Cos'è realmente la Chiesa?
At 14,21-27. La Chiesa è comunità di fede. Comunità è la dimensione e fede è l’aggettivo qualificativo. La Speranza assicura la visione e la Carità ci identifica come cristiani: di Cristo.
Ap 21,1-5. San Giovanni vede la Chiesa come una realtà nuova. Parla di cieli nuovi e terra nuova. Non solo la terra ma anche i cieli non sono più quelli che immaginavamo e credevamo.
Gv 13,31-35. Nell'ultima cena Gesù dà la definizione che dobbiamo considerare molto appropriata. La Chiesa è la comunità dei discepoli di Gesù che si vogliono bene. C'è tutto.
Dalla lettura conosciamo già cosa pensava Gesù e cosa pensavano gli Apostoli quando dicevano Chiesa. Noi disponiamo già di una certa fisionomia dopo tanti anni. Che nome diamo? Associazione, organizzazione, società, o.n.g., sindacato? Per essere Chiesa il sostantivo è ''comunità'' e l'aggettivo è ''di fede''. E si deve notare nella comunità una vita nuova. Non solamente idee nuove ma vita, progetti per una vita nuova, educazione nuova, salute nuova, politica nuova, rapporti nuovi. E Dio deve essere uno di casa e nessun idolo deve intrufolarsi e soprattutto la cultura che chiede presenza deve cercare di adeguarsi alla caratteristica di Gesù. Nella preghiera di oggi si indica anche l'obiettivo comunitario: ottenere la libertà e l'eredità eterna. Se la vita eterna è vivere per Dio, allora debbo essere assolutamente libero e senza nessuna catena. Una caratteristica assoluta fin dal principio è stato l’impegno missionario. Siamo in missione, possibile e impossibile, pacifica e pericolosa, di avanguardia e retroguardia, a casa propria e nell'ultimo angolo della terra. Quante missioni ci sono state: per una emergenza, per evangelizzare, per consolare, per promuovere i diritti dei poveri, per incamminare alla libertà, per educare alla giustizia e alla solidarietà. Non sappiamo come fare? Siamo pronti a dialogare, verificare, provare. La Chiesa si qualifica con la Missione. Comincia annunciando Gesù, Vangelo, notizia bella e buona che offre una chiave di lettura sulla circostanza umana e culturale che si incontra. Bisogna far conoscere Gesù perché è lui il salvatore, non la predica, non il progetto. Ogni popolo sa vivere qui adesso, educa, insegna, dirige, lavora, decide e giudica. Chi è passato a indicare altre letture? Specialmente con la modernità quanti predicatori sono entrati? Quanti antropologi? Quanti tecnici? Quanti politici? Quanti filantropi? E ognuno con una versione propria sulla vita umana. Allora lasciamo fuori soltanto la presenza di Gesù? Fa del male presentare Gesù?
L’errore è cominciato quando ci siamo preoccupati di portare un testo indiscutibile perché era lavoro di esperti. Con la specializzazione abbiamo messo assieme biblioteche di libri con teorie le più svariate, perché oltre al Vangelo ci fosse l’esperienza autorevole e l’affermazione competente del tal filosofo, antropologo, sociologo, politologo ecc. Però con che visione interpretavano i diversi autori le situazione concrete della vita? Era come a scuola se volevi essere promosso dovevi concordare con il maestro. Gesù vuole dare una vita dal futuro non dal passato. Quando Gesù invitava alla conversione parlava di mentalità non di cultura. E voleva che ci fosse immensa libertà non di essere cattivi ma buoni. Siamo ancora convinti che lo spazio per chi è buono sia poco e piccolo. Invece è tutto l’incontrario. Il bene non ha limiti anzi...