoraggiante. Insieme a tanti fratelli e sorelle nel dolore a causa della guerra, di dinamiche assurde, violente e maligne che cercano in ogni modo di sradicare dai cuori e dalle relazioni i semi del Bene. Li abbiamo portati con noi nella preghiera, nella condivisione e nella solidarietà con i fratelli e le sorelle sinodali che provengono da luoghi e situazioni particolarmente segnate da queste dinamiche di morte. Sappiamo che il piccolo seme del Regno possiede in sé stesso la straordinaria tenacia della resurrezione, la forza mitissima dell’Agnello che attraversa la morte e la vince dal di dentro, l’umile potenza del chicco di grano che caduto in terra e sepolto muore per portare frutto. 

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Nella pagina conclusiva della Relazione di sintesi della prima sessione, l’Assemblea sinodale così si esprime: 

«Per annunciare il Regno, Gesù ha scelto di parlare in parabole. Ha trovato nelle esperienze fondamentali della vita dell’uomo – nei segni della natura, nei gesti del lavoro, nei fatti della quotidianità – le immagini per rivelare il mistero di Dio. Così ci ha detto che il Regno ci trascende, ma non ci è estraneo. O lo vediamo nelle cose del mondo o non lo vedremo mai. In un seme che cade nella terra Gesù ha visto rappresentato il suo destino. Apparentemente un nulla destinato a marcire, eppure abitato da un dinamismo di vita inarrestabile, imprevedibile, pasquale. Un dinamismo destinato a dare vita, a diventare pane per molti. Destinato a diventare Eucaristia.

Oggi, in una cultura della lotta per la supremazia e dell’ossessione per la visibilità, la Chiesa è chiamata a ripetere le parole di Gesù, a farle rivivere in tutta la loro forza.

“A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio, o con quale parabola possiamo descriverlo?”. Questa domanda del Signore illumina il lavoro che ora ci aspetta. Non si tratta di disperdersi su molti fronti, inseguendo una logica efficientistica e procedurale. Si tratta piuttosto di cogliere, tra le molte parole e proposte di questa Relazione, ciò che si presenta come un seme piccolo, ma carico di futuro, e immaginare come consegnarlo alla terra che lo farà maturare per la vita di molti» (XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, I Sessione, Relazione di Sintesi, Vaticano 28 ottobre 2023, p. 36).

Dunque, buon lavoro a tutti e a tutte! Alla ricerca del piccolo seme non solo nel lavoro sinodale che ci viene restituito, ma anche dentro di noi, nell’altro, nella comunità, nella Chiesa, nei popoli, nel mondo, per consegnarlo alla terra feconda della nostra umanità e lasciare che Dio lo faccia crescere, albero ospitale per «tutti, tutti, tutti»! (Papa Francesco, Discorso in occasione della XXXVII Giornata Mondiale della Gioventù, Lisbona 03 agosto 2023)

* Suor Simona, che è stata Superiora Generale delle Missionarie della Consolata, dal 7 ottobre 2023 è segretario del Dicastero per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica.

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