XXI Domenica - Tempo ordinario "B"

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{mosimage}La Liturgia di questa Domenica porta a termine il capitolo VI di Giovanni, sulla Eucaristia. Riflettendo un po’ su tutto il capitolo vediamo come l’autore si dilunghi e sembri interessato far notare sia l’importanza del soggetto che tratta, come anche la reazione degli ascoltatori.

Comunica il suo messaggio molto bene, tuttavia nello stesso tempo sottolinea quanto il soggetto trattato non sia facile d’accettare. Infatti ora siamo arrrivati al punto, come dire, della rottura: o credere o non credere, o accettare o andarsene. Ora non si tratta di persone anonime, o del popolo che segue Gesù, per sentito dire, o perché dava loro da mangiare. Ora sono i suoi discepoli che erano al suo seguito, che lui aveva scelto. Quindi la cosa diventava seria. Gesù sapeva tutto questo e rischiava di rimanere solo. Voleva forse essere un fallimento della sua missione? “Molti dei suoi discepoli che l’avevono ascoltato dissero:‘Questo linguaggio è duro; chi può intederlo? ” (Gv.6:60).

Ma Gesù continua nella sua linea. Il soggetto è troppo importante per cedere, non c’è possibilità di scelta. È proprio così come è presentato magnificamente da Isaia: “Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio. Ho posto il mio spirito su di lui; egli porterà il diritto alle nazioni. Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta. Proclamerà il diritto con fermezza; non verrà meno e non si abbatterà, finché non avrà stabilito il diritto sulla terra; e per lasua dottrina saranno in attesa le isole. Così dice il Signore Dio” (Is 42: 1-5).

Per completare brevemente quello che descrive Isaia vediamo il vangelo di Giovanni: “Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: 'Signore, tu lavi i piedi a me?'. Rispose Gesù: 'Quello che io faccio, tu ora non lo capisci, ma lo capirai dopo'. Gli disse Simon Pietro: 'Non mi laverai mai i piedi!'. Gli rispose Gesù: 'Se non ti laverò, non avrai parte con me'” (Gv.13:6-8).

Questa descrizione presenta Lui alla lettera, libero e umile, determinato di arririvare dove pensa che sia bene per la salvezza del suo popolo: rompendo ogni legame, insiste nella sua linea e vuole presentare la verità anche se va contro a leggi che tuttavia ormai hanno terminato la loro funzione. Si sa che nessun ebreo poteva lavare i piedi ad un altro ebreo perché quello era un lavoro degli schiavi. Infatti lui vuol presentarsi cosi: “Cristo Gesù, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini... umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Flp 2: 6-8).

E’ difficile accettare un discorso del genere. Gesù dalla sua parte non addolcisce affatto il discorso e diventa così un “segno di contraddizione”. Il punto è arrivato al momento della rottura, perché Gesù invita i suoi discepoli, quelli che ha chiamati ad uscire da se stessi, cioè superare se stessi per essere liberi e seguire lui che si è dichiarato vero cibo e vera bevanda. Vivere cioè non alla maniera umana, guidati da quello che si vede e che si constata ma entrare nella visione di Dio, cercare quello che è eterno, lasciare quello che è temporale. In una parola: credere in lui, vivere di fede.

Il fatto è che l’umanità perde sempre di più il senso del divino ed entra pian piano in un secolarismo che distrugge tutto quello che non è tangibile, un secolarismo creatore di idoli, che aiutano e incoraggiano a seguire le cose che soddisfanno ora, adesso, in questo momento.

E’ chiaro che si invita Dio a seguire le nostre voglie, non il contrario.

Invece Gesù invita l’umanità senza distinzione di nazione, di razza e di colore a seguirlo. Non solo, ma entra nelle vicende personali di ogni persona, sia uomo o donna ed esige una riposta sicura e precisa.

Vivere la vita dello spirito indica appunto questo uscire da se stessi, vivere di fede, lasciarsi guidare da lui, entrare nel suo mondo. Ecco qui la prima lettura: ci indica il lavoro di Dio e la nostra responsabilità nel seguirlo: “Se vi dispiace di servire il Signore, scegliete oggi chi volete servire: se gli dèi che i vostri padri servirono oltre il fiume oppure gli dèi degli Ammorrei, nel paese dei quali abitate.” (Gios.24:15).

A questo punto Dio ci mette alla prova nella nostra fedeltà e ci da la possibilità della scelta rispettando la nostra libertà, cosichè ogni nostra azione ha la sua e la nostra impronta, ci fa persone responsabili e mature. Questo vivere in Dio vuole un cibo speciale. Dio nella sua bontà ci da l’aiuto e la forza. L’aiuto ci illumina cosa dobbiamo sciegliere. La forza, il cibo che da la vita: l’Eucarestia.

Infatti Gesù, nel vangelo di oggi. mette i suoi discepoli e i fedeli di tutti i tempi alla prova di una scelta decisiva. Per questo, come aiuto nella scelta, lui ci offre il cibo che da la Vita. Non è forse vero che la Parola che ci viene amministrata in questa Assemblea Eucaristica è per ognuno di noi luce che illumina la mente e accende il cuore e spinge la volontà a seguire Cristo? Non è forse vero che quello che riceviamo in questa Celebrazione è lo stesso Cristo che ancora una volta sostiene con la sua grazia la sua Comunità ed è la nostra forza che ci aiuta a mettere in pratica quello che abbiamo scoperto con la luce che lui ci ha data nella Parola?

Possiamo quindi vedere che il lavoro non è tanto nostro, quanto suo. E’ il suo amore che si manifesta, per salvarci dai lacci di questo mondo, per venire incontro alla nostra povertà e donarci la sua ricchezza, che è il suo Regno.

E’ vero che la Eucaristia è uno Dono, ma è anche una libera scelta, come abbiamo detto sopra, una accettazione che ha le sue conseguenze. “Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui” (Gv.6:66). Infatti, loro aspettavano un “Messia”, che doveva soddisfare le loro esigenze, non il contrario. Precisamente come il mondo di oggi. Questa è la risposta del mondo, del secolarismo. Se non guardiamo dal punto di vista della fede non avremo scampo. La Salvezza viene dal saper vedere con gli occhi di Dio, cioè della fede.

Ecco perché Pietro, nella sua immediatezza, come sempre, ispirato dal Padre dice: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio.” (Gv.6:69) Solo la fede può dare questa risposta. Sappiamo molto bene perché sia Pietro che da la risposta e non un altro Apostolo: perché Cristo l’ha scelto per guidare la sua Chiesa. Oggi c’è ancora Pietro che sceglie Cristo e che ci ricorda questi principii, che dobbiamo scegliere con Pietro se vogliamo veramente camminare come fratelli sulla strada che Cristo ci ha indicato.

Per poter arrivare a questo dobbiamo cambiare mentalità, dobbiamo vivere questa sua divina presenza come lui ci ha assicurato. “Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo” (Mt.28:20). Ecco perché Gesù non indietreggia. Lui vuol salvare tutti a tutti costi Lui ci ama. Con Pietro, con la sua Chiesa ci piace di dare una risposta a questo amore con le stesse parole di Agostino, la cui memoria si celebra proprio domani 28 Agosto: “Signore mio Dio, esaudisci e fa che non mi stanchi di cercarti, ma cerchi sempre il tuo volto con amore e ardore. Dammi tu la forza di cercare. (“Dove andremo,Signore? Solo tu hai parole di vita eterna” Gv.6:69). Davanti a te sta la mia forza e la mia debolezza: conserva quella e guarisci questa. Davanti a te sta la mia scienza e la mia ignoranza, dove mi aiuti ad aprire, ricevimi al mio entrare dove mi hai chiuso, aprimi quando busso. Fa che mi ricordi di te, comprenda te e che ami te.” (Trat.sulla Trinita’, XV28,51).

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