Idlib, bambini rapiti per traffico di organi. Il nuovo business dei jihadisti

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Dopo il traffico di reperti archeologici, di petrolio e di armi giunge ora dalla martoriata Siria e da Idlib (nel nord-ovest del Paese) in particolare una notizia che è fonte di grande preoccupazione. Si tratta di un traffico di organi prelevati da bambini rapiti, in pieno giorno, da gruppi di “ignoti” che riescono a circolare impuniti e indisturbati a dispetto dei blocchi stradali e dei controlli istituiti dalle milizie armate di Jeissh el fath (Esercito delle invasioni islamiche).

Le famiglie che sono riuscite a salvare i loro figli dall’arruolamento forzato, imposto dal imam saudita Abdallah Al Muhasni nell’hinterland e nei paesini intorno alla città di Idlib, vivono ora nel terrore. Di recente, infatti, la città ha registrato un aumento pauroso nel numero di bambini rapiti o “trattenuti” da questi gruppi sconosciuti.

Il numero dei rapimenti di minori registrati nel corso delle ultime due settimane è stato di 15 bambini, ossia di un bambino al giorno che scompare nel nulla. Le sparizioni sono avvenute nelle seguenti località, attorno a Idlib: Kafaruma, Jidar Yakfalun, Atma, Jissr el Shughur, Al Fukayea.

A Kfarbatikh, invece, sono avvenuti due tentativi di rapimento non riusciti grazie alla reazione tempestiva degli abitanti, allarmati dalle grida di aiuto. I rapitori sono riusciti a fuggire lasciandosi alle spalle le loro due prede. Diversa la sorte di Mohamad Ibrahim Yasser, un adolescente di 14 anni, esule fuggito insieme ai suoi genitori da Mork per non essere arruolato con la forza dai jihadisti. Il ragazzo è stato invece rapito a Maarat El Naaman, davanti alla casa dei suoi genitori nel tardo pomeriggio di ieri.

La scorsa settimana un’altro caso, con un esito positivo: una bambina è stata sequestrata da sconosciuti e fatta salire con la forza a bordo di un furgoncino di colore bianco nel paesino di Sarmada, a nord della città di Idlib. Il rapimento ha provocato la solidarietà e la reazione immediata di tutti gli abitanti del villaggio, che hanno inseguito e, in seguito, fatto fermare il veicolo quando questo era già giunto nel vicino villaggio di Al Dana.

Gli abitanti hanno liberato la bambina, dell’età di 10 anni, e hanno consegnato i colpevoli alle forze di sicurezza delle milizie di Jabhat Fath el Sham (Fronte dell’invasione di Damasco), note in passato come al Nusra (emanazione di al Qaeda in Siria). 

Lo stesso giorno a Dana veniva rapito un giovane trentenne di nome Muhamad Kasem Najla, il quale si pensa sia stato usato anch’egli per il prelievo e il traffico di organi. Nonostante i colpevoli siano stati messi in carcere, essi sono spariti nel nulla senza lasciare traccia né tantomeno essere interrogati o giudicati.

I bambini, che in Medio oriente sono soliti giocare nelle strade adiacenti le loro case, hanno rinunciato a queste abitudini; genitori e famiglie nei dintorni di Idlib evitano per quanto possibile di far uscire i loro figli di casa. Sono sempre meno anche i bambini che vanno a scuola o dediti al lavoro minorile, pratica diffusa in passato nell’area.

Molte famiglie che si sono stabilite intorno a Idlib per sfuggire alla morsa diretta degli integralisti si spostano ora verso la città di Hama, considerata più sicura per quanto riguarda i “rapimenti” e dove il traffico di organi non è ancora diffuso. Sui social media aumentano gli avvertimenti rivolti ai genitori affinché vigilino sui loro figli minori, che rischiano il rapimento a scopo di traffico di organi. L’invito è a non lasciar uscire i minori di casa e farli circolare senza accompagnamento.

Attivisti in rete riferiscono che i bambini rapiti vengono trasportati nella vicina Turchia, come è avvenuto nel caso di due ragazzine rapite lo scorso mese di aprile nei quartieri settentrionali di Jisr El Sheghur. E ancora, altri due minori del campo profughi di Atma, a nord di Idlib. 

Due anni fa la stampa turca - quando ancora godeva di una certa libertà di parola - ha denunciato in modo diffuso la presenza di “ambulanze che, con la scusa di trasferire feriti nei vari ospedali in territorio turco al confine con la Siria” si occupavano in realtà di “traffico di organi umani”.

Last modified on Sunday, 20 November 2016 22:02

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