Una vita povera: Padre Peyriguère

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Il Marocco fu "il suo paese": nel giugno 1958 il principe Maulay viene ad El Kbab - dove Padre Peyriguère ha una povera casa di terra come quella del villaggio - può dichiarargli in tutta verità: "Anch'io sono un martire dell'indipendenza". Ha vissuto trent'anni in questa terra diventando marocchino fra i marocchini, berbero coi berberi. Ha voluto essere uno di loro. Logica inesorabile e meravigliosa dell'Incarnazione: "l'Incarnazione, una presenza ed un amore... presenza perché amore". E' fisicamente berbero: "come a vecchi sposi, che per lunghi anni si sono molto amati, capita negli ultimi tempi di somigliarsi come se fossero fratello e sorella, Padre Peyriguère è diventato berbero fisicamente". Il medico che lo ha conosciuto bene e l'ha curato durante la sua ultima malattia, ha potuto, dopo la morte del Padre, rendere questa testimonianza: "Portava i segni umorali che manifestano il genere di vita e i fattori di ambiente del popolo marocchino". Non si accontenta di parlare perfettamente il berbero, ma studia scientificamente questa lingua, fa ricerche di fonetica, trascrive poesie e prepara materiale per un dizionario psicologico. E' povero come tutti gli abitanti del suo villaggio, una casa di terra, una tavola per letto, scarso il suo nutrimento. La sua sensibilità ha finito per essere in accordo con quella della tribù, ha veramente potuto incarnare l'anima berbera. 

IL SOGNO 
Venuto fra i berberi, Padre Peyriguère si considera come dato interamente e per sempre ad essi. Ha fatto un bel sogno: da solo, là dove la chiesa lo ha inviato, vuole essere un intero fascio di anime, la prima cristianità etnica di quella razza, di quel popolo; sa esserlo, vive il suo cristianesimo come se lo fosse. Egli ha ben ricordato e fatta sua la parola della Chiesa "Cristianizzare, non occidentalizzare". Di quel popolo, di quella razza egli prende tutto su di sé e fa suo tutto ciò che è bello e grande, tutto ciò che, essendo bello e grande, è già di Cristo. Tutto viene rispettato, amato, riassunto in Lui e da lui portato con fierezza. Un cristianesimo si disvela a quella razza; che sa essere particolarmente suo, pur essendo cosa universale della cristianità. Ogni umiliazione, ogni ingiustizia la sente come propria e la ferita che ne prova lo fa reagire con vigore. Le grandi visuali missionarie hanno scosso la vita di questo intellettuale. Afferrato da Cristo, non può sottrarsi all'esigenza di farlo conoscere! "Noi non possiamo predicarLo apertamente... mostrare il Cristo davanti all'Islam, mostrare la grandezza morale del Cristo e la sua tenerezza. O mio Cristo... predicarvi,.. significa lasciarvi parlare discretamente alle anime, sapere che siete presente in noi, che noi non esistiamo più. Lasciarvi vivere la Vostra incarnazione. Lasciarvi vivere in noi le Vostre virtù, lasciarvi vivere in noi tutta la Vostra vita". Padre Peyriguère sapeva che suo unico motivo di esistenza era di gridare dappertutto, a tutti gli uomini, a tutti i popoli, la parola di fuoco di San Giovanni "Noi abbiamo creduto all'amore" che Gesù ha avuto per tutti gli uomini e che in Gesù bisogna avere per tutti gli uomini. E non si sente creatura esistente che nella Chiesa. Chiamava Padre De Foucauld "colui che amò tanto la Chiesa". Anche Padre Alberto l'ha amata con la tenerezza di un fanciullo per sua madre e si stringe contro il seno materno della Chiesa. La Chiesa tale qual è: Chiesa totale, istituzionale, il Papa, i Vescovi, i sacerdoti, la Chiesa che insegna, che somministra i sacramenti, che governa. La Chiesa d'amore che prega e s'immola: "Questa centrale di radiazioni sul mondo, l'una nell'altra, l'una per l'altra, una sola Chiesa.... Diciamo semplicemente: la Chiesa". 

SUL CAMMINO DI DIO 
Alberto Peyriguère nasce a Trebous (alti Pirenei) il 28 Settembre 1883, da famiglia operaia. Trascorre tutta la sua infanzia in un sobborgo di Bordeaux. Della sua giovinezza di piccolo proletario conserverà per tutta la vita una passione ardente per la giustizia. Dal seminario di Bordeaux ne esce sacerdote 1'8 Dicembre 1906. Si laurea in lettere all'Istituto Cattolico di Parigi. Mobilitato durante la guerra 1914-18, il porta-feriti Peyriguère tiene una condotta eroica che gli vale una medaglia militare e la croce di guerra. Ferito gravemente a più riprese, termina la guerra in ospedale dove gli riparano la mascella spezzata. Parte per la Tunisia. Vi scopre - è parroco di Hammamet - la biografia di Padre De Foucauld di E. Bazin. Con il Padre Camillo di Chateauville, Padre Bianco che ha conosciuto bene l'eremita di Tamanrasset, fonda nel 1926 una fraternità secondo l'ideale di Padre De Foucauld. Ma la salute li obbliga tutti e due ad interrompere questo tentativo. Padre Camillo morirà nel luglio del 1927. Padre Alberto sa di avere un compito da svolgere nel suo seguire Cristo Gesù: per me c'è il primato del messaggio di Padre De Foucauld. Essendomi accorto che questo messaggio della sua vita missionaria era di una ricchezza schiacciante, ho voluto esprimerlo a frammenti, ma soprattutto pregarlo e viverlo, metterlo alla prova". 

TRENT'ANNI: QUESTO E' UN FATTO 
Per metterlo alla prova nel 1927 Padre Alberto sbarca in Marocco. Fonda la missione in piena epidemia di tifo: egli stesso ne è colpito molto gravemente. Nel luglio 1928 il Padre si stabilisce definitivamente a El Kbab in mezzo alle tribù berbere del medio Atlante centrale. Ci vivrà solo più di trent'anni. "Preparare le vie dell'evangelizzazione. I mezzi... predicare il Vangelo in silenzio... portare in mezzo ai popoli la presenza eucaristica perché irraggi su di essi... portarvi la preghiera di Cristo e la sua immolazione... portarvi la preghiera della Chiesa... mostrare questo Cristo in se stessi, perché i popoli trovandolo grande e buono, comincino a desiderarlo... essere le vittime che comprano col loro sangue la salvezza di questi popoli... farsi amare da loro". Fedelissimo al suo "essere e fare prima ancora di dire" comincia a passare lunghe ore nel suo dispensario, dove i malati, spesso dopo aver percorso venti o quaranta chilometri, si accalcano in folla per farsi curare. Questo uomo di Dio conquista i berberi non solo per la sua bontà, ma anche per la sua autonomia di fronte alle autorità. Per la sua virile esigenza di giustizia in favore degli oppressi sconcerta i colonizzatori francesi. 

LA CARNE SOFFERENTE DI CRISTO 
Alla sera - dopo le lunghe, faticose e pur dolci permanenze in mezzo alla folla dei poveri, dei malati, degli infelici di tutti i generi in ciascuno dei quali ha toccato quasi fisicamente, ma con rispetto ed amore la carne sofferente di Cristo, - alla sera, nella notte profonda davanti a Lui presente nell'ostia sente la sua anima bruciare di amore: "La sua adorazione notturna: come ci teneva, come la trovava dolce! Era proprio in quel luogo e in quel momento che si sentiva più veramente e più profondamente missionario". Padre Alberto ha la curiosità sempre desta, la passione della ricerca e dell'accumulare gli appunti. Non è per suo piacere che passa lunghe ore nel suo dispensario, al contrario: istintivamente, tutto in lui lo attira verso lo studio, i suoi libri e le sue carte. I suoi lavori di teologia rimangono nelle cartelle, non ha tempo di darci un'occhiata perché i fratelli berberi hanno la precedenza. Vorrebbe mettere a punto una sintesi di spiritualità premissionaria dal titolo "Premissione e preapostolato secondo Padre de Foucauld". Vi lavora dal 1933. Il suo cuore stanco non gli permette più le lunghe veglie notturne. 

TESTAMENTO: E' TUTTA LA MIA POVERA VITA 

Di fronte all'urgenza di trasmettere il messaggio, approfitta di alcune settimane di riposo che è costretto a prendere nel gennaio-febbraio 1959, per redigere il suo testamento spirituale. Il 26 aprile muore, solo, nella cameretta di un ospedale di Casablanca verso le quattro pomeridiane. In una lettera si domandava: "Quanti donano Cristo senza parlarlo? Quanti parlandolo senza viverlo non lo donano affatto? Cristo è circondato da apostoli che parlano. Ma quanta fame e sete Egli ha di apostoli che lo vivano". Padre Alberto Peyriguère vi rispose con tutta la sua povera vita. 

don Rolando 

("Par le chemin que Dieu choisit". Testamento spirituale di Padre Peyriguère)

 

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- Le intuizioni missionarie del Padre de Foucauld e la periferia Il Padre Albert Peyriguère (1883-1959) oltre ad essere stato un vero discepolo di fr. Charles in Marocco, ha anche riflettuto molto sui suoi slanci missionari. Le sue riflessioni ci aiutano ad approfondire il nostro tema. Intendiamo il termine ”periferia” in senso lato: un luogo preciso, delle popolazioni con particolari caratteristiche, un apostolato specifico, adatto a quegli stessi ambiti umani (di periferia).

 L'apostolato della periferia è una maniera particolare di parlare di Nazareth, una forma particolare di attività missionaria! Scriverà René Voillaume: “L'aspetto più sorprendente dell'attitudine soprannaturale della famiglia (religiosa) del Padre de Foucauld è la volontà di tenere insieme il deserto con la folla , la ricerca di Dio nel deserto con una volontà di presenza fraterna, amichevole, in mezzo agli uomini... Possiamo dire che la nota caratteristica della sua carità è proprio quella di una amicizia umile, attenta, umana, fraterna, per ogni essere umano e in particolare per quelli che sono dimenticati, per quelli verso i quali gli uomini provano un qualche disprezzo”. (Citato da Marcel Carneils in Sortis du Ghetto – Cheminements 1964, p. 67)

Guardando più a fondo, possiamo intravedere nella periferia qualcosa che, nella fede cristiana ha a che fare con il mistero della “Incarnazione”: la venuta di Dio nella nostra carne. Questo è un aspetto importante della riflessione del P. Peyriguère: “Nel nostro tempo (neo) pagano, in cui il rifiuto (di Dio), sia esso angosciato o blasfemo o sdegnato, da molti sintomi sembra includere, nelle persone migliori, una anonima ricerca di Cristo, la missione del Padre de Foucauld fu di riannunciare (ri-insegnare) il mistero dell'Incarnazione agli uomini d'oggi”. (Le temps de Nazareth – Seuil 1964, p. 79)

  1. Peyriguère, su questo punto, si sofferma a lungo nei suoi scritti, spesso limitandosi però, a considerazioni sagge, spirituali, ma un po' generiche, dove però non mancano autentiche “perle”: “L'incarnazione come evento – cioè la venuta di Dio tra gli uomini, la rivelazione del suo amore – evento considerato come realtà viva, cioè mai conclusa, mai giunta all'esaurimento di se stessa fin tanto che un'anima rimane fuori della salvezza operata da Cristo... l'Incarnazione come assunzione di tutti gli uomini in Cristo e per Cristo, che li fa tutti, credenti e non credenti, “fratelli 22 di Cristo nella carne secondo l'espressione di Pio XII nell'enciclica Mystici Corporis...” (op. cit., p. 87) Andare in periferia come una continuazione e un prolungamento dell'Incarnazione! Altra citazione di P. Peyriguère, un'altra “perla”: “ Padre de Foucauld ha pensato e vissuto il mistero dell'Incarnazione e ha voluto viverlo fino in fondo, trovandosi anche a dover fare i conti con gli imperativi apostolici di quel mistero”. (ibid. p. 119) Con queste parole, P. Peyriguère intende dire che fr. Charles è stato sconvolto dall'incontro con Gesù, il Verbo incarnato, il “Dio operaio di Nazareth”.

 In seguito a quell'incontro, essendosi trovato a vivere nelle periferie ha, quasi malgrado se stesso, “inventato” o “riscoperto” e quindi lasciato in eredità al nostro tempo, una forma di missione che, come più tardi scriverà Voillaume, (Au coeur de masses – p. 112) è innanzitutto una umile e fraterna presenza “nel cuore delle masse più abbandonate e più disprezzate”. Su questa strada, la vita mistica, la vita apostolica e la riflessione teologica, fanno un tutt'uno, sono cioè una sola cosa, centrata sulla Incarnazione! Sta qui, potremmo dire, il cuore della spiritualità del Beato Charles di Gesù! Padre Peyriguère insiste molto sul fatto che Charles de Foucauld è prima di tutto un missionario, anzi, facendo riferimento a una lettera dello stesso fr. Charles (al p. Antonin, il 13 maggio 1911), un “monaco-missionario”!

 Non un monaco che, in più, svolge anche attività pastorali, ma un missionario che fondamentalmente è monaco e un monaco che fondamentalmente è missionario! Ecco un'ultima “perla” del p. Peyriguère che ci parla sempre della chiamata alla periferia: “Il padre de Foucauld ha un temperamento da pioniere. Non ha mai potuto sradicarlo da se stesso. Il suo ambiente vitale è ciò che non è ancora esplorato, anche riguardo alle cose dell'anima: inesplorate le terre che scopre e di conseguenza inesplorate le strade che vi conducono. Ancor di più! Si sente attratto verso le terre più dure, i percorsi più difficili...E' stato scelto da Dio per essere, ad uno dei grandi crocevia della conquista missionaria, come colui che indica la direzione verso il futuro. All'improvviso, davanti al futuro, apre il tendaggio e a perdita d'occhio, in lontananza, si scorge il profilo degli orizzonti più vasti”. (Peyriguère, op. cit., pp 130-131)

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