√ Le monache buddiste vogliono la parità di genere

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Più di cento monache del buddhismo tibetano si riuniscono per portare la questione di genere anche all’interno della gerarchia ecclesiastica tibetana che liquida la parità di genere come «un concetto occidentale». Le monache lamentano che non hanno gli stessi diritti degli uomini nello studio e quindi non possono arrivare a ricoprire le stesse cariche. Vogliono anche combattere la stretta divisione tra i generi esistente nei monasteri. 

 

La cornice è quella dell’istituto buddhista Larung Gar, sull’altopiano tibetano della regione sudoccidentale Sichuan, «Tibet esterno» alla Regione autonoma. L’istituto in questione ospita diecimila studenti ed è stato il primo a permettere alle donne di prendere il khenmo, una sorta di dottorato in teologia, ma ancora non permette loro di accedere al monastero. Inoltre né il buddhismo tibetano, né l’istituto in questione, permettono al cosiddetto gentil sesso di raggiungere il bhikkhuni lo status più alto della gerarchia ecclesiastica a cui sono ammessi decine di migliaia di colleghi dell’altro sesso. 

 

Così le cento monache si sono organizzate, hanno studiato il femminismo e hanno pubblicato diversi libri sulle figure femminili di spicco del buddhismo. Hanno anche fondato una rivista annuale. Si potrebbe quasi parlare della nascita di un nuovo movimento religioso di cui Xinde Shijiamouni, il cui nome significa «il cuore di Buddha», si fa volentieri portavoce. «Se si considera la legge buddhista – rivendica all’Afp – i due generi dovrebbero essere uguali. Ma molti non conoscono il dharma (letteralmente, la legge) e altri scelgono deliberatamente di ignorarlo». L’agenzia France Press riporta inoltre che un incontro annuale delle femministe si è dovuto svolgere in una località segreta perché non ha ricevuto l’approvazione ufficiale del governo cinese. 

 

Lo status di bhikkhuni è concesso alle donne nel buddhismo di tradizione mahayana e theraavada, ma non nel lamaismo, tipico della regione tibetana. Il Dalai Lama, leader spirituale in esilio, ha più volte cercato di riconsiderare la questione della parità di genere arrivando a definire se stesso un femminista perché «così si chiama qualcuno che lotta per i diritti delle donne». Ma il clero tibetano sostiene che le questioni di genere non appartengono alla loro tradizione religiosa e che il concetto di femminismo è completamente «straniero». Per paura delle rivendicazioni nazionaliste tibetane, Pechino ha cercato per oltre un decennio di ridurre il numero di studenti ospitati a Larung Gar. Nel 2001 ha distrutto circa duemila alloggi. 

Fonte:  http://www.lastampa.it/

 

 

Last modified on Sunday, 20 March 2016 15:34

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