EPIFANIA DEL SIGNORE

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Comunicare con linguaggio proprio diventa dialogo

 

Is  60, 1-6. Il popolo è arrivato con la fantasia di ritrovare la famosa città santa che in esilio si ricordava con tanta nostalgia. Ci sono soltanto rovine. Il Profeta annuncia il ritorno all’antico splendore e per volontà divina sarà luogo aperto a tutti i popoli.

Ef  3, 2-3.5-6. La Grazia non è riservata a categorie o a popoli, si distribuisce in catena, perché deve poi passare ad altri, senza limitare numero e destino. La caratteristica dei sacramenti è che si riceve la Grazia per essere idonei all’assieme, capaci di vivere in convivenza, non da soli.

Mt 2, 1-12. I Magi arrivano a incontrarsi con Gesù. Ma sembra che lo conoscessero già perchè gli portano dei doni che rivelano e identificano Gesù: Dio, Signore, umano. Epifania vuol dire “manifestazione”.  Gesù si manifesta a tutti i popoli dimostrando così che nessuno è escluso dalla illuminazione divina. Di fatto i Magi, pagani, esigono il pronunciamento di coloro che hanno la Sacra Scrittura e la conoscono. I Magi vogliono sapere solo dove e come arrivare a Gesù. Il cammino lo faranno loro, andata e ritorno.

 

Delle persone d’Oriente, qualificate come saggi e magi che la tradizione ci ha descritto come tre re, si mettono assieme per un unico scopo: trovare ragioni per vivere e migliorare la felicità dei loro popoli. E il desiderio è così grande che sono capaci di scoprire una stella luminosa nel firmamento che annuncia la nascita di un bimbo “salvatore”. La fede è una stella, non è il sole. La fede da luce sufficiente per camminare e cercare tutta la vita, però è una luce discreta, non è il sole, e alle volte costa vedere il cammino, alle volte perfino sembra che ci sia più buio che luce e che la stella sia scomparsa. I mistici dicono che anche nei santi ci sono “le notti della fede” e madre Teresa scriveva che cercava Gesù e non lo incontrava. Come i Magi riusciamo ad andare avanti per la strada cominciata e non ci ferma l’indifferenza degli altri, e neppure eventuali nostri raffreddamenti ci paralizzano. La  fede ci aiuta a vedere l’altra sponda oltre il mare mosso. I Magi diedero molta importanza alla stella ma loro vogliono vedere Gesù anche se non parla e ha una immagine espressivamente limitata. I dottori del Tempio conoscono gli infiniti dettagli della fede di Israele, ma Gesù l’ignorano. Molti oppositori, rafforzati dal cattivo esempio di certi cristiani, vorrebbero farci credere che il cristianesimo è un discorso dogmatico, imposto dalle autorità ecclesiastiche che ci dicono cosa credere e cosa non credere, cosa fare e cosa non fare e che in questo modo viviamo noi cristiani da poverini. I dogmi e il magistero migliorano il cammino della nostra fede.

 

La fede mai sarà un colore unico. Non posso essere escluso se i miei segni espressivi della fede sono differenti. Purtroppo diciamo il mio Dio, la mia religione, la mia Chiesa con colorazione esclusiva. Nella Evangelizzazione c’è ancora la pretesa di definire tutto dall’a alla zeta senza lasciare spazio personale e culturale all’incontro con Gesù e al vivere il Vangelo. Come se il Vangelo fosse soltanto un libro che si legge e arrivando alla fine si chiude. Il Vangelo è una vita da fare guardando avanti e non indietro. Non è possibile che al principio della Chiesa si accetti la sapienza dei pagani e poi dopo due mila anni di studio e pratica cristiana ancora non si definisca in che cosa consiste essere gregge e ovile, distinti come modo di essere, ma uniti nell’ascolto dell’unico Pastore, che da la caratteristica dell’assieme diversamente unito.

 

 

 


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