IV DOMENICA DI QUARESIMA

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Dio Padre attende il nostro ritorno, capito fratelli?

 

Gs  5,9.10-12. Il popolo è arrivato alla terra promessa da Dio e si prepara a insediarsi con piena libertà e dignità. Finalmente a salvo celebrano la Pasqua raggiunta e godono dei frutti del proprio lavoro.

2 Cor  5,17-21. San Paolo insiste che tutto deve essere nuovo nella nostra vita. Usa la parola ‘’riconciliazione’’ avvenuta in Gesù ma affidata alla Chiesa che deve realizzarla nella storia umana.  

Lc 15,1-3.11-32. Solamente il padre da un esempio proponibile per tornare a casa. Basta avviarsi verso di lui e dare importanza al suo amore. Ci commuove soltanto la certezza solida di un Dio Padre che ci accoglie senza guardare il nostro motivo.

 

Le garanzie di una gioia profonda ci sono date dallo stesso Padre che non fa distinzioni di meriti o di peccati. A Lui interessa la vita dei suoi figli. La sua compassione non si esprime mai in sentenze di condanna. Da lontano ci segue ansioso e pieno di speranza. Sembra quasi che abbia bisogno della nostra irresponsabilità per mostrare la sua autenticità di padre. Addirittura nemmeno opina sulla nostra pretesa libertà. Ci lascia fare, come e meglio crediamo, senza anatemi di scomuniche o spauracchi di castighi infernali. Sa bene che fuori della sua casa, possiamo prendere delle grosse cantonate e sa che queste ci rinsaviscono per abbandonare una vita di servi e di schiavi e riconquistare la figliolanza genuina. Spesso ci intestardiamo nel voler disertare la festa del ritorno. E per mascherare questa paura di vivere, ci permettiamo il lusso di calunniare, di spregiare, di fingere che i nostri simili nemmeno siano i nostri fratelli. Se invece cambiassimo di ottica, cioè, se ci sforzassimo di vivere una relazione filiale con Colui che ci ha dato la vita, daremmo meno tempo al meravigliarci delle pecche altrui e cominceremmo seriamente a pensare al nostro cammino di conversione. Pensavamo di aver fatto il bene, il dovuto per tanti anni, e abbiamo solo servito, con  paura e senza intimità col Padre. Il processo di riconciliazione si deve allargare a quanti sono esclusi e condannati dalla società in cui viviamo. La festa della Vita sia veramente per tutti e non per qualche privilegiato. Aiuti anche a varcare l'orizzonte della propria finestra, patria e continente per lasciare spazio e fare risuonare il grido degli affamati che magari ci toccano solo a livello di curiosità o richiesta mediatica.

  

Certamente un Gesù così lo vogliono tutti. Dobbiamo pensarlo bene. Chi ci ha trasmesso un Gesù così? E’ stata la Chiesa che pur potendolo non ha mai voluto aggiustare i testi del Vangelo e possiamo oggi vedere un Gesù vero e schietto che a Nicodemo gli parla chiaro. La Chiesa dovrebbe fare lo sforzo di chiarirsi sempre di più alla luce di quel Gesù che nel Vangelo continua ad essere buono, misericordioso, un vero amico oltre le linee storte e la fatica di vivere con gente così incredula e pessimista. La Chiesa non dovrebbe preoccuparsi di comandare ma di far sognare. Non dovrebbe cercare la bella presenza ma  di accompagnare, dalla polvere alla dignità, dal dolore alla gioia, dalla guerra alla pace, dall’odio all’amore. La Chiesa mi manifesta Gesù e mi fa capire che ci crede davvero quando i suoi cristiani, i suoi membri ricevono l’insegnamento di Gesù e sono incoraggiati a praticarlo. Nessun decreto cambia le cose e nessun regolamento migliora la società, ma quest’uomo, questa donna che cambiano e si trasformano in gente buona e amabile, ottimista, attenta, comprensiva e socievole.  


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