IRAQ - SIRIA: Daesh, mortale nemico delle civiltà, del cristianesimo e dell’islam non wahhabita

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A sei anni dalla comparsa delle prime tracce di Daesh [acronimo arabo per lo Stato islamico di Sham[1] e Iraq] la Mesopotamia, culla della civiltà, appare devastata nelle sue ricchezze archeologiche e religiose. Le zone liberate di recente dal dominio dello Stato islamico nella piana di Ninive, visitate dal patriarca caldeo mar Louis Raphael Sako, hanno mostrato l’ampiezza dell’odio di questo gruppo jihadista takfiri nei confronti dei luoghi sacri del culto cristiano. Chiese antichissime, monasteri e persino cimiteri sono stato il luogo privilegiato di saccheggi, sacrilegi, distruzioni compiuti con minuzia di particolari. Un patrimonio dell’umanità dilapidato, un tentativo quasi riuscito di cancellare per sempre l’identità autoctona testimoniata dal culto e dai reperti archeologici di una civiltà di altissimo livello, di un popolo che ha vissuto per millenni in questi luoghi.

A chi giova vedere il Medio oriente privo di testimonianze storiche della sua civiltà passata? A chi conviene farla passare per una terra arida, che dall’era dei tempi è stata abitata solo da beduini erranti, barbari, uomini litigiosi e incolti? La domanda che sorge spontanea è da dove viene questo odio? Quali sono le sue vere radici? Perché distruggere le ricchezze archeologiche che sono parte del patrimonio dell’umanità come Palmira e Nimrud? Profanare le tombe, piazzare la dinamite nelle moschee e nelle chiese, mandare in frantumi con l’uso di martelli pneumatici e scalpelli icone, murali e croci, rubare manoscritti, incendiare luoghi sacri, profanare le tombe dei cimiteri musulmani e cristiani, senza toccare (risparmiando almeno quelle, per fortuna) le testimonianze ebraiche della regione. Quali sono i motivi dietro tutto questo?

Si fa presto e appare una spiegazione di comodo affermare che la religione islamica sia alla base di questo atteggiamento. Senza specificare tuttavia quale islam, o quale frazione dell’islam. Difatti, non esiste nel Corano alcun cenno o dettame che incita alla distruzione dei siti archeologici pre-islamici, né tantomeno alla profanazione dei luoghi sacri cristiani e, ancor più, musulmani.

I siti archeologici delle antichissime civiltà della Mesopotamia avevano resistito a tutte le dominazioni e civiltà, islamiche e non, succedute nella storia. I siti di Palmira e Nimrud, contenenti statue e templi dell’era del paganesimo pre-cristiano e pre-islamico, erano sopravvissuti ed erano stati custodi anche sotto i vari califfati islamici, sorti proprio in questi luoghi dopo l’espansione islamica. Nessun califfo, né alcun sultano islamico aveva mai ordinato la distruzione dei reperti archeologici.

Sempre dal punto di vista religioso va ricordata la fatwa emanata il 6 marzo 2015 dalla moschea di Al-Azhar, la più alta istituzione della dottrina islamica, che ha vietato “la distruzione dei siti archeologici”, considerando tale atto “un crimine contro il mondo intero”. Dunque, da un punto di vista religioso dove trova la sua fonte una tale pratica, barbara e contraria a qualsiasi raziocinio umano?

La risposta è racchiusa nel “wahabbismo”, una corrente dell’islam divenuta teocrazia nel regno dell’Arabia Saudita, dove per legge è vietato erigere chiese, introdurre crocifissi e vangeli, insieme a varie mafie del mercato nero e del traffico e commercio di reperti archeologici. Difatti, la gran parte delle distruzioni compiute da Daesh ha riguardato beni, oggetti (o edifici) che non potevano essere trasportati e venduti - a causa della loro mole - attraverso la Turchia, nel mercato nero e con prezzi da capogiro. Si calcola che solo in Iraq, dalla caduta di Saddam Hussein in poi, sono scomparsi oltre 15mila pezzi rari, simbolo e patrimonio della storia dell’umanità, di facile trasporto e commercializzazione.

La legittimazione religiosa di Daesh arriva quindi solo e in via esclusiva dal wahabbismo, perché è stato lo stesso Muhammad Abdel Wahab - fondatore della corrente - il primo a legittimare la distruzione di qualsiasi elemento di “Al Sherk”, ovvero l’associazione con la divinità. Da questo presupposto lo Stato islamico ha legiferato la distruzione dei templi, delle chiese e dei luoghi di culto Sufi in quanto “adoratori di divinità al di fuori di Allah”. Un elemento che in realtà contrasta con i fatti, visto che Daesh con questa scusa ha distrutto anche moschee sciite, luoghi di culto Sufi e mausolei sunniti. Chiunque ha avuto modo di seguire la letteratura di Daesh ha potuto scoprire anche la loro intenzione anche di distruggere la Tomba del Profeta Maometto.

La pura realtà è che Daesh - dietro falsi dettami religiosi e con l’alibi di interpretazione errate del Corano -, intende svuotare la regione della Mesopotamia e del Medio oriente arabo dalla sua storia ricca e millenaria, della sua civiltà, delle religioni, delle culture e delle convivenze. L’oscurantismo è uno scopo primario nella sua guerra contro il patrimonio, la memoria e la ricchezza storica unica al mondo di questa regione tormentata, dove le civiltà umane hanno trovato la loro culla.

Oggi è compito di tutta l’umanità liberarsi di questo male. E sarà forse la storia, un giorno, a raccontare il dietro le quinte e svelare il responsabile, o i responsabili, che hanno portato alla nascita di questa forza devastatrice. Di questo virus mortale per tutta l’umanità.(PB)

 

[1]Con il termine “Sham" si intende la provincia del Califfato islamico dell’era di espansione massima comprendente la Siria, il Libano, la Giordania e la Palestina.

 

Last modified on Sunday, 06 November 2016 06:28

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