√Card. Parolin in Colombia per firma accordi di pace tra governo e Farc

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Giornata storica  domani in  Colombia, dove il presidente Juan Manuel Santos e i vertici delle Farc sigleranno l’intesa che mette fine a 52 anni di conflitto tra le forze governative e la guerriglia di matrice socialista. Il Paese arriva a questo risultato dopo 4 anni di negoziati a L’Avana, a cui ha dato un contributo decisivo la Santa Sede. Il servizio di Marco Guerra

 

Per capire l’importanza dell’accordo di pace tra il governo di Bogotà e i guerriglieri marxisti delle Farc basta ricordare i numeri della vera e propria guerra civile che ha scosso la Colombia dal 1964: oltre 220mila morti, 45mila persone scomparse nel nulla, 7 milioni di sfollati, migliaia di bambini soldato. Le Farc controllano inoltre intere regioni del Paese sudamericano autofinanziandosi con il narcotraffico e i sequestri di persona: circa 25mila in mezzo secolo.

Per questo motivo la firma dell’intesa che si svolgerà nella città caraibica di Cartagena de Indias, sarà presenziata dalle più alte autorità della comunità internazionale. Fra queste, il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon, il segretario di Stato americano Kerry, l'Alto rappresentante per la politica estera dell'Ue Mogherini, il presidente della Banca mondiale Jim Yong Kim e tredici capi di Stato della regione (Messico, Guatemala, Honduras, El Salvador, Costa Rica, Panama, Cuba, Venezuela, Repubblica Dominicana, Ecuador, Perù, Cile e Paraguay).

Alla cerimonia sarà presente anche il segretario di Stato Vaticano, il cardinale Pietro Parolin. La Santa Sede  ha infatti incoraggiato e sostenuto il processo di pace avvenuto con la mediazione cubana, durante i 4 anni trattative tenutesi a l’Avana e che hanno condotto al cessate il fuoco siglato il 23 giugno scorso. Papa Francesco ha quindi espresso l’auspicio di potersi recare in Colombia nel 2017.

La sfida per il presidente colombiano Santos sarà ora quella di reintegrare migliaia di miliziani nella vita civile. Non sarà facile, anche perché molti colombiani guardano ancora con scetticismo agli accordi, che saranno ratificati con il referendum popolare indetto per il prossimo 2 ottobre.

Dopo 52 anni di conflitto interno, la Colombia vive una importante pagina di storia. Oggi comincia a Cartagena de Indias l’imponente cerimonia che prevede, nel corso della giornata - alle ore 17.00 locali - la firma dell’accordo di pace tra il governo colombiano Juan e le Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc). Allo storico evento presenziano tra gli altri il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, in rappresentanza del Papa, e il Presidente cubano Raul Castro che ha sostenuto le trattative di pace tenutesi all’Avana. Il servizio di Amedeo Lomonaco

L’accordo di pace può rompere un altro muro in America Latina. Dopo il ripristino delle relazioni tra Stati Uniti e Cuba, avvenuto anche grazie alla mediazione della Santa Sede, in Colombia la via della pace può finalmente prevalere sulla strada della guerra, che ha seminato morte e odio. Ai negoziati, durati 4 anni, anche la Santa Sede ha dato un contributo decisivo. Per la Colombia quella odierna può rivelarsi una data spartiacque tra un passato di violenze e – si spera - un futuro di pace. In oltre 50 anni di guerra, sono morte più di 220 mila persone e quasi sette milioni di colombiani hanno perso le loro abitazioni. Per costruire un futuro nel segno della riconciliazione, l’accordo risponde a 6 nodi cruciali: giustizia per le vittime, accesso alla terra per i contadini poveri, partecipazione politica degli ex guerriglieri, lotta al traffico di droga, disarmo degli ex ribelli, attuazione e monitoraggio dell'intesa stessa. Ma la firma che oggi viene posta dal Presidente colombiano Juan Manuel Santos e dal comandante delle Farc Rodrigo Londoño, conosciuto con il nome di “Timochenko”, non è l’ultimo sigillo dell’accordo. L’intesa, che dovrà essere applicata con la supervisione dell’Onu, sarà infatti sottoposta il prossimo 2 ottobre a referendum popolare. L’ultima parola spetterà ai colombiani.

Per la Colombia è dunque una pagina importante ma non l’ultimo sigillo di pace. E’ quanto sottolinea, al microfono di Amedeo Lomonaco il sacerdote colombiano, padre Gonzalo Flórez

– E’ una pagina abbastanza importante perché, attraverso questo accordo, il Paese può raggiungere la pace. Diciamo che è l’inizio. Con questa firma si può pensare che la pace sia una possibilità vera per la nostra nazione.

- E’ un inizio perché l’ultima parola spetterà ai colombiani con un referendum il prossimo 2 ottobre …

– Sì,diciamo che è un po’ complesso: ci sono alcuni che credono che sia possibile trovare la pace, ma al contrario ci sono alcuni altri che non credono che la pace sia possibile. Pensano che manchino ancora alcune cose per trovare la soluzione vera. La nostra preoccupazione adesso deve essere soprattutto per le persone più deboli: i bambini, gli adolescenti. Così possiamo costruire la vera società, una società nella quale si possa riconoscere la pace. Questo è un inizio. La vera riconciliazione non si è fatta, manca tanto. Una vera riconciliazione ha bisogno di essere costruita ogni giorno, soprattutto nel cuore, che è ferito per tutta questa storia nella quale sono accadute tante cose brutte. Adesso bisogna riparare questa ferita del cuore che all’interno del nostro Paese è una ferita storica: questo è il problema. La vera riconciliazione è guarire la ferita che è stata inferta nel corso della storia. Questa sarà anche per me la vera riconciliazione.

– Una ferita che tocca tutto il popolo colombiano …

– E’ vero: tocca direttamente o indirrettamente ognuno di noi, perché questa storia, questa ferita ha toccato ognuno di noi. Tutti noi possiamo seguire i passi di Gesù che è l’uomo della pace. La pace non è un ideale lontano, la pace è una realtà che possiamo vivere adesso, non possiamo più aspettarla: e questo è il messaggio che la Chiesa può dare oggi, pensando sempre ai più poveri, ai più deboli, a coloro che hanno più bisogno e più necessità.

 

Last modified on Wednesday, 28 September 2016 15:17

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